COP25, nessun accordo per l’ambiente

Si conclude senza un accordo su nessuno dei punti chiave la COP 25 di Madrid, nonostante i lavori siano proseguiti oltre i tempi stabiliti. Sempre meno probabile rispettare gli impegni assunti a Parigi. Greta: non ci arrendiamo

a cura di Raffaella Capritti

COP25, nessun accordo per l'ambiente

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Nonostante le evidenze scientifiche, nonostante le promesse, nonostante l’impegno delle associazioni ambientaliste, nonostante i “FridaysForFuture”, nonostante Greta, nonostante gli eventi meteorologici estremi e il rischio, concreto, di sopravvivenza del pianeta, i delegati di circa 200 paesi riuniti a Madrid per la Conferenza sul Clima, non sono riusciti a trovare un accordo su nessuno dei punti chiave, anche se i lavori sono proseguiti per oltre 48 ore consecutive oltre la fine della Conferenza. Il documento finale parla di un generico “bisogno urgente” di azione contro il surriscaldamento.

Il fallimento di Madrid

A rischio gli impegni assunti con la COP di Parigi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto alle temperature preindustriali e aumentare i finanziamenti per l’azione per il clima.

Tra i punti critici su cui non è stato trovato l’accordo l’articolo 6 della COP21di Parigi sulla regolazione dei crediti sulle emissioni di carbonio, che dovrebbe permettere ai paesi meno inquinanti di cedere la quota rimanente di gas serra ai paesi che inquinano maggiormente. I leader politici non hanno assunto alcun impegno a ridurre le emissioni di CO2.

Accordo mancato anche sulla revisione del sistema di aiuti ai paesi in via di sviluppo, più fragili anche dal punto di vista climatico, soggetti a rischi di siccità estrema in alcuni casi o inondazione in altri.

I paesi industrializzati infatti non hanno preso un impegno concreto, come richiesto dalle comunità, mettendo a disposizione almeno 50 miliardi di dollari entro il 2022 destinati alla ricostruzione dei territori colpiti, strumento che aiuterebbe anche a limitare le migrazioni climatiche. Tali risorse andrebbero ad aggiungersi ai 100 miliardi di dollari previsti per il 2020 a sostegno delle azioni di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici, e che i paesi in via di sviluppo chiedono di estendere al 2025.

Gli Usa di Donald Trump, pur avendo deciso di uscire dagli accordi di Parigi hanno fatto la loro parte, schierandosi con Giappone, l’Arabia Saudita contro la sottolineatura nel testo finale dell’“importanza della finanza climatica”.

Unica nota positiva è la decisione di aumentare il target di taglio alle emissioni di gas serra di ogni singola nazione, anche se praticamente nessuno Stato ha assunto obiettivi concreti, si tratta infatti di una bozza non vincolante.

Al termine dell’evento, il cileno Gonzalo Muñoz, ha parlato dei risultati dell’Azione globale per il clima e ha annunciato una rinnovata Climate Ambition Alliance, che ora riconosce 73 paesi impegnati a zero emissioni entro il 2050, e altri 1.214 attori tra regioni, città, imprese, imprese, investitori, che si sono impegnati a raggiungere lo stesso obiettivo,

Tutto rinviato a Glasgow 2020 dunque, ultima occasione per rendere operativi gli Accordi di Parigi e prendere impegni vincolanti sui tagli alle emissioni.

Le reazioni delle associazioni 

Non si son fatte attendere le reazioni delle associazioni ambientaliste, e non solo.

Greta Thunberg, domenica mattina ha twittato: It seems like #cop25 in Madrid is falling apart right now. The science is clear, but the science is being ignored. Whatever happens we will never give up. We have only just begun.”Sembra che la COP25 stia fallendo in questo momento. La scienza è chiara, ma viene ignorata. Qualunque cosa accada, non ci arrenderemo mai. Abbiamo appena iniziato”.

Greenpeace in un comunicato ha sottolineato che ancora una volta hanno vinto gli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e delle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i propri margini di profitto. Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International ha sottolineato: “Anche per l’irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile”.

Legambiente parla di mancanza di coraggio da parte dei Governi. “L’assenza di una forte leadership dell’Europa non ha consentito un accordo tra le maggiori economie del pianeta per aumentare entro il 2020 gli attuali impegni di riduzione delle emissioni al 2030, in coerenza con la soglia critica di 1.5°C prevista dall’Accordo di Parigi” – Edoardo Zanchini vicepresidente  di Legambiente.

Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente, ha aggiunto che l’Europa deve essere molto più ambiziosa, ricordando che il recente Emissions Gap Report delle Nazioni Unite ha evidenziato che per contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C, dal 2020 al 2030 le emissioni dovranno essere ridotte del 7.6% l’anno. “In Europa, negli ultimi cinque anni le emissioni sono diminuite appena dello 0.25% annuo”.

Secondo il WWF i Paesi più inquinanti – Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e altri – si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, bloccando progressi significativi a Madrid.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha così commentato i risultati della Conferenza: “Sono deluso dai risultati di #COP25. La comunità internazionale ha perso un’importante occasione per dimostrare una maggiore ambizione in materia di mitigazione, adattamento climatico e finanziamenti per affrontare la crisi climatica.

Ma non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò.
Sono più che mai determinato a lavorare affinché il 2020 sia l’anno in cui tutti i paesi si impegnano a fare ciò che la scienza ci dice che è necessario per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio nel 2050 e un aumento della temperatura non superiore a 1,5 gradi”.


3/12/19

COP25: le strategie per limitare il riscaldamento di 1,5°

In un momento in cui si intensificano gli allarmi per i livelli di emissioni in atmosfera senza precedenti, eventi metereologici estremi, surriscaldamento con conseguente aumento della siccità, la COP 25 di Madrid rappresenta un’occasione importante per intensificare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto alle temperature preindustriali e aumentare i finanziamenti per l’azione per il clima. In arrivo anche Greta Thunberg

a cura di Raffaella Capritti

	COP25: le strategie per limitare il riscaldamento di 1,5°

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Due mesi dopo che il Segretario Generale dell’Onu ha convocato un importante Summit sull’Azione per il Clima a New York, è iniziata ieri a Madrid (inizialmente prevista in Cile, la Conferenza è stata spostata in Spagna a causa dei disordini in quel paese) la COP25, Conferenza delle Nazioni Unite – UNFCCC -sui cambiamenti climatici, che fino al 13 dicembre vedrà riuniti migliaia di decisori, ministri e negoziatori provenienti da circa 200 paesi, con l’obiettivo di adottare linee guida condivise per permettere l’attuazione dell’accordo di Parigi del 2015, di limitare l’aumento delle temperature il più vicino possibile a 1,5° rispetto ai livelli preindustriali.

A seguito dell’accordo sulle linee guida di attuazione dell’accordo di Parigi alla COP 24 in Polonia dello scorso anno, un obiettivo chiave della Conferenza di Madrid, è quello di definire le azioni concrete che assicurino di limitare il surriscaldamento climatico rendendo l’Accordo di Parigi perfettamente operativo, grazie anche a un quadro normativo adeguato e al giusto sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo.

Siamo ancora in tempo per salvare il pianeta?

Parlando ai media domenica, un giorno prima dell’inizio della Conferenza COP25, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha avvertito di accelerare gli impatti dei cambiamenti climatici e ha invitato i governi a dimostrare maggiore ambizione e impegno.

“I disastri naturali legati al clima stanno diventando sempre più frequenti, più mortali, più distruttivi, con costi umani e finanziari crescenti. La siccità in alcune parti del mondo sta progredendo a tassi allarmanti, distruggendo gli habitat umani e mettendo in pericolo la sicurezza alimentare. Ogni anno, l’inquinamento atmosferico, associato al cambiamento climatico, uccide sette milioni di persone. Il cambiamento climatico è diventato una minaccia drammatica per la salute e la sicurezza umana”, ha detto Guterres.

Antonio Guterres ha descritto l’attuale comportamento umano come una “guerra contro la natura”. Per mantenere il cambiamento climatico entro limiti gestibili, i paesi dovrebbero limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°, raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 e ridurre le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030. Questi sono i confini delineati dal Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Il Segretario Generale  ha avvertito che finora gli sforzi della comunità internazionale per raggiungere questi obiettivi sono stati “assolutamente inadeguati”.

Il cambiamento climatico sta avvenendo, si tratta di contrastare un fenomeno già in atto: il mondo è più caldo di 1,1°C rispetto all’inizio della rivoluzione industriale e ciò comporta un impatto significativo sul surriscaldamento e sulla vita delle persone. Se le tendenze attuali persistono, ci si può aspettare che le temperature globali aumentino di 3,4-3,9 °C in questo secolo, il che comporterebbe impatti climatici ancora più distruttivi.

Vi sono inoltre continue prove dell’impatto dei cambiamenti climatici, soprattutto in caso di eventi meteorologici estremi, e questi impatti stanno diventando sempre più pesanti.  La scienza dimostra che le emissioni sono ancora in aumento, non in diminuzione.

La COP25 più che mai si svolge sotto la lente di ingrandimento dell’attenzione pubblica, dopo che il movimento dei giovani del Fridays For Future guidati da Greta Thunberg, attesa a Madrid (attualmente sta attraversando l’Atlantico in catamarano), ha fatto capire ai decisori politici che le nuove generazioni non sono più disposte a risposte generiche e intendono battersi per salvare il pianeta, attraverso il sostegno alle rinnovabili, la riduzione della dipendenza alle fossili.

Patricia Espinosa, Segretario Esecutivo delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici, ha dichiarato: “Quest’anno, abbiamo visto accelerare gli impatti del cambiamento climatico, tra cui l’aumento di siccità, tempeste e ondate di calore, con conseguenze disastrose per l’eliminazione della povertà, la salute umana, le migrazioni e le disuguaglianze.

Secondo il WMO Greenhouse Gas Bulletin del 2019, i livelli dei gas serra che trattengono il calore nell’atmosfera hanno raggiunto un nuovo record. Questa continua tendenza a lungo termine significa che le generazioni future si troveranno ad affrontare impatti sempre più gravi dei cambiamenti climatici, tra cui l’aumento delle temperature, condizioni meteorologiche più estreme, stress idrico, innalzamento del livello del mare e perturbazione degli ecosistemi marini e terrestri.

Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha avvertito, nel suo Emissions Gap Report del 2019, che una riduzione delle emissioni di gas serra del 7,6% all’anno dal 2020 al 2030 è necessaria per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di un aumento di 1,5°C delle temperature rispetto ai livelli preindustriali. Gli scienziati concordano sul fatto che si tratta di un compito arduo e che la finestra di opportunità si sta riducendo.

Quali sono stati i risultati del vertice di settembre sull’azione per il clima?

L’appuntamento di Madrid è stato preceduto qualche mese fa dal Climate Action Summit 2019 dell’Onu a New York, iniziativa voluta dal Segretario Generale delle Nazioni Unite per focalizzare l’attenzione della comunità internazionale sull’emergenza climatica e per accelerare le azioni per invertire il cambiamento climatico

Il vertice è stato un trampolino di lancio in vista delle cruciali scadenze per il 2020 fissate dall’accordo di Parigi, concentrando l’attenzione globale sull’emergenza climatica e sull’urgente necessità di intensificare notevolmente gli interventi. E i leader, provenienti da molti paesi e settori, si sono uniti prendendo impegni più chiari.

Più di settanta paesi si sono impegnati a raggiungere emissioni nette di carbonio zero entro il 2050, anche se i principali responsabili delle emissioni non lo hanno ancora fatto.  Più di 100 città hanno fatto lo stesso, tra cui alcune delle più grandi del mondo.

I piccoli Stati insulari si sono impegnati insieme a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio e a passare al 100% di energia rinnovabile entro il 2030.  E i paesi dal Pakistan al Guatemala, dalla Colombia alla Nigeria, dalla Nuova Zelanda alle Barbados, hanno promesso di piantare più di 11 miliardi di alberi.

Più di 100 leader del settore privato si sono impegnati ad accelerare l’economia verde. Un gruppo dei maggiori proprietari di beni al mondo, che controlla 2 trilioni di dollari, si è impegnato a passare a portafogli di investimento a zero emissioni di carbonio entro il 2050. Questo si aggiunge a una recente richiesta ai leader mondiali, da parte di asset manager che rappresentano quasi la metà del capitale investito a livello mondiale, circa 34 trilioni di dollari, di fissare un prezzo significativo sul carbonio e di eliminare gradualmente i sussidi per i combustibili fossili e l’energia termica a carbone in tutto il mondo.

Il WWF presente alla conferenza di Madrid, raccomanda che le Parti approfondiscano 3 aspetti principali: colmare il gap che ci separa dell’obiettivo di 1,5°C fissando NDC (Contributi determinati su base nazionale, in pratica gli obiettivi di ogni Paese) più alti, mettere in atto azioni urgenti da parte di attori statali e non statali, colmare le lacune e rafforzare la risposta multilaterale alla crisi climatica in atto. Per il WWF è inoltre importante che la COP25 porti a termine i negoziati sui mercati del carbonio.

Manuel Pulgar-Vidal, leader globale WWF su Clima ed Energia, afferma: “Lo scorso anno è emersa l’enorme portata della sfida che ci troviamo ad affrontare e l’inadeguatezza della risposta collettiva, soprattutto da parte degli Stati più responsabili delle emissioni. Ora sappiamo cosa fare, abbiamo le soluzioni: dobbiamo fare un passo nel futuro con un’azione per il clima coraggiosa e trasformativa. Più a lungo aspettiamo, peggiore sarà l’impatto e i costi per recuperare, mettendo il pianeta e l’umanità in pericolo”.

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