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Indice degli argomenti: Transizione energetica: cos’è e cosa considera l’Indice ETI Transizione energetica: i giovani vogliono passare alle rinnovabili green Transizione energetica: lenta sì, ma senza precedenti Transizione energetica: perché la crisi Covid-19 può essere un’opportunita Transizione energetica: i Paesi più e meno avanzati e i buoni risultati dell’Italia La transizione energetica procede a livello globale, con progressi lenti e costanti dal 2015 al 2020. Ma quanto peserà la crisi innescata dalla pandemia Covid-19? Se lo domanda il World Economic Forum, pubblicando proprio questa settimana l’Energy Transition Index 2020. Nei sei anni considerati, 94 Stati hanno migliorato il loro punteggio ETI (Energy Transition Index) : rappresentano il 70% della popolazione globale e delle emissioni di CO2 complessive prodotte dai combustibli fossili. Dei 115 Paesi considerati, solo 11 hanno fatto progressi costanti nel periodo considerato: tra questi c’è l’Italia. Transizione energetica: cos’è e cosa considera l’Indice ETI La transizione energetica è il percorso verso la trasformazione del settore energetico da un modello a forte impronta fossile a uno a zero emissioni di CO2 entro il 2050. Il World Economic Forum, nel comporre l’index, ha messo a confronto annuale i sistemi energetici di tutti i Paesi. Indice World Economic Forum su transizione energetica L’Indice comprende un punteggio composito di 40 indicatori, valuta 115 Paesi sulla performance attuale del proprio sistema energetico e sulla loro preparazione per la transizione verso un futuro sistema energetico sicuro, sostenibile, accessibile e inclusivo. L’importanza dell’index è data dalla capacità di fornire una chiave di lettura “lungimirante in quanto misura la preparazione dei Paesi per la transizione energetica”, specifica WEF. Detto questo, l’analisi ETI 2020 indica progressi graduali nella transizione energetica negli ultimi sei anni (2015-2020). La media globale del punteggio ETI nel 2020 è del 55.1%, migliorata del 2% dal 2015. A questo si aggiunge anche una riduzione prevista al 3% della produzione di energia elettrica da carbone a livello globale nel 2019 (fonte: Carbon Brief). Transizione energetica: i giovani vogliono passare alle rinnovabili green “Seppure i progressi in materia di sostenibilità ambientale rimangano lenti, il 2019 è stato un anno storico – segnala il WEF – Le banche centrali hanno riconosciuto i rischi sistemici derivanti da una transizione scoordinata e brusca, i maggiori gestori patrimoniali del mondo hanno citato l’importanza delle considerazioni ESG (Environmental, Social, Governance) negli investimenti e molti Stati e aziende hanno annunciato obiettivi netti pari a zero”. Le proteste dei giovani a sostegno di un mondo sostenibile. Img by Delia Giandeini La crisi innescata da Covid-19 potrebbe portare a un cambiamento delle priorità degli stakeholder nel prossimo futuro. Occorre quindi procedere a scelte coraggiose e lungimiranti, che sono condivise soprattutto dalle giovani generazioni. Secondo un sondaggio del World Economic Forum della Global Shapers’ Community (un network di 7000 giovani under 30 che guida il dialogo, l’azione e il cambiamento) è emerso che il 70% degli intervistati considera statica o troppo lenta la velocità di transizione energetica. Da quanto risulta, gli under 30 sono maggiormente disposti a pagare per l’aumento dei costi associati alla transizione energetica e ad accettare i cambiamenti di stile di vita necessari per arrivare al passaggio a fonti rinnovabili e green Questo è il segno più evidente che Greta Thumberg, il suo impegno e il suo messaggio hanno fatto breccia nei giovani (e non solo). Transizione energetica: lenta sì, ma senza precedenti La maggior parte dei Paesi ha compiuto progressi di vario grado in termini di: sviluppo e crescita economica; sostenibilità ambientale; accesso e sicurezza energetica. img by TeeFarm Detto questo, cosa emerge da questa analisi? Che la trasformazione del sistema energetico nell’ultimo decennio, sebbene più lenta di quanto richiesto per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi per combattere il cambiamento climatico, è stata senza precedenti. Ma questo slancio, frutto di duri sforzi, rischia ora di andare perduto, poiché la pandemia da coronavirus in corso continua a causare danni economici e sociali. “Al di là dell’incertezza sulle sue conseguenze a lungo termine, Covid-19 ha scatenato effetti a cascata in tempo reale: l’erosione di quasi un terzo della domanda globale di energia; volatilità senza precedenti del prezzo del petrolio e conseguenti implicazioni geopolitiche; investimenti e progetti in ritardo o in stallo; incertezze sulle prospettive occupazionali di milioni di lavoratori del settore energetico. La crisi ha costretto l’impensabile. La società ha dovuto rinunciare a beni e libertà di valore per affrontare collettivamente l’epidemia globale. Uno sforzo di proporzioni simili è necessario per una transizione energetica di successo”. In futuro, è probabile che emergano nuove sfide in termini di sviluppo economico e della crescita in ambito energetico. A parte le implicazioni di bilancio per i Paesi esportatori di petrolio, il basso livello dei prezzi dell’energia potrebbe portare a vincoli sugli investimenti e sulla ricerca e sviluppo, con potenziali ripercussioni sulla filiera riguardante nuove tecnologie necessarie per la transizione energetica. Inoltre, l’accesso all’energia e la sicurezza è messo alla prova dalle diffuse e frequenti perturbazioni causate da eventi meteorologici estremi. “Le ripercussioni in rapida evoluzione della pandemia Covid-19 sul sistema energetico illustrano la necessità di resilienza non solo nelle infrastrutture fisiche e nel cyberspazio, ma anche nelle politiche di transizione energetica, nelle roadmap e nei meccanismi di cooperazione internazionale”. Transizione energetica: perché la crisi Covid-19 può essere un’opportunità Cosa serve quindi per procedere verso la transizione energetica, superando la pandemia e la crisi innescata? La disponibilità alla transizione energetica è somma di vari fattori, quali: stabilità del contesto e livello di impegno politico, clima degli investimenti e accesso al capitale, impegno dei consumatori, adozione e sviluppo di nuove tecnologie. “Alcuni di questi fattori esulano dall’ambito del sistema energetico, ma determinano comunque l’efficacia e la traiettoria futura della transizione energetica in un paese. I paesi più pronti alla transizione hanno adottato diversi percorsi per migliorare la loro prontezza” sottolinea il WEF. Poiché i paesi agiscono per controllare le conseguenze economiche e sociali innescate dal coronavirus, la situazione attuale potrebbe fornire l’opportunità di fare un balzo in avanti nel percorso verso la transizione energetica. “L’applicazione di stimoli economici ad aree quali la modernizzazione delle infrastrutture energetiche, la ricerca e lo sviluppo del capitale umano può portare a una crescita economica sostenibile a lungo termine, ottenendo al contempo un cambiamento di passo nella transizione energetica – segnalano gli analisti I responsabili politici, le entità del settore privato, i gruppi della società civile e i consumatori svolgeranno un ruolo critico in questo processo, sottolineando l’importanza di una comprensione comune delle priorità tra tutti i gruppi di stakeholder e di una maggiore collaborazione tra più stakeholder a livello nazionale, regionale e globale”. Transizione energetica: i Paesi più e meno avanzati e i buoni risultati dell’Italia Dei 115 paesi monitorati, 94 paesi hanno migliorato il loro punteggio composito ETI negli ultimi sei anni. Queste nazioni rappresentano più del 70% della popolazione globale e il 70% delle emissioni globali di CO2 derivanti dalla combustione di carburanti fossili. Solo 11 Paesi sul totale hanno fatto progressi costanti e misurabili nella transizione energetica negli ultimi sei anni. Qui compare l’Italia, insieme ad Argentina, Bulgaria, Cina, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, India, Irlanda, Italia, Repubblica Slovacca, Sri Lanka e Ucraina. I maggiori consumatori di energia al mondo si differenziano in termini di percorso sulla transizione energetica: India e la Cina mostrano un forte e costante miglioramento, mentre l’indice di Brasile, Canada, Iran e Stati Uniti è stagnante o in calo. Per quanto riguarda la classifica dei dieci Paesi più avanzati in transizione energetica, la Svezia è in testa alla classifica per il terzo anno consecutivo, seguita da Svizzera e Finlandia. Francia e Regno Unito sono gli unici paesi del G20 tra i primi 10. L’elenco dei primi 10 paesi è rimasto più o meno lo stesso negli ultimi sei anni. Ma le cose stanno progressivamente migliorando a livello globale: “la preparazione alla transizione energetica è migliorata in tutti i Paesi, soprattutto grazie a un maggiore impegno politico e a un migliore accesso ai capitali e agli investimenti. Un progresso duraturo richiede uno slancio simile lungo altri fattori, come la preparazione del capitale umano, solidi quadri istituzionali e ambienti di business innovativi”. La Colombia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, il Kenya, il Marocco, la Tailandia, il Marocco e gli Emirati Arabi Uniti hanno registrato incrementi sostanziali in termini di preparazione alla transizione, puntando a miglioramenti attraverso molteplici fattori. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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