L’Italia colpita da più di 1100 fenomeni estremi

Il Rapporto CittàClima di Legambiente segnala che dal 2010 in Italia ci sono stati oltre 1100 fenomeni metereologici estremi in più di 600 comuni. Un numero che cresce di anno in anno e siamo l’unico paese in Europa senza un piano di adattamento al clima. Le città più colpite? Roma, Bari, Milano e Agrigento. 

Tra il 2010 e il 2021 oltre 1100 fenomeni estremi hanno colpito l'ItaliaL’adattamento al clima delle città deve diventare una delle priorità del Recovery Plan ed è necessario approvare quanto prima il il Piano nazionale di adattamento al Clima: i dati che emergono dal Rapporto “Il clima è già cambiato” dell’Osservatorio CittàClima di Legambienterealizzato con il contributo di Unipol e la collaborazione scientifica di Enel Foundation – non lasciano alcun dubbio in tal senso.

Il Bel Paese si trova infatti nell’area del Mediterraneo, tra le zone più sensibili e soggette al cambiamento climatico. Basti pensare che la temperatura del mare lungo le nostre coste è di circa 3/4° maggiore della media storica, con impatti molto pesanti sulla flora marina.

Tra il 2010 e il 2021 l’Italia è stata colpita da  1.118 fenomeni metereologici estremi, 133 solo nell’ultimo anno (+17,2% rispetto alla precedente edizione), dovuti al cambiamento climatico – tra trombe d’aria, alluvioni, ondate di calore…- che hanno coinvolto più di 600 comuni (in aumento del 18% rispetto al 2020) . Numeri in costante crescita e che non accennano a rallentare e l’Italia – si legge nel comunicato di Legambiente – è l’unico paese europeo che non ha messo a punto un piano d’adattamento al clima.

Gli eventi estremi in alcuni casi hanno causato danni alle infrastrutture e al patrimonio storico architettonico delle città, in altri problemi legati ai lunghi periodi di siccità o al contrario da esondazioni.  I numeri continuano a crescere: nel complesso ci sono stati 486 casi di allagamenti da piogge intense, 48 dovuti a lunghi periodi di siccità, 41 frane legate a piogge intense, 14 gli eventi critici causati forti grandinate, 89 i giorni di disservizi sulle reti elettriche. I morti legati al cambiamento climatico rappresentano una vera e propria emergenza, sono infatti 261 vittime, 9 solo nei primi 10 mesi del 2021.  Inoltre sempre più spesso si verificano due eventi in contemporanea e gli episodi si ripetono nelle città già colpite: per esempio i Comuni del nord in estate si trovano a fronteggiare sempre più spesso fenomeni alluvionali estremi seguiti da ondate di calore, quelli del sud Italia sono più facilmente flagellati dalle trombe d’aria.

A patire maggiormente le metropoli e lo aree più popolose della penisola, spesso prive di una pianificazione territoriale e senza politiche di prevenzione. In particolare sono 14 le zone  più colpite dagli impatti climatici: oltra alle grandi città quali Roma (nella Capitale ci sono stati 56 eventi di cui 9 nell’ultimo anno e più della metà hanno riguardato allagamenti dovuti a piogge intense), Bari, Milano, Genova e Palermo, sono molto colpite le aree della costa romagnola e nord delle Marche, e nel 2021 hanno registrato un triste record la Sicilia orientale e la costa agrigentina con 38 e 37 eventi estremi.

Piano di adattamento climatico, le priorità 

Legambiente chiede con forza che nel Recovery plan siano inserite le risorse per una reale pianificazione dell’adattamento climatico nelle città, compresi i gravi problemi legati al dissesto idrogeologico, considerando che le buone pratiche, italiane e non solo, da cui prendere spunto, esistono. A Torino, Bologna, Ancona e Padova per esempio è stato approvato il “Piano di Resilienza Climatica”, mentre Milano sta facendo importanti investimenti in rigenerazione urbana e smart city.

Sono 4 le priorità individuate dall’associazione ambientalista.

Prima di tutto è necessario che il Governo, in collaborazione con Regioni e Comuni, approvi in tempi molto rapidi il piano di adattamento climatico, la cui mancanza, si legge nel comunicato, impatta anche nella programmazione delle risorse di Next Generation UE, considerando che a fine 2022 saranno rivisti gli “interventi previsti dal Recovery Plan, pianificando specifici progetti nelle aree urbane e territoriali più a rischio”.

Un’altra priorità è quella di pianificare un programma di finanziamento e intervento nelle 14 aree del Paese maggiorente colpite da eventi climatici estremi. La direzione da seguire è quella del “Programma sperimentale di interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano” del Mite – che finanzia interventi nei Comuni con più di 60mila abitanti, ma è indispensabile individuare le aree urbane da cui partire e introdurre un fondo per agevolare la pianificazione degli interventi.

E’ poi importante rafforzare il ruolo delle Autorità di Distretto e dei Comuni negli interventi contro il dissesto idrogeologico e rivedere le norme urbanistiche prevedendo in particolare 10 obiettivi:

  • vietare l’edificazione nelle aree a rischio idrogeologico e in quelle individuate da Enea come aree di esondazione al 2100 per l’innalzamento del livello dei mari;
  • delocalizzare gli edifici in aree classificate ad elevato rischio idrogeologico;
  • salvaguardare e ripristinare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane;
  • vietare l’utilizzo dei piani interrati per abitazioni;
  • mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni metereologici estremi;
  • vietare l’intubamento dei corsi d’acqua e pianificare la riapertura di quelli tombati nel passato;
  • recuperare, riutilizzare, risparmiare l’acqua in tutti gli interventi edilizi;
  • utilizzare materiali capaci di ridurre l’effetto isola di calore nei quartieri;
  • creare, in tutti gli interventi che riguardano spazi pubblici e interventi di edilizia private, vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane;
  • prevedere risorse statali per mettere a dimora alberi e creare boschi urbani.

Va infine ricordato che prevenire significa anche risparmiare: secondo i dati della Protezione Civile, il nostro Paese spende una media di 1,55 miliardi l’anno per riparare ai danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione: un rapporto di 5 a 1!


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