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A cura di: Tommaso Tetro Indice degli argomenti: Agrivoltaico per raggiungere gli obiettivi del PNIEC L’agri-fotovoltaico: attenzione lungo tutta la filiera Metà agricoltura, metà rinnovabili. E’ lo spirito innato dell’agro-voltaico che ha nella sua natura ibrida, tra campi e fotovoltaico, la caratteristica principale. Si tratta di nuove politiche ambientali che determinano nuove pratiche produttive ed energetiche: proprio come l’agri-voltaico, un settore innovativo, promettente e in grande espansione. La prima fase storica di questo settore si è avuta con le serre fotovoltaiche. Ma, questo iniziale esperimento non ha funzionato quanto avrebbe dovuto, soprattutto per via della mancanza di collegamento produttivo e progettuale che poneva gli agricoltori nella posizione riduttiva di locatari, scavalcati dalle esigenze dei partner energetici; il guadagno tratto dall’affitto era sufficiente, e dell’attività agricola si è via via perso interesse con il conseguente abbandono delle terre. Agrivoltaico per raggiungere gli obiettivi del PNIEC Adesso la sfida è quella di reimpostare l’intero settore; alla base la condizione di riuscire a coinvolgere in modo paritario tutti quelli che prendono parte al progetto, dai produttori energetici agli agricoltori, dalle istituzioni alle amministrazioni locali. Basterebbe rispondere alla sfida tenendo presente che per arrivare ai 35 GW (Gigawatt) di fotovoltaico previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima sarebbero sufficienti 50mila ettari, pari più o meno ai due quinti dei terreni abbandonati ogni anno dagli agricoltori. Riuscire a utilizzare questi terreni è quasi una condizione imprescindibile per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale. Servono per questo nuove forme di collaborazione e di progettazione, gestione e manutenzione sia degli impianti che dei terreni. Uno dei possibili obiettivi per il prossimo decennio potrebbe essere lo sviluppo di 12 GW di nuovi impianti fotovoltaici, insieme con un’aggiunta di redditività del sistema agricolo. Questo tipo di sistema sarebbe un vantaggio sia per i campi che per il clima: da un lato ci sarebbero benefici per gli investitori energetici, che possono usufruire di terreni altrimenti non utilizzabili oltre a contenere i costi grazie all’affitto e alla manutenzione condivisa degli impianti, riducendo l’impatto ambientale; dall’altro i benefici per gli agricoltori riguarderebbero la possibilità di rifinanziamento delle proprie attività rilanciandole economicamente e progettualmente, incrementando la produttività, oltre a disporre di un sostegno economico che può essere utile a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. L’agri-fotovoltaico: attenzione lungo tutta la filiera Il primo punto da tenere presente è l’impegno su lungo tempo, che riguarda soprattutto gli agricoltori di fronte alle spinte verso i molti abbandoni della terra. Serve anche un’attenta analisi dei terreni e delle colture specifiche prima dell’installazione dei pannelli; bisogna in quest’ambito pensare di prevedere la possibilità di impiantare nuove produzioni, e naturalmente di tenere in considerazione i tempi necessari. Ne discende che le produzioni agricole andranno ricalibrate in base a un sistema di ‘economia di scala’, provando a guardare alla possibilità di introdurre un ‘valore aggiunto’ alla produzione, anche per rendere l’agrivoltaico più produttivo. Diventa allora fondamentale il rapporto con le istituzioni. Tenendo a mente quanto l’Italia sia un Paese con una precisa identità agroalimentare e una lunga tradizione di qualità, l’adozione dell’agro-fotovoltaico su grande scala potrebbe spingere un’ulteriore riqualificazione dei territori e del comparto verso la necessità ormai non più trascurabile di puntare alla sostenibilità. Secondo l’ultimo Rapporto Ambiente della Banca d’Italia il 2020 viene ritenuto “un anno di svolta” dal momento che “davanti a uno shock sistemico globale la nostra ripartenza non può che andare di pari passo con un’azione che trasformi le nostre economie accrescendone e riducendone l’impatto sull’ambiente”. E’ per questo che – viene spiegato – le banche centrali possono e devono giocare un ruolo fondamentale intraprendendo per esempio politiche finanziare mirate a creare “un ambiente favorevole allo sviluppo di strumenti di investimento” per “finanziare la diffusione e la crescita delle attività economiche più ecosostenibili, strumenti che, anche nella crisi, hanno mostrato una crescente domanda da parte degli investitori”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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