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«La canapa è il futuro per un mondo più sostenibile, per un mondo con un possibile futuro». Lorenza Romanese non ha dubbi. La nuova managing director della European Industrial Hemp Association, che rappresenta 25 Paesi europei (tra cui l’Italia, rappresentata nel consiglio d’amministrazione di EIHA da South Hemp), 12 non europei per un totale di 300 membri, intende riportare la canapa al centro delle discussioni politiche, delle decisioni legislative, al centro del dibattito europeo. «Abbiamo molte sfide da affrontare, soprattutto EIHA, associazione che si pone a tutela sia dei produttori sia dei trasformatori della canapa, abbracciando tutto il processo che dal campo arriva al prodotto finito». Ci tiene a distinguere che l’associazione nulla ha a che fare con la cannabis ricreativa o medicale. La canapa “buona” o industriale, coltivata per svariati usi, è una pianta davvero green: ha una forte azione disinquinante, eliminando i metalli pesanti fino a 4 metri di profondità, nel suo ciclo di vita riduce una quantità importante di CO2: un ettaro di canapa industriale ne assorbe fino a 15 tonnellate. Non richiede pesticidi né fertilizzanti per crescere. «Ci fornisce cibo, ingredienti per la cosmetica e materia prima per molti settori tra i quali spicca l’edilizia», spiega la managing director. I progetti della canapa in edilizia: il villaggio olimpico di Parigi 2021 Nell’edilizia quale sviluppo si avrà nell’uso della canapa? «Per ora le uniche lamentele pervenute dai membri sono legate al fatto che si costruisce ancora poco in canapa. Ha quindi bisogno di visibilità. Un progetto in questo senso è stato lanciato dal Membro francese di EIHA: costruire il villaggio olimpico di Parigi 2021 interamente in canapa. Il mondo politico-istituzionale francese ha accolto con entusiasmo il progetto. Si può solo immaginare l’impatto mediatico che avrà». C’è la convinzione che sempre più imprenditori si getteranno nel business della canapa con grande sviluppo della produzione. Ma è necessario il sostegno pubblico con misure incentivanti verso un settore giovane, ma con grandissime opportunità. Le sfide da affrontare per la canapa In questo momento i tavoli di dibattito vertono sulla Riforma della PAC, la Politica agricola comune, al cui riguardo l’Associazione ha depositato degli emendamenti. Chiede di elevare il contenuto massimo di THC – uno dei più importanti principi attivi della cannabis nonché la sostanza psicotropa – nei semi autorizzati per la semina, portandolo da 0,2% a 0,3%. «Sono diverse le motivazioni: la prima è che a questo livello è possibile allinearsi ai grandi competitor quali Svizzera, USA e Canada e avere possibilità di competere ad armi pari. La seconda richiesta è quella di fare breeding, ossia incroci per talee di piante con un patrimonio genetico differente, così da ottenere caratteristiche molto varie e interessanti e fonte di importanti sviluppi che sarebbero utili per molti settori, da quello della carta a quello dell’industria immobiliare. Penso al cemento di canapa, o all’impiego di fibre con caratteristiche genetiche più interessanti, anche per doti di robustezza. Altrimenti, portando avanti incroci solo con le poche varietà di THC 0,2% si rischia di indebolire il patrimonio genetico». Inoltre il tasso di THC in vigore in Europa dal 1976 al 1999 era di 0,3%. Per legittimare l’abbassamento del tasso da 0,3% a 0,2% sono state invocate “ragioni di sicurezza” e illogiche “misure preventive” mai scientificamente provate. I nodi da risolvere Posti questi emendamenti e se l’iter legislativo avrà esito positivo, la concessione al valore massimo di THC 0,3 e l’impiego di breeding con specie di questo tenore avrà il via dal 2021. Romanese sgombra subito il campo da equivoci: «per pensare di avere effetti psicotropi significativi con piante con questo contenuto di THC occorrerebbe fumarsene diversi ettari». Ed è proprio qui il limite: un problema culturale, di pregiudizio verso una pianta dalle caratteristiche naturalmente ecosostenibili. Uno dei temi fondamentali è il novel food. L’UE ha deciso di inserire i fiori di canapa, il CBD e i cannabinoidi in genere, compresi gli estratti, nell’elenco dei cosiddetti “novel food”, ossia quei nuovi alimenti che necessitano di un lungo e costoso iter autorizzativo per essere riconosciuti come tali. Una posizione che trova l’opposizione delle imprese del settore che segnalano, adducendo documenti storici, l’impiego della canapa come alimento almeno da alcuni secoli, quantomeno in Italia. La canapa è il futuro Comunque, le sfide non spaventano Lorenza Romanese, che seppure giovane, ha un curriculum di lungo corso in Unione Europea, avendo lavorato per diverse grosse realtà nel settore oil&gas e poi nel vitivinicolo. «La canapa presenta più fattori sfidanti, ma è un comparto in cui si assiste a massicci investimenti, specie in Nordamerica. La sensazione è che, con o senza sostegno delle istituzioni europee, avremo un mercato della canapa florido anche in UE». Ma cosa l’ha convinta a entrare a far parte della realtà associativa europea? La risposta è netta: «mi ha convinto il fatto che la canapa sia il futuro. Ne sono profondamente convinta. Se da più parti arrivano segnali chiari dai cittadini europei di indignazione verso le scelte climatiche adottate finora dall’Europa e dagli Stati Membri, ritengo che un cambio di mentalità sia più che doveroso. Il mondo del domani dev’essere pulito, sostenibile e fondato sulla biodirvesità. Le consumazioni energetiche vanno ridotte e con esse le conseguenti emissioni di CO2 nell’atmosfera. Una casa isolata con la canapa non ha bisogno di aria condizionata d’estate e necessita di un quantitativo minimo di energia per il riscaldamento durante l’inverno. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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