Il ruolo dell’agricoltura per la transizione energetica

Il ruolo dell’agricoltura per la transizione energetica è essenziale. A partire dall’agrivoltaico, dalla produzione di biogas e biometano fino alla cattura della CO2

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Il ruolo dell’agricoltura per la transizione energetica
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L’agricoltura per la transizione energetica può fornire un contributo importante. Agrivoltaico, produzione di biogas (e biometano) da scarti agricoli, ma anche in prospettiva come cattura di CO2: le possibilità sono ampie, diverse delle quali già attuate e attuabili.

L’importanza del settore agricolo per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili lo ha sottolineato pochi giorni fa il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione dell’assemblea della Confederazione nazionale degli imprenditori agricoli, cui hanno presenziato ben cinque ministri. Ha evidenziato che l’agricoltura è già oggi al primo posto nella Unione Europea per sostenibilità. “C’è molto interesse per gli investimenti nelle energie rinnovabili, dal biogas e biometano fino al fotovoltaico, anche per abbattere i costi energetici delle aziende italiane che oggi sono più elevati del 50% rispetto a quelli dei nostri competitor a cominciare dalla Francia”.

Agricoltura per la transizione energetica: l’agrivoltaico

Per centrare gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico servono 30-50 GW di installazioni: il 30% circa da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati, la parte restante su 40-70.000 ettari di terreni agricoli, pari allo 0,2-0,4% dei terreni coltivabili disponibili.

Agricoltura per la transizione energetica: l’agrivoltaico

È quanto hanno stimato Legambiente, Greenpeace, Italia solare e Wwf, mettendo in luce l’importanza dell’agrivoltaico, ovvero il sistema che permette di coltivare la terra producendo energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici opportunamente posizionati, così da permettere il passaggio delle macchine agricole e la tradizionale lavorazione dei campi, o l’attività di pascolo.

La stessa Legambiente mette in luce l’importanza di una convivenza tra agricoltura e fotovoltaico, per produrre energia rinnovabile ma anche per decarbonizzare. Gli obiettivi UE sono noti: occorre raggiungerli il prima possibile. A livello attuale, il sistema nazionale di generazione elettrica evidenzia un fabbisogno annuo di circa 320 TWh (dati Terna 2019). Le rinnovabili nel loro complesso soddisfano quasi il 40% del fabbisogno elettrico, di cui il fotovoltaico genera poco più dell’8%. La stessa associazione ambientalista segnala che:

La fonte fotovoltaica, da sola, dovrebbe arrivare entro il 2030 a soppiantare almeno il 60% dell’attuale generazione da fonti termiche fossili, percentuale ottenibile moltiplicando per cinque l’attuale potenza installata. Considerando anche il fabbisogno supplementare legato alla necessità di realizzare accumuli di energia elettrica, corrisponderebbe a una superficie di circa 50mila ettari, cioè 500 milioni di metri quadrati di pannelli”.

Si tratta di un’area molto vasta, che andrebbe collocata il più possibile su coperture esistenti, ma che comunque prevede l’installazione di una parte a terra, stimata in oltre 70.000 ettari, pari allo 0,6% della superficie agricola utilizzata e al 3% di incremento del suolo urbanizzato totale.

Il fotovoltaico di per sé richiede molto suolo. L’agrovoltaico, invece, è una proposta che permette di integrare, piuttosto che sostituire, la generazione fotovoltaica all’interno di un’azienda agricola, diventando così una opportunità per gli agricoltori. In Italia ci sono molte esperienze di successo nel settore, come ad esempio l’uso di impianti installati a circa 5 metri di altezza con pannelli “mobili” a inseguimento solare, che permettono di aumentare l’efficienza energetica. Al di sotto degli impianti, gli agricoltori riescono a coltivare normalmente il terreno.

Da qui si deve partire per riuscire a sviluppare il fotovoltaico e per far sì che agricoltura e transizione energetica possano trovare un compromesso virtuoso, comprovato anche da studi scientifici.

Agricoltura per la transizione energetica: biogas e biometano

Le bioenenergie possono dare il loro apporto anche loro ad aumentare il peso specifico delle rinnovabili da agricoltura. Come ha messo in luce la EBA – European Biogas Association nell’ultimo statistical report, l’attuazione del Green Deal europeo porta con sé nuove opportunità per aumentare il biogas e il biometano in Europa.

Nel 2019 il settore produceva 167 TWh di biogas e 26 TWh di biometano. Alla fine del 2019 si sono raggiunti 18.943 impianti di biogas e 725 impianti di biometano in tutta Europa. L’obiettivo del settore a raggiungere almeno 380 TWh entro il 2030, con un’ulteriore crescita negli anni successivi.

Agricoltura per la transizione energetica: biogas e biometano

L’Italia, che è uno dei maggiori produttori europei e mondiali, guarda avanti. Il presidente del CIB (Consorzio Italiano Biogas), Piero Gattoni, nell’audizione alla Commissione Agricoltura della Camera ha evidenziato che la riconversione degli impianti biogas esistenti “ha un potenziale produttivo di biometano pari a circa 3,5 miliardi di Smc (Standard metro cubo) e potrà stimolare investimenti privati per circa 5 miliardi di euro, favorendo entrate fiscali per circa 1 miliardo di euro”.

Anche lo sviluppo del biometano agricolo può contare anche su un impatto positivo in termini occupazionali “con un incremento di nuovi posti di lavoro stabili di circa 16mila occupati, ai quali si deve aggiungere un aumento di quelli indiretti, pari a circa 70-80 mila occupati”.

L’opportunità di porre in evidenza nel futuro PNRR il settore e le opportunità create potrebbe permettere un ulteriore sviluppo, supportato da evidenze legate all’azione di riduzione delle emissioni mediante digestione anaerobica. “Grazie ad azioni e tecnologie prontamente applicabili, si possono ridurre le emissioni dirette da agricoltura del 32% rispetto ai livelli attuali, alle quali vanno aggiunte le emissioni evitate grazie al mancato ricorso ai combustibili fossili”.

Di progetti in corso ce ne sono: uno di questi ha preso avvio in Emilia-Romagna e vede coinvolti la stessa Regione, insieme a Confagricoltura Emilia-Romagna e la Confederazione generale bieticoltori italiani. Al centro ci sono impianti biogas e biocarburante per la mobilità di nuova generazione con potenza elettrica fino a 300 kW, ottenuti a partire da sottoprodotti agricoli e reflui zootecnici e sviluppati dalla Cgbi.

Agricoltura per la transizione energetica: cattura di CO2

L’agricoltura può fornire un contributo importante anche nella riduzione delle emissioni di CO2. L’Europa si muove da tempo, consapevole della necessità di ridurre l’impronta carbonica: per questo la politica agricola UE assorbirà 387 miliardi di euro dal prossimo bilancio, per il 2021-2027.

Lo scorso febbraio la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione intitolata “Forging a climate-resilient Europe – the new EU Strategy on Adaptation to Climate Change” in cui ha messo in luce alcune strategie da adottare per un’agricoltua più resiliente.

In essa si sottolinea la necessità di promuovere anche azioni dedicati alla riduzione della CO2. A partire dalle soluzioni bio-based che prevedono: il ripristino delle zone umide, le torbiere, gli ecosistemi costieri e marini; lo sviluppo di spazi verdi urbani e l’installazione di tetti verdi e pareti verdi; la promozione e gestione sostenibile di foreste e i terreni agricoli.

Inoltre, la Commissione intende sviluppare un meccanismo di certificazione per la rimozione del carbonio, che consentirà di monitorare e quantificare i benefici climatici di molte soluzioni basate sulla natura.

C’è poi la cosiddetta “carbon farming”, che si riferisce alle attività agricole che hanno un effetto sui bacini di carbonio nei suoli e nella vegetazione, a livello di azienda agricola e con lo scopo di ridurre le emissioni, aumentare la rimozione e lo stoccaggio del carbonio e proteggere i suoli ricchi di CO2. La Commissione a questo proposito intende pensare a un sistema di contabilizzazione dei crediti e una certificazione di prossime iniziative di carbon farming.

Ci sarebbe un’altra opportunità: è la BECCS ovvero la bioenergia per la cattura e sequestro dell’anidride carbonica, ma è ancora una strategia poco sviluppata e anche controversa.

Pronti al Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022

Intanto va segnalata una novità per quanto riguarda la redazione del Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022. Come affermato dal Capo di Gabinetto del MIPAAF, Francesco Fortuna, nell’incontro con la Coalizione #CambiamoAgricoltura, tale redazione inizierà questo mese.

Quindi dovrebbe partire anche in Italia quel processo partecipato con gli altri Ministeri, le Regioni, le Associazioni di categoria e della società civile, per scrivere il documento di programmazione della PAC post 2022, che l’Italia dovrà trasmettere alla Commissione UE entro la fine di quest’anno.
Si tratta di un’importante novità, segnala la Coalizione, che in Italia è promossa da Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, Fai, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf. 

La stessa evidenzia che: “L’Italia è in grave ritardo, fanalino di coda tra gli Stati membri dell’Unione Europea, nella stesura di questo importante documento programmatico per la politica agricola comune nazionale, che dovrà stabilire come spendere le risorse assegnate al nostro Paese dalla nuova PAC”.

Ricordiamo che, come segnalato dalla Commissione Europea, nel documento riguardante la strategia dell’UE per l’integrazione del
sistema energetico, nel settore agricolo si gioca un importante ruolo in termini di produzione da fonti energetiche rinnovabili. Grazie alla politica agricola comune, segnala la stessa Commissione UE, gli agricoltori potrebbero essere incentivati a contribuire a una maggiore mobilizzazione di biomassa sostenibile per l’energia. Le comunità energetiche possono fornire un quadro solido per l’uso di tale energia in un contesto locale. Si evidenzia, quindi, il nesso tra agricoltura e transizione energetica. Non solo: le proposte che delineano la strada che la PAC dovrà seguire dovranno definire una politica più semplice ed efficiente che integri gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo, che punta sia sull’efficienza energetica sia alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

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