Aree idonee rinnovabili: 80 GW di fotovoltaico ed eolico passano da qui

Il decreto “Aree Idonee” rinnovabili, di cui si attende quest’estate il testo riscritto, provvede alla ripartizione fra regioni e province autonome di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da rinnovabili. Cosa accadrà ora su aree idonee e zone di accelerazione? La risposta di ANEV e di Italia Solare

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Aree idonee rinnovabili: 80 GW di fotovoltaico ed eolico passano da qui

Sulle aree idonee per le rinnovabili si gioca il destino un’importante quota di FER da qui ai prossimi 5 anni. Il Decreto “Aree Idonee” ripartisce tra regioni e province autonome le quote di potenza di impianti da fonti energetiche rinnovabili installabili per aggiungere 80 GW di FER in esercizio al 2030, rispetto alla quantità di impianti già installata al 31 Dicembre 2020.

È la quota necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi europei, stabiliti da Fit for 55 e Repower EU. Dopo la sentenza del TAR del Lazio che ha annullato parzialmente quanto disposto dal Decreto Ministeriale (3 luglio 2024), cosa accade per il futuro del fotovoltaico ed eolico? Quali sono le richieste e le speranze degli operatori che attendono la riscrittura del DM e di poter comprendere dove e come sviluppare progetti e impianti?

Decreto aree idonee rinnovabili: una storia difficile sin dall’inizio

Il percorso delle aree aree idonee per le rinnovabili era già apparso accidentato con il ritardo accumulato (è arrivato con due anni di ritardo sul D.Lgs. 199/2021), prima di arrivare all’entrata in vigore, il 3 luglio 2024. Quel giorno è entrato in vigore il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, emanato di concerto con il Ministro della Cultura e con il Ministro dell’agricoltura, recante la disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Decreto aree idonee rinnovabili: una storia difficile sin dall’inizio

Il testo chiariva che spettava alle Regioni, emanare, nei successivi 180 giorni, le proprie leggi con le quali individuare le aree ove è possibile realizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili e quelle dove invece è vietato. Ma scontentava buona parte degli operatori e delle rispettive associazioni perché dava alle Regioni discrezionalità sulle scelte di localizzare aree idonee e non.

Da qui si è partiti con numerosi ricorsi, gran parte dei quali ritenuti inammissibili, fino alla sentenza del TAR del Lazio (9155/2025) che ha annullato in parte il DM, accogliendo il ricorso presentato dall’ANEV e da vari operatori delle rinnovabili. In particolare, il Collegio ha ritenuto illegittima, la norma dell’articolo 7, comma 2, lettera c) del Decreto, che attribuiva alle Regioni la facoltà di escludere alcune aree precedentemente considerate idonee.

Il TAR del Lazio, quindi, ha ordinato alle amministrazioni ministeriali resistenti (MASE, MIC, MASAF) di rieditare i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee entro 60 giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza, pubblicata lo scorso 13 maggio, stabilendo che le regioni non potranno introdurre restrizioni più severe rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale e dovranno recepire le aree considerate idonee per legge.

Aree idonee e zone di accelerazione

Prima di comprendere cosa accadrà col prossimo decreto è bene dare una definizione di aree idonee e zone di accelerazione.

Per aree idonee si intendono le aree in cui è previsto un iter accelerato e agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse. Si tratta di aree industriali, artigianali, e commerciali, zone interne a impianti industriali e stabilimenti, aree adiacenti alla rete autostradale, cave e miniere, e in alcuni casi, terreni agricoli entro 500 metri da tali aree.

Le zone di accelerazione, invece, sono specifiche aree individuate per facilitare e velocizzare l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile.

Aree idonee rinnovabili e futuro del fotovoltaico: il pensiero di Italia Solare

Il settore del fotovoltaico è fortemente interessato dal prossimo DM “Aree Idonee” rinnovabili su cui si gioca una importante quota di sviluppo.

Cosa accadrà ora?

«C’è una situazione di grave incertezza, nella quale è ben difficile avviare lo sviluppo di nuovi progetti di impianti di dimensione significativa. Quindi, per il prossimo futuro la crescita del fotovoltaico sarà affidata agli impianti domestici, alle CER e agli impianti sui capannoni delle imprese. Per gli impianti a terra si valorizzerà il pacchetto di progetti approvati o in procedura autorizzativa», afferma Luciano Barra, Supporto Legislativo di Italia Solare, che sul tema aree idonee ha già espresso chiaramente il suo pensiero.

Aree idonee e zone di accelerazione: gli elementi da mantenere e da cambiare

Il DM Aree Idonee dovrà permettere un salto in avanti importante per le rinnovabili in Italia, specie per fotovoltaico ed eolico.

Italia Solare, in particolare cosa chiede di mantenere e/o di cambiare, al MASE, nella riscrittura del testo di legge? Sulle zone di accelerazione, il DL Infrastrutture è servito a migliorare la situazione? Se sì, come?

«L’introduzione e la regolamentazione delle zone di accelerazione, previste dall’ultima direttiva FER, sono una delle riforme da effettuare in adempimento degli impegni del PNRR – specifica Barra –. L’urgenza di rispettare questo impegno si manifestò già negli ultimi mesi del 2024, allorché, in modo inconsueto, nel decreto legislativo Testo Unico FER vennero disciplinate le zone di accelerazione. Evidentemente non vennero ben disciplinate se, dopo meno di sei mesi è sorta la necessità di intervenire di nuovo. Temiamo, però, che se non si apportano correttivi al testo del DL Infrastrutture la situazione sarà ancora nebulosa».

Il punto di partenza è che le zone di accelerazione sono un sottoinsieme delle aree idonee e se ci sono incertezze sulle aree idonee, queste incertezze si propagano anche alle zone di accelerazione. «Italia Solare chiede, quindi, di chiarire definitivamente che le aree idonee tra le quali le regioni devono selezionare le zone di accelerazione sono aree idonee per legge nazionale e non sono modificabili dalle regioni. Per gli stessi motivi, e a scanso di equivoci, chiediamo che le aree industriali – che il Decreto Infrastrutture qualifica immediatamente come zone di accelerazione – siano qualificate anche come aree idonee. Non si tratta di questioni formali, ma di conformare la normativa nazionale a quella europea, in modo che il quadro risultante sia sufficientemente chiaro e solido per gli investitori».

La sentenza del TAR del Lazio e i riflessi sulle procedure

Nella sentenza del TAR del Lazio si riporta un passaggio delicato in tema di criteri prioritari e ruolo delle regioni.

Si legge infatti che:

L’interpretazione dell’articolo 1, comma 2, lett. b), del gravato d.m. del 21 giugno 2024, al quale il Collegio intende aderire – partendo dall’assunto che il carattere di non idoneità di un’area non precluda in radice la realizzazione di impianti FER – è atta a porre in rilievo come l’individuazione con legge regionale delle aree non idonee non esclude che le amministrazioni coinvolte negli specifici procedimenti amministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER debbano necessariamente apprezzare in concreto l’impatto dei progetti proposti sulle esigenze di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali, anche laddove l’area interessata rientri tra quelle classificate come non idonee”.

Questo passaggio faciliterà le procedure? «Il TAR si è limitato a riprendere quanto esplicitamente indicato nel decreto aree idonee, nel quale un riferimento alle linee guida ministeriali del 2010 lascia chiaramente intendere che le aree non idonee non sono aree in cui è vietato installare impianti – spiega Barra –. Ora, ci sono due possibili via di uscita, ciascuna con pro e contro. La prima è mantenere questa flessibilità, in modo che anche le aree non idonee siano utilizzabili per nuovi impianti, fermo, come dice il TAR, l’apprezzamento concreto dell’impatto dell’impianto in sede autorizzativa. Ovviamente, sopravvivrebbe un divieto, l’unico: quello che (con qualche eccezione) riguarda il fotovoltaico con moduli a terra in aree agricole. L’altra via di uscita è che si affermi che la non idoneità per una data tipologia di impianti comporta il divieto di installare impianti di quella tipologia. Non è indifferente quale strada si deciderà di intraprendere: se si optasse per la seconda sarebbe indispensabile che la non idoneità sia circoscritta a strette ed evidenti necessità di tutela e, per contro, che l’entità delle aree idonee sia ampiamente superiore a quanto necessario per gli obiettivi. La prima strada, invece, lascia più margini, ma anche incerta distinzione tra aree ordinarie e aree non idonee, maggiori oneri amministrativi e incertezze sugli esiti dei procedimenti autorizzativi».

Il futuro incerto di eolico e fotovoltaico

Se tutto dovesse procedere nel migliore dei modi, entro quando si avrà un quadro sufficientemente chiaro per procedere con lo sviluppo del fotovoltaico (e dell’eolico)? «Il DL Infrastrutture offre la possibilità di un intervento chiaro e rapido su aree idonee e zone di accelerazione. Oltre a quanto detto prima, pensiamo che sarebbe opportuno introdurre per legge criteri chiari cui le regioni devono attenersi per individuare aree idonee, ferma la necessità di congelare come idonee le aree tra le quali le regioni dovranno selezionare le zone di accelerazione. Se si prendesse questa strada, subito dopo la conversione in legge del decreto infrastrutture le regioni potrebbero procedere su aree idonee e zone di accelerazione sulla base di indicazioni sufficientemente chiare ed omogenee. Probabilmente entro fine 2025 o poco oltre, avremmo un quadro di riferimento sufficientemente chiaro. Se questa soluzione non fosse praticabile, magari per opposizioni incrociate interne al Governo, occorrerà aggiornare il decreto, trovando una intesa tra i Ministeri dell’ambiente, dell’agricoltura e della cultura, e naturalmente con le regioni e gli enti locali: visti i precedenti, non sarà facile…», conclude Barra.

Aree idonee e rinnovabili: il parere di ANEV

Il TAR del Lazio ha accolto il ricorso di ANEV sul DM Aree Idonee per le rinnovabili, in particolare su alcuni punti del decreto che ora andranno riscritti.

Cosa si attende ora l’Associazione Nazionale Energia del Vento? «Vorrei fare una premessa: non era così tanto scontato che il nostro ricorso venisse accolto, spiega Simone Togni, Presidente ANEV. Lo comprova il fatto che i ricorsi fatti da altre associazioni e operatori sono stati tutti rigettati. Siamo stati capaci – e anche un po’ fortunati – di centrare i motivi del ricorso. Quali sono? Tra i principali motivi vi è l’eccessiva discrezionalità data alle regioni che dovrà essere risolta. Il secondo motivo, riguarda la decisione delle regioni di ridurre in maniera significativa le aree idonee. Ricordiamo che alcune avevano individuato, seguendo i dettami del decreto, meno dell’1% del territorio come aree idonee. Terzo elemento di ricorso, è stato l’assoluta disomogeneità tra le varie regioni sui criteri di idoneità».

Zone di accelerazione

Altro elemento considerevole sono le zone di accelerazione. Il DL Infrastrutture è servito a migliorare la situazione? Se sì, come? «Su questo elemento, sono un po’ scettico». Togni si riferisce, in particolare sulla considerazione, fatta dal direttore generale del MASE, Alessandro Noce, durante il convegno ANEV. In quell’occasione, ha affermato che aree idonee e zone di accelerazione “si intersecano bene”. «Trovo poco lineare il percorso, perché è vero che c’è un un’urgenza con delle tempistiche specifiche nell’emanazione del provvedimento, è anche vero che non mi immagino uno schema semplice da attuare. Nella nostra visione, le aree non idonee – che tra l’altro il TAR ha chiarito – sono comunque aree dove si può presentare un progetto. Non sono escluse, ma si tratta di aree dove l’approfondimento del processo amministrativo sarà maggiore. Secondo ANEV, potevano rappresentare un 15% del territorio, mentre un’ampia area (potremmo quantificarla al 60-70%) sarebbe stata idonea.

È ovvio che, se le aree idonee vengono ridotte all’1% del territorio, le zone di accelerazione si riducono a una quota assai marginale, perdendo il loro interesse. Il criterio generale dovrebbe essere: tutte le aree dove vi sono vincoli di particolare pregio vanno considerate non idonee, tutte le aree dove non vi sono devono essere considerate idonee. Questo è l’elemento generale che spetta allo Stato, e la sentenza del TAR lo ribadisce. Dopo di che, le regioni potranno segnalare, in presenza di un determinato elemento, di prestare una particolare attenzione progettuale, ma nel complesso l’energia, di cui l’energia rinnovabile è parte integrante, è un’attività di carattere pubblico prevalente». Su questo punto e in tale contesto, Togni ha auspicato, come opportunità fondamentale, un dialogo costruttivo tra il Governo centrale e le Regioni, finalizzato a definire criteri condivisi per l’individuazione delle aree idonee, che tengano conto delle specificità locali senza compromettere la visione strategica nazionale.

Eolico in Italia: il futuro è ancora possibile

Resta da comprendere, se tutto andrà come da tempistiche stabilite con la riscrittura del DM Aree Idonee, per le rinnovabili entro quando si avrà ha un quadro sufficientemente chiaro per procedere allo sviluppo del quantitativo posto come obiettivo? «Nella velocizzazione delle procedure, aver chiara la zonizzazione semplificherà le procedure e renderà più chiaro l’iter amministrativo da seguire».

C’è ancora tempo per recuperare il terreno perso? «Certamente. Porto un esempio che motiva il mio parere: nel 2024 in Germania sono stati autorizzati 14 GW di impianti eolici e ne sono entrati in esercizio 4 GW. In Italia occorre realizzarne poco meno di 2 GW l’anno, ovvero meno della metà della Germania. Per cui, se non temo di pensare che potremmo fare almeno quanto il Paese tedesco, figuriamoci se mi scoraggia l’eventualità di realizzarne anche solo la metà. In Italia, dieci anni fa, si realizzava 1,2 GW di eolico l’anno. Quindi, abbiamo dimostrato ampiamente di poterlo fare, quando potevamo contare su turbine da 1-1,5 MW. Oggi possiamo disporre di turbine da 5-6-7 MW, quindi l’obiettivo è più facile da raggiungere», conclude Togni.

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