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A cura di: Raffaella Capritti Indice degli argomenti Toggle Il potenziale fotovoltaico delle miniere dismesse: numeri e scenari Dalla rigenerazione territoriale alla transizione energetica Mentre l’uscita dai combustibili fossili diventa una priorità globale, un nuovo rapporto di Global Energy Monitor offre una nuova prospettiva sulle miniere di carbone dismesse, spesso sinonimo di degrado e abbandono, che potrebbero invece diventare piattaforme ideali per una riconversione energetica su larga scala. Secondo il Report, oltre 5.800 chilometri quadrati di questi terreni potrebbero ospitare quasi 300 gigawatt di nuova capacità fotovoltaica, pari al 15% della potenza solare finora installata nel mondo. Ciò significa che nel complesso le miniere di carbone abbandonate o che chiuderanno entro la fine di questo decennio hanno un potenziale di capacità solare fotovoltaica (FV) sufficiente ad alimentare, per un anno, un Paese delle dimensioni della Germania. Le miniere abbandonate si rivelano una risorsa sottoutilizzata ma già predisposta, con ampi spazi già privi di vegetazione, prossimità alla rete elettrica esistente e spesso collocazione favorevole in termini di irraggiamento solare. Si tratta di una prospettiva interessante, che mette insieme rigenerazione ambientale, sviluppo energetico e rinascita economica. “Il lascito del carbone è inciso nella terra, ma non deve definirne il futuro“, ha dichiarato Cheng Cheng Wu, project manager di GEM. “Queste aree possono diventare la base di una rivoluzione solare“. Il potenziale fotovoltaico delle miniere dismesse: numeri e scenari Secondo l’analisi condotta da GEM, basata sui dati del Global Coal Mine Tracker, sono 312 le miniere di carbone a cielo aperto che si estendono su 2.089 chilometri quadrati – un’area quasi pari a quella del Lussemburgo – che, dopo la chiusura avvenuta dal 2020 in poi, offrono oggi la possibilità di installare 103 GW di capacità fotovoltaica. A queste si aggiungono altri 185 GW potenzialmente sviluppabili su ulteriori 127 miniere (3.731 km² di terre minerarie) che chiuderanno entro il 2030 a causa dell’esaurimento delle riserve e della durata residua prevista delle attività. In totale, si stima che 446 miniere di carbone e 5.820 km² di aree minerarie abbandonate siano adatte per essere riconvertite a uso solare. Con lo sviluppo adeguato, questi progetti potrebbero offrire quasi 300 GW di nuova capacità solare fotovoltaica, pari al 15% della capacità solare installata a livello globale. Questa trasformazione non è solo teorica: in Cina sono già operativi 90 impianti solari costruiti su ex miniere, per un totale di 14 GW, mentre altri 9 GW sono in fase di sviluppo. Anche Australia, Stati Uniti, Indonesia e India detengono un potenziale enorme, coprendo da soli circa il 75% delle aree globali adatte alla transizione da carbone a solare. I vantaggi non sono solo energetici. La riconversione delle miniere può generare fino a 259.700 posti di lavoro permanenti e oltre 317.000 impieghi temporanei legati alla costruzione e manutenzione. Si tratta di numeri superiori alle perdite previste nel settore carbonifero entro il 2035. Come afferma Ryan Driskell Tate, Associate Director di GEM, “le miniere esaurite possono diventare la base per una nuova economia pulita. Sta già succedendo. Serve solo la giusta combinazione di incentivi per mettere le persone al lavoro nella prossima generazione solare”. Dalla rigenerazione territoriale alla transizione energetica L’impatto di questa transizione va ben oltre l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Riconvertire una miniera significa bonificare il terreno, ridurre l’emissione di metano residuo, prevenire il rischio idrogeologico e trasformare aree pericolose in infrastrutture utili, sicure e produttive. In regioni come lo Shanxi o la Mongolia Interna, dove la subsidenza del terreno è un problema costante, le installazioni fotovoltaiche stanno già fornendo una soluzione tecnica ed economica. Le miniere non sono solo superfici libere: sono già integrate nel tessuto elettrico esistente. Oltre il 90% dei siti analizzati dista meno di 10 km da una sottostazione o linea di trasmissione, riducendo sensibilmente i costi di connessione. In alcuni casi, si stanno studiando anche soluzioni integrate, come lo storage con batterie, l’idrogeno verde e persino l’uso dei tunnel allagati per la geotermia o il pompaggio idroelettrico. Si apre un’opportunità per ridisegnare l’identità stessa dei territori minerari. Dalla monocultura del carbone a un ecosistema energetico diversificato, sostenibile e locale. È un cambio di paradigma che richiede politiche chiare, investimenti mirati e partecipazione comunitaria. Ma i benefici in gioco – ambientali, economici e sociali – rendono questa sfida un’opzione molto interessante. Come afferma Hailey Deres, ricercatrice di GEM, “convertire terreni degradati in hub solari non solo accelera gli obiettivi climatici, ma restituisce dignità e prospettiva a comunità che per decenni hanno sostenuto l’industria pesante. È tempo che la transizione energetica passi anche da qui“. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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