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Indice degli argomenti Toggle I problemi che sconta l’industria foresta-legno in ItaliaUrge una pianificazione attenta e dettagliata C’è bisogno di una industria foresta-legno in Italia. Il cluster del legno italiano, uno degli obiettivi strategici della Strategia Nazionale Forestale, è stato varato lo scorso anno anche per questo. Esso intende promuovere iniziative di networking tra mondo forestale e mondo della prima e seconda lavorazione del legno, oltre a rafforzare i legami tra le imprese, le istituzioni territoriali e gli enti di ricerca, per sostenere il trasferimento tecnologico. Inoltre vuole valorizzare il prodotto legnoso nazionale. Come ricorda il Ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf): “tale obiettivo è stato sottolineato dalla Presidente del Consiglio in apertura al Salone del mobile 2023, quando ha lanciato l’obiettivo del legno 100% italiano per il settore arredo-design”, Perché ci sia bisogno di “fare sistema” lo dicono i numeri: malgrado l’Italia sia ricoperta per un terzo abbondante (il 37% circa) da boschi, con una superficie forestale superiore agli 11 milioni di ettari, il tasso di utilizzazione delle risorse forestali italiane è basso. Il prelievo legnoso stimato al 24% dell’incremento di volume. Non solo: il valore merceologico del prodotto prelevato è scarso, per lo più si tratta di legna da ardere. Così l’Italia importa l’80% di legna necessaria per soddisfare le necessità produttive. A fronte di attività produttive legate alla selvicoltura e all’industria del legno e della carta che oggi valgono circa l’1% del Pil, sul 37,4% della superficie boschiva “non si registra alcun intervento di natura selvicolturale”, riporta un documento della Camera dei Deputati sulla manutenzione del patrimonio forestale, incendi boschivi e dissesto idrogeologico. La situazione italiana avrebbe bisogno di contare su una situazione “a monte” decisamente migliore, perché già oggi vanta posizioni di vertice in alcuni settori legati al legno. Per esempio, il settore del legno per l’edilizia ha un fatturato che sfiora i 700 milioni di euro, che colloca l’Italia al quarto posto nell’UE con una quota di mercato superiore all’8%. Va considerato, inoltre, che il valore della produzione complessiva della macro-filiera del legno italiana si attesta sui 39 miliardi di euro, che, complessivamente, rappresenta circa il 4,5% del fatturato manifatturiero nazionale. I problemi che sconta l’industria foresta-legno in Italia A proposito di industria foresta-legno in Italia, per valorizzarla occorre affrontare e superare alcuni ostacoli. «Un primo problema italiano è di ordine strutturale: i Paesi da cui importiamo legna come Francia, Austria e Germania sono partiti a organizzare e a gestire le loro foreste già qualche secolo fa», afferma Marco Bonavia già consigliere nazionale Conaf e oggi vicepresidente PEFC. C’è poi un altro problema, legato alla proprietà: «in Italia si assiste a una polverizzazione fondiaria. Questa frammentazione è un grosso ostacolo. Una delle possibilità per rimediare a questa situazione è l’applicazione del Testo Unico per le Filiere Forestali». Il TUFF interviene sulla pianificazione forestale ed è per molti aspetti decisivo per numerosi interventi in bosco, offrendo alle regioni un riferimento comune. Attualmente la percentuale di superficie di bosco dotata di piani particolareggiati è limitata al 15,3% e molto variabile tra le diverse regioni. «Forse bisognerebbe ipotizzare una nuova legge che affronti il problema, stabilendo precise responsabilità gestionali sulle proprietà – rileva ancora Bonavia –. Detto questo, si intravede una la volontà ad avviare una filiera foresta-legno che abbia una solidità economica nell’indirizzo dei finanziamenti nazionali ed europei». A definire con maggiore chiarezza il quadro, è stato avviato di recente il Sistema Informativo Forestale Nazionale (SINFor), un progetto promosso dal Masaf e sviluppato dal CREA per una cartografia dettagliata di tutto il territorio italiano. «A complicare ulteriormente il quadro è la necessità di avere manodopera forestale qualificata, che quindi deve essere formata, e che deve essere disponibile sul territorio. Le imprese che stanno cercando di strutturarsi in maniera sempre più grande incontrano oggettive difficoltà nel trovare il personale che serve per gestire determinate superfici», rileva ancora Bonavia. Anche la normativa italiana «decisamente burocratica e articolata», non aiuta certo a migliorare la situazione. Urge una pianificazione attenta e dettagliata Per attivare una filiera industriale adeguata è necessaria un’attenta pianificazione di dettaglio su chi opera e dove, stabilendo le precise finalità dei boschi. Si sa che la superficie boschiva è aumentata dalla seconda guerra mondiale in poi, ma occorre comprendere la destinazione specifica. È un aspetto importante sempre a proposito di industria foresta-legno in Italia, che a oggi vede più dell’80% del legname raccolto nei boschi impiegato per fini energetici, compreso anche l’utilizzo per usi privati (stufe e camini). Serve quindi darsi un obiettivo di valorizzazione complessiva del bosco. A livello di finanziamenti c’è stato un progresso, utile anche per la pianificazione. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza con un bando apposito ha messo a disposizione 10 milioni di euro per la costituzione di Contratti di filiera e di distretto nel settore forestale. Tuttavia, serve alzare la percentuale di prelievi di legname da opera, che rappresenta oggi solo il 15% del totale. Inoltre, va considerato che sul 37,4% superficie totale del bosco, non si registra alcun intervento di natura selvicolturale. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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