Murature massive e comfort sostenibile in clima mediterraneo

Inerzia termica della parete, capacità di accumulare e rilasciare calore

Il consumo energetico degli edifici
Oggi i paesi industrializzati coprono l’80-85% del proprio fabbisogno energetico mediante l’impiego di combustibili fossili.
Tuttavia, la disponibilità di tali combustibili tende ad esaurirsi, a dispetto di una domanda di energia sempre crescente, soprattutto da parte degli stati asiatici. Ciò comporterà inevitabilmente un incremento insostenibile dei prezzi, in particolare del petrolio e dei suoi derivati.
A fronte di un aumento incontrollato del prezzo del greggio, le uniche alternative possibili saranno:
1. utilizzare fonti energetiche rinnovabili;
2. migliorare l’efficienza energetica.
In caso contrario, sarà necessario che i Paesi più ricchi, e quindi più energivori, limitino drasticamente la capacità produttiva o i livelli di comfort.

Evoluzione dei consumi mondiali di energia primaria 1983-2008 in Mtep, con distinzione del tipo di risorsa (BP Statistical review of world energy, 2009).
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Consumi mondiali di energia primaria 1998-2008 in Mtep (elaboraz. su dati BP Statistical review of world energy, 2009).
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Alle problematiche di tipo economico e sociale, si aggiungono quelle di carattere ambientale: l’uso indiscriminato dei combustibili fossili sta producendo sul pianeta alterazioni ecologico-ambientali preoccupanti, dovute all’intensificarsi dell’effetto serra; quest’ultimo provoca, a sua volta, un incremento della temperatura media terrestre, il cosiddetto “riscaldamento globale”. Tale fenomeno, alterando le attuali condizioni climatiche del pianeta e modificando il volume dei ghiacciai e degli oceani, può avere conseguenze disastrose per l’ecosistema mondiale.
L’adozione di fonti di energia alternative e sostenibili comporta quindi un duplice vantaggio:
• far fronte alla crisi energetica dovuta al progressivo esaurimento delle riserve di combustibili fossili;
• evitare rischi di catastrofi ambientali.
Tra le potenziali fonti energetiche alternative, è problematico puntare sul nucleare, il quale, pur presentando una buona efficienza e assicurando emissioni di CO2 potenzialmente trascurabili, produce tuttavia scorie radioattive che costituiscono un’eredità estremamente pesante per le generazioni future; un’eredità che, con le attuali procedure di smaltimento, si estinguerebbe in oltre 100.000 anni.
L’obiettivo dev’essere quindi quello di affidarsi a fonti non solo rinnovabili, ma a anche “pulite”, sostenibili, che non determinino rilevanti squilibri ambientali, come l’energia solare, eolica, geotermica, idroelettrica, marina, da biomasse e da rifiuti.
Questo obiettivo è stato peraltro accolto dall’UE, che nel marzo 2007 ha varato un pacchetto integrato di azioni, sintetizzato con la sigla “20-20-20”, il quale mira, entro il 2020, al raggiungimento di un triplice traguardo da parte degli Stati membri:
1. produzione energetica da fonti rinnovabili pari al 20% del consumo interno lordo di energia;
2. risparmio del 20% rispetto ai consumi previsti al 2020;
3. riduzione del 20% delle emissioni dei gas serra rispetto ai livelli del 1990.
L’Italia sta lentamente cercando di emanciparsi dall’impiego di combustibili fossili e dalla forte dipendenza energetica dall’estero (attestatasi negli ultimi 4 anni intorno all’85%, contro il 50% della media europea). Nonostante gli sforzi compiuti, i dati non sono ancora confortanti. Ciò è evidenziato da una inattesa diminuzione (dal 1997 al 2007, in parte compensata nel 2008) della produzione elettrica da fonti rinnovabili rispetto al totale della produzione nazionale.
Tale diminuzione è imputabile sia all’aumento dei consumi, sia alla riduzione negli anni della fornitura idroelettrica (che ancora offre di gran lunga il maggior contributo alla produzione rinnovabile nazionale); riduzione dovuta soprattutto alle disposizioni legislative giustamente emanate per garantire il “minimo deflusso vitale” negli alvei.

Incidenza percentuale della produzione lorda rinnovabile rispetto alla produzione lorda totale di energia elettrica in Italia dal 1997 al 2008 (GSE, Statistiche sulle fonti rinnovabili in Italia, 2008).
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Il nostro Paese pertanto, pur avendo superato nel 2008 la media europea, resta lontano dall’obiettivo del 22% al 2010, indicato per l’Italia dalla direttiva comunitaria 2001/77/CE6, e soprattutto si trova notevolmente indietro rispetto alle nazioni più “virtuose”, come l’Austria, i Paesi scandinavi e il Portogallo.

Incidenza percentuale della produzione lorda rinnovabile rispetto alla produzione lorda totale di energia elettrica nell’UE15 nel 2008 (elaboraz. su dati GSE, Statistiche sulle fonti rinnovabili in Italia, 2008).
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Sulla base dei dati desunti dal bilancio energetico nazionale del 2008, l’incidenza delle fonti rinnovabili sulla disponibilità totale in Italia scende poi addirittura all’8,9%.

Disponibilità di energia per fonte in Italia nel 2008 (elaboraz. su dati del Bilancio Energetico Nazionale 2008).
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Sempre secondo gli stessi dati, gli usi civili risultano altamente energivori: il consumo nel settore del residenziale e del terziario è infatti pari al 32,1% del bilancio energetico complessivo, e di tale aliquota, circa i due terzi sono dovuti alla climatizzazione. A ciò si aggiunga il fatto che in tali settori il 65,9% del fabbisogno è coperto dagli idrocarburi, cioè da fonti inquinanti.

 
Consumi di energia per settori di uso finale in Italia nel 2008 (elaboraz. su dati del Bilancio Energetico Nazionale 2008)
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Consumi di energia per usi finali nel settore civile in Italia (Risparmio ed efficienza energetica della casa, SICENEA 2007)
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Consumi di energia per fonte nel settore civile in Italia (elaboraz. su dati del Bilancio Energetico Nazionale 2008).
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Va inoltre osservato che, secondo stime ENEA del 2004, a fronte di un costo di costruzione che in termini energetici si aggira intorno a 5,5 Tep, in Italia un’abitazione da 90÷100 m2 richiede, per il solo riscaldamento, mediamente 1 Tep all’anno. Se a quelli del riscaldamento si aggiungono anche gli altri consumi di gestione (raffrescamento, usi elettrici obbligati, manutenzione, ristrutturazione, ecc.), si può concludere che in appena 3 anni un’abitazione brucia la stessa energia necessaria a realizzarla.

Consumi di energia elettrica per settori di uso finale in Italia nel 2008 (elaboraz. su dati del Bilancio Energetico Nazionale 2008).
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Consumi energetici per settore in Italia: dati storici e previsione (Scenario tendenziale dei consumi e del fabbisogno al 2020, Ministero Attività Produttive, 2005).
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Consumi energetici per usi civili in Italia: dati storici e previsione (Scenario tendenziale dei consumi e del fabbisogno al 2020, Ministero Attività Produttive, 2005).
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Intervenire sui consumi civili in termini di sostenibilità e di efficienza è quindi numericamente significativo, soprattutto in uno scenario di crescita continua del fabbisogno energetico.
A tal proposito infatti le stime al 2020, redatte dalla Commissione Europea sul risparmio potenziale dei consumi di energia, ammontano al 27% per gli edifici residenziali e al 30% per gli edifici commerciali. Occorre a questo punto sottolineare che, mentre nel settore commerciale le maggiori opportunità di risparmio sono offerte dal miglioramento dei sistemi di gestione dell’energia, per quello residenziale il problema cruciale è dato dalla scelta di una corretta soluzione
dell’involucro edilizio.

Risparmi potenziali nei settori di uso finale per i paesi UE (Piano d’azione per l’efficienza energetica (2006).
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Proprio in quest’ottica, nel seguito vengono presi in esame i benefici, in termini di risparmio energetico  di comfort termico, che derivano dall’impiego di chiusure verticali massive in laterizio, le quali, come si vedrà, risultano particolarmente vantaggiose nel clima mediterraneo.

Murature massive e comfort sostenibile
Come è si è visto, il consumo di energia per usi civili è in costante aumento. Questo aumento è dovuto in larga parte alla crescente domanda di raffrescamento estivo che, secondo gli studi EECCAC11, si quadruplicherà tra il 1990 e il 2020.

Previsione della domanda di energia da condizionamento estivo nell’UE15 (elaboraz. su dati EECCAC, 2003).
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Ciò vale a maggior ragione per un Paese dal clima mite come l’Italia, nel quale già nel 2004 la domanda di picco estivo di energia elettrica ha eguagliato quella invernale e ha poi continuato a crescere, causando problemi di carico massimo (fino al black-out), nonché aumenti dei costi e squilibri del bilancio energetico.

Evoluzione storica (1990-2004) della domanda di picco invernale ed estiva di energia elettrica in Italia (Scenario tendenziale dei consumi e del fabbisogno al 2020, Ministero Attività Produttive, 2005).
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Questo trend è stato generato soprattutto dall’impennata negli acquisti di condizionatori estivi da parte degli utenti del settore residenziale e terziario, i quali normalmente non conoscono alternative sostenibili ed efficaci ai dispositivi di raffrescamento attivo e vengono fortemente attratti dai loro bassi costi d’impianto.
Di conseguenza nelle città più calde, come ad esempio Palermo e Catania, in alcuni casi non rari, cioè per edifici molto svetrati, i consumi estivi oggi possono risultare anche 6 volte maggiori rispetto a quelli invernali 

Distribuzione del mercato dei condizionatori estivi nei paesi UE nel 1998: Italia e Spagna coprono oggi circa il 50% della domanda (elaboraz. su dati EECCAC, 2003).
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Per far fronte a questa situazione, peraltro comune a numerosi Paesi del bacino del Mediterraneo, la Comunità europea ha avviato nel 2005 il progetto “Keep Cool”, con l’obiettivo di illustrare le caratteristiche e i vantaggi dei sistemi di raffrescamento sostenibili, di promuovere adeguamenti normativi, di incoraggiare incentivi economici per edifici che si dotino di impianti di condizionamento passivo, nonché di studiare nuove soluzioni per il raggiungimento del cosiddetto “sustainable summer comfort”.
Secondo tale progetto, l’utilizzo di involucri edilizi massivi, o meglio “capacitivi”, cioè costituiti da materiali ad elevata capacità termica, consente nei climi mediterranei, specie se caratterizzati da un’ampia escursione termica giornaliera (circa 15 °C) e quindi da una ventilazione notturna efficace, di ridurre il carico termico da raffrescamento estivo del 10-40% rispetto al caso di involucri leggeri, a parità di prestazioni isolanti.
Non a caso l’architettura vernacolare dell’area mediterranea ha da sempre privilegiato edifici con murature di grosso spessore, le quali, unitamente a opportuni sistemi di schermatura solare e di ventilazione naturale, nonché ad un oculato contenimento delle aperture, consentono di ottenere buoni livelli di comfort ambientale estivo, ovvero offrono una sensazione di freschezza naturale, qualitativamente migliore di quella prodotta da un impianto meccanico.
In realtà, i benefici che queste soluzioni vernacolari forniscono sono molteplici, sia in estate che, anche se in misura più ridotta, in inverno.
Innanzi tutto una parete capacitiva riesce a smorzare e sfasare il flusso della forzante esterna nelle ore più calde. Ciò significa che la quantità di calore che attraversa il muro, anzitutto viene ridotta d’intensità (smorzamento o attenuazione), e inoltre arriva nell’ambiente con un ritardo temporale di alcune ore (sfasamento o ritardo di fase, fFig. 15). Uno sfasamento ottimale si aggira intorno alle 12-16 ore: così infatti il flusso termico di picco (ad esempio alle ore 14:00) giunge all’interno nelle ore più fresche (ore 2:00-6:00) e meno frequentate (specie per gli edifici del terziario). In tale maniera si riduce l’escursione termica interna e si mantiene la temperatura di benessere.

Andamento delle temperature in funzione del tempo in regime dinamico: il rapporto “Ae/Ai” rappresenta lo smorzamento e “r” lo sfasamento.
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Peraltro gli involucri massivi migliorano il comfort ambientale non solo sotto l’effetto dei carichi esterni, ma anche di quelli interni. Infatti, nei momenti di maggiore affollamento ovvero qualora vengano aperte le schermature delle finestre o quando si metta in funzione una cucina, essi contengono i livelli termici delle superfici interne dell’abitazione, grazie alla capacità di assorbire calore.
Un ulteriore vantaggio scaturisce soprattutto laddove gli impianti funzionano ad intermittenza. Ciò avviene comunemente nei climi mediterranei (che, come si è detto, sono caratterizzati da notevoli escursioni termiche giornaliere) e può produrre degli sbalzi termici eccessivi tra i periodi di accensione e di spegnimento dei sistemi di climatizzazione estiva o invernale. Ma, anche in questo caso, la capacità di accumulo delle pareti consente di stabilizzare il valore della temperatura interna, svolgendo un’utile azione termoregolatrice o di “volano” termico.
Tale azione termoregolatrice interviene anche nei periodi di picco; infatti questi tipi di muro riescono a mantenere sul lato interno una temperatura superficiale (e quindi una temperatura piana radiante) più bassa in estate e più alta in inverno, rispetto a quella media del vano, ancora una volta a tutto vantaggio del comfort.
E’ opportuno precisare che il semplice ricorso ai muri massivi non è sufficiente a garantire il benessere ambientale nei climi caldi. Come già accennato, è necessario assicurare anche le seguenti condizioni:
• una limitazione delle aperture (che devono peraltro essere opportunamente schermate dall’esterno);
• un’adeguata ventilazione notturna (naturale e, ove necessario, forzata).
La prima condizione riesce, infatti, a ridurre notevolmente il guadagno solare diretto durante il giorno. La seconda consente invece di smaltire il calore che gl’involucri massivi hanno accumulato nel corso della giornata e che durante la notte tendono a trasmettere agli ambienti interni; in tal modo si ottiene il duplice beneficio di rinfrescare questi ambienti e di “scaricare” le pareti, che sono così pronte ad assorbire l’eventuale carico termico del giorno successivo.

Va tuttavia sottolineato che in inverno, nei climi mediterranei, gli involucri pesanti, per raggiungere una data temperatura, richiedono un maggiore apporto termico rispetto ai sistemi leggeri superisolati.
Tuttavia, come dimostrato da alcuni studi, nell’arco di un intero anno, le pareti ad elevata capacità termica risultano di solito più vantaggiose rispetto alle soluzioni leggere di pari trasmittanza stazionaria U26, anche in termini di fabbisogno energetico complessivo.
In Italia, la normativa vigente (D.Lgs. 192/2005 e 311/2006) tiene conto dell’esigenza di un involucro pesante e, oltre a specificare precisi limiti per la trasmittanza termica stazionaria U, ha imposto che le pareti esterne delle regioni più soleggiate abbiano una massa superficiale Ms di almeno 230 kg/m2. Non solo, diversi regolamenti comunali e regionali, a seguito dell’entrata in vigore della suddetta normativa, prevedono di scomputare per le chiusure verticali ed orizzontali gli “extraspessori” legati al risparmio energetico, i quali non rientrano pertanto nel calcolo delle cubature, incoraggiando così l’adozione di sistemi ad elevata capacità termica.
Tuttavia i limiti previsti per U e Ms non sempre risultano sufficienti a garantire un adeguato comfort, soprattutto nelle estati calde. Tali limiti prescindono infatti dalle modalità di stratificazione delle chiusure verticali, che oggi sono generalmente costituite dalla giustapposizione di più materiali: coibente termico, laterizi forati, laterizi pieni, materiali lapidei, finiture, ecc.; occorre, pertanto, considerare che, non solo la natura, ma anche la successione degli strati risulta rilevante ai fini del benessere ambientale.

Infatti, ad esempio, un vano delimitato da pareti multistrato con isolante posto all’interno e massa all’esterno, pur rispettando le prescrizioni di legge, non appena si aumentino gli apporti di calore (apertura degli infissi in ore molto calde, affollamento, ecc.), in estate rischia di surriscaldarsi come un thermos, facendo registrare sensibili incrementi anche della temperatura piana radiante delle superfici interne. Più efficace sarà invece il comportamento della stessa parete, se la massa sarà disposta all’interno e lo strato coibente a metà o all’esterno. In tal caso, infatti, l’involucro tenderà ad avere un comportamento analogo a quello di una muratura massiva.
Non a caso il recente D.P.R. 59/2009 introduce, in alternativa al limite di 230 kg/m2 fissato per la Ms, un limite per la trasmittanza termica periodica YIE, che, per le chiusure verticali opache, dev’essere inferiore a 0,12 W/m2K31; dove per trasmittanza termica periodica s’intende il parametro che valuta la capacità di una parete opaca di sfasare ed attenuare il flusso termico che l’attraversa nell’arco delle 24 ore32, cioè quella prestazione che, come si è visto, costituisce una
prerogativa soprattutto delle murature massive.
Tuttavia il correttivo proposto in alternativa in tale decreto, pur migliorando generalmente le prestazioni termiche in regime dinamico, cioè per fluttuazioni sensibili della temperatura, non è esente da osservazioni. Infatti è possibile ottenere valori di YIE<0,12 W/m2K non solo con pareti di elevata massa ad adeguata U, ma anche con involucri leggeri superisolati, i quali, come si è detto, se da un lato consentono di ridurre notevolmente i carichi esterni (con conseguente risparmio energetico), dall’altro, in presenza di carichi interni o nei casi di un uso intermittente degli impianti, possono risultare meno vantaggiosi in termini di comfort abitativo, poiché viene meno l’effetto termoregolatore della massa.
Da queste considerazioni emerge che, in clima mediterraneo, le soluzioni d’involucro più performanti sono quelle monostrato in laterizio. Peraltro esse, in seguito alle possibilità di scomputo degli “extraspessori” e alla larga diffusione di blocchi con spiccate proprietà isolanti (laterizi alveolati o porizzati), tendono ormai a sostituire quelle multistrato con pannelli coibenti, fino a poco tempo fa indispensabili per contenere lo spessore dell’involucro (e quindi la cubatura dell’edificio) e garantire, nel contempo, un’adeguata trasmittanza termica stazionaria.
Infine, va sottolineato che, a prescindere dalle considerazioni energetiche e di comfort termico, gli involucri massivi monostrato in laterizio presentano, rispetto a quelli leggeri e/o multistrato, migliori prestazioni anche in termini di durabilità e risultano quindi particolarmente adatti alla realizzazione di edifici con una vita media attesa di almeno 100 anni.

MURATURE MASSIVE E COMFORT SOSTENIBILE IN CLIMA MEDITERRANEO 
di Giuseppe Margani – Dipartimento di Architettura ed Urbanistica, Università degli Studi di Catania

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