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Indice: Le conseguenze della crisi idrica Cosa dobbiamo aspettarci? Il progetto di rinaturazione del Po proposto da WWF e ANEPLA La comunità scientifica, da ormai molti anni, non fa che lanciare allarmi e avvertimenti, ma sembra che questo non abbia preoccupato abbastanza i governi da spingerli a innescare un reale cambiamento di rotta, abbandonando vecchie e dannose abitudini. Tra le “cattive abitudini” spicca certamente in questo periodo l’utilizzo del gas che, non solo continua a danneggiare l’ambiente con le sue emissioni climalteranti, ma ci impedisce di essere un paese indipendente dal punto di vista energetico, con tutte le conseguenze del caso. Se ci fossimo mossi fin da subito, adottando soluzioni alternative e sostenibili, adesso non dovemmo fare i conti con il letto asciutto del Po, quinto fiume europeo (esclusa la Russia) per portata media e corso d’acqua più lungo d’Italia, nonché con il bacino idrografico più esteso e con la massima portata alla foce. (Fonte Wikipedia) L’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po ha lanciato un chiaro allarme: Il Po è asciutto come nel mese di Agosto e la sua portata è ridotta del 45% rispetto alla media di questo periodo. Perché succede questo? A causa delle temperature più alte, delle forti raffiche di vento che nell’ultimo periodo si sono intensificate, anch’esse dovute ai cambiamenti climatici, e all’assenza di precipitazioni di rilievo come pioggia e neve. Le conseguenze della crisi idrica La preoccupazione maggiore è sul fronte agricolo dal momento che siamo all’inizio della stagione delle irrigazioni e se la situazione continua ad essere questa non ci sarà abbastanza acqua a disposizione per far crescere le coltivazioni. Secondo Coldiretti la siccità del Po minaccia oltre un terzo della produzione agricola nazionale, con conseguenze devastanti per il grano che rischia di diventare un bene estremamente costoso. L’Italia, infatti, importa gran parte del grano dall’Ucraina e l’attuale conflitto in atto sul territorio ha causato un’impennata dei prezzi relativi a questo bene. Il rischio che gran parte della semina locale non possa essere irrigata non fa che buttare benzina sul fuoco. Il Po, infatti, fornisce ogni anno 20 miliardi di metri cubi di acqua per alimentare i settori di agricoltura e industria e non poter soddisfare i fabbisogni idrici dell’area padana vuol dire mettere a rischio il 40% del Pil generato dall’agricoltura e il 55% del Pil dovuto all’attività delle centrali idroelettriche, che non possono funzionare senza l’acqua necessaria per azionare le turbine. Desta preoccupazione anche il rischio legato alla perdita di biodiversità e la possibile rottura degli equilibri ambientali, dovuto alla risalita dell’acqua del mare che, in Piemonte, si sta insinuando per chilometri nel bacino fluviale verso l’entroterra e le terre coltivate. Cosa dobbiamo aspettarci? Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po-Ministero della Transizione Ecologica, dopo un sopralluogo al Ponte della Becca nel Pavese, dove il Po si attesta a -2,90 metri sotto lo zero idrometrico, ha dichiarato: “Ora, sperando in piogge che possano arrivare a colmare il gap esistente, serve mettere in campo tutte le strategie possibili per riuscire a contrastare la carenza prolungata di risorsa idrica, una risorsa indispensabile per i territori, gli equilibri ambientali, l’economia agroalimentare, la biodiversità“. La secca del Po innesca una reazione a catena preoccupante, nonostante le riserve nevose dell’arco alpino, andando a colpire tutti gli affluenti appenninici con un decremento importante degli afflussi ai laghi. Allo stesso tempo, le temperature delle ultime settimane generano un aumento delle richieste di prelievo. Le previsioni metereologiche per la prima settimana di aprile non annunciano nulla di buono: precipitazioni sotto la media e temperature più alte rispetto ai valori di riferimento su tutta la pianura e più fredde nelle zone montane. L’Osservatorio sulle crisi idriche si riunirà nuovamente il prossimo 17 marzo per fare un punto dopo due perturbazioni attese, come annunciato dal segretario generale di ADBPo-MiTE Meuccio Berselli, “per comprendere quale tipo di soluzione concertata tra territori si potrà individuare per affrontare in modo resiliente la stagione.” Il progetto di rinaturazione del Po proposto da WWF e ANEPLA Alla luce di questa drammatica situazione risulta fondamentale attuare il rinaturazione del Po proposto da WWF e ANEPLA al Ministro della transizione ecologica e inserito nel PNRR. Lo stesso premier Draghi, ha recentemente sostenuto che l’intervento, al quale sono destinati 360 milioni, è necessario per “riattivare i processi naturali e favorire il recupero della biodiversità in tutta l’area del Po, lungo tutto il suo corso”. Ma di cosa si tratta? Il progetto prevede il ripristino fluviale in Italia e promuove una gestione dei fiumi nuova e coerente con le direttive europee e la Strategia Europea della Biodiversità per il 2030. Ciò che preoccupa il WWF è la mancanza, ad oggi, di un’adeguata informazione sullo stato e sull’evoluzione di tale progetto e di un coinvolgimento dei Comuni interessati dagli interventi che prevedono: riapertura dei rami laterali del fiume, abbassamento dei pennelli idraulici, riforestazione e controllo della vegetazione invasiva alloctona. Le conseguenze potrebbero tradursi in una mancanza di integrazione con le politiche locali e soprattutto in uno scollamento con il territorio e con i processi partecipativi in corso nell’ambito dei MAB. E’, quindi, necessario garantire un immediato coinvolgimento delle amministrazioni comunali e di tutti gli stakeholders interessati e l’istituzione e coinvolgimento di un Comitato scientifico per quanto riguarda la valutazione della proposta di programma d’azione. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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