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A cura di: Tommaso Tetro Indice degli argomenti: Green economy in Italia: efficienza energetica e fonti rinnovabili Economia circolare: le risorse del PNRR L’Italia è una “superpotenza europea nell’economia circolare“. Il quadro delineato dal nuovo rapporto GreenItaly – messo a punto dalla Fondazione Symbola insieme con Unioncamere – è chiaro: riusciamo a fare meglio di altri Paesi nella filiera del riciclo dei materiali. Sul punto arriva il bollino del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: “Siamo ‘best in class’. Ora dobbiamo trasformare questa nostra capacità, che arriva da lontano perché fissata nella tradizione popolare, in un modello di sviluppo”. Le strategie imprenditoriali che puntano sulla sostenibilità e guardano all’economia circolare sono premianti: il Rapporto mostra che chi è green è più resiliente. Il 14% delle aziende che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità, è riuscito ad aumentare nel 2021 il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green. Le imprese che hanno investito sulla green economy hanno inoltre evidenziato un vantaggio competitivo in termini occupazionali, nonostante l’anno nero della pandemia e le nuove assunzioni sono sempre “verdi” e le figure ricercate sono sempre più qualificate. Cosa motiva le loro migliori performance? Lo stesso report lo spiega così: “Queste imprese hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano, innovano di più e producono più posti di lavoro: con specifico riferimento alle imprese manifatturiere (5–499 addetti), nelle eco-investitrici la quota di esportatrici è pari al 31% nel 2021, contro un più ridotto 20% di quelle che non hanno investito“. Dall’indagine emerge chiaramente che green e digitale insieme rafforzano la capacità competitiva delle nostre aziende. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2021 hanno visto un incremento di fatturato. Il covid non ha fermato gli investimenti green perché gli imprenditori sono sempre più consapevoli dei vantaggi competitivi legati alla transizione ecologica, ma sono ancora troppe le aziende, spiega il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che percepiscono la transizione come vincolo più che come opportunità. “E’ necessario intervenire con corsi di formazione, sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile; sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali; sulle norme e sulla fiscalità”. Green economy in Italia: efficienza energetica e fonti rinnovabili Il nostro Paese – viene spiegato nel documento – è “leader nell’economia circolare; ha la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: il 79,4%, il doppio rispetto alla media europea con un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni”. Inoltre nel 2020 in Italia il 37% dei consumi elettrici è stato soddisfatto da fonti rinnovabili con una produzione di circa 116 Terawattora (Twh). Guardando al fronte produttivo, sono 441mila le imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investito sulla green economy e sulla sostenibilità. E, nel 2020 sono stati 3,1 milioni i green jobs, pari al 13,7% degli occupati. Ma siamo ancora troppo lontani dai target di neutralità climatica previsti per il 2030 In questo modo – rileva il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci – viene fuori il meglio dell’Italia, “protagonista alla Cop26 di Glasgow: un’Italia che fa della transizione verde un’opportunità per innovare e rendersi più capace di affrontare il futuro e coinvolge già oggi da un terzo delle nostre imprese. Siamo una superpotenza europea dell’economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro”. In questa Italia che può farcela, e che non si spaventa delle sfide che ha davanti, Cingolani ritrova il “messaggio fondamentale” che intende portare “a Mario Draghi. Siamo ‘best in class’ nella circolarità. Anche grazie a quanto abbiamo nella nostra storia: la tradizione popolare di parsimonia, la sobrietà, e la volontà di recuperare”. Tutti elementi che nel ragionamento del ministro devono ora trasformarsi grazie alla “tecnologia in un modello di sviluppo”. Una chiave di lettura che si sposta inevitabilmente sulla ricerca e la formazione: dobbiamo “smettere di parlare ricerca fondamentale e ricerca applicata. Esiste solo una ricerca, quella buona”. E infatti uno degli aspetti positivi è la crescita dei lavori verdi, anche se “abbiamo un problema serio di formazione. La transizione ecologica nelle scuole – conclude Cingolani – deve diventare una materia fondamentale e questo si fa con una partnership pubblico- privata”. Economia circolare: le risorse del PNRR E in base a un’analisi dedicata sul Pnrr – che destina 2,1 miliardi di euro al ciclo dei rifiuti e in particolare all’economia circolare – il think tank ‘Was’ mette in guardia chiedendo di porre “attenzione alle distorsioni di mercato”. Questo, perché con 2,1 miliardi di fondi del Pnrr a disposizione per rifiuti e economia circolare “si dovrà prestare attenzione che non generino distorsioni nel mercato, per esempio, influenzando negativamente le attività a libero mercato”. L’analisi di Was si sofferma sulle “opportunità che il Pnrr può offrire al settore” e fornisce “un quadro più ampio” mettendo anche in rapporto “le caratteristiche del Piano italiano con quelle dei piani di Francia e Spagna”. Differenze – si fa presente – che sono “molteplici. L’Italia è la nazione che intende allocare la quota più alta di risorse al settore del waste management probabilmente anche per la presenza di aree ancora piuttosto arretrate rispetto alla media europea”. Il Piano italiano considera “fin da subito sia i sussidi a fondo perduto che i prestiti da parte dell’Ue, rispettivamente pari a 68,9 miliardi di euro e a 122,6 miliardi di euro, mentre Francia e Spagna (ma anche Germania) al momento non intendono ricorrere ai secondi”. Intanto arriva anche il pacchetto di decreti del ministero della Transizione ecologica sull’economia circolare dedicati a impianti, gestione, progetti, e efficienza. I decreti prevedono investimenti per 2,6 miliardi; 1,5 miliardi per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e per l’ammodernamento di quelli esistenti destinati a Comuni ed enti d’ambito, altri 600 milioni per la realizzazione di progetti faro di economia circolare per rafforzare e implementare le filiere industriali strategiche e sopperire alla scarsità di materie prime il cui consumo avviene per il 65% proprio nelle città. E il decreto sull’approvazione del piano operativo per il sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione stanzia 500 milioni per dotare l’Italia di strumenti tecnologicamente avanzati a difesa del territorio e delle infrastrutture. Articolo aggiornato Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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