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Le istituzioni sembrano prendere atto della transizione energetica riconoscendo il ruolo degli energy citizens: le stime dicono che nel 2050 2 italiani su 5 contribuiranno alla produzione di energia Partiamo da una definizione data da Greenpeace nel 2016. Per energy citizens si intendono gli individui o le famiglie che producono energia o gestiscono in maniera flessibile, individuale o collettiva, la propria domanda di energia. Una definizione valida anche per enti pubblici come città e edifici comunali, scuole, ospedali o edifici di proprietà del governo, così come le piccole e medie imprese e i centri commerciali. In questo contesto è lecito parlare di Comunità Energetiche ovvero gruppi di energy citizens che si organizzano autonomamente per ottenere elettricità e calore da fonti rinnovabili disponibili localmente. Una scelta per l’indipendenza energetica che garantisce rispetto per l’ambiente e stabilità dei costi nel medio periodo. La novità è che il concetto di Comunità Energetiche è entrato per la prima volta nel vocabolario di un documento istituzionale italiano: stiamo parlando della presentazione della Strategia Energetica Nazionale fatta dal Ministro per lo Sviluppo Economico Calenda al Parlamento. Possiamo dire che finalmente anche le istituzioni si sono accorte che la rivoluzione nel settore dell’energia è iniziata come già anche il cosiddetto Decreto Isole Minori riconosce in maniera netta destinando incentivi per l’indipendenza energetica delle isole italiane non connesse alla rete elettrica nazionale. Il tutto sotto una importante spinta della Commissione Europea che a fine 2016 ha pubblicato il Pacchetto Invernale per l’Energia ed il Clima dove le Comunità Energetiche rappresentano uno dei capisaldi del futuro energetico comunitario. Sempre Greenpeace nel 2016 ha stimato il potenziale di crescita degli energy citizens. Si prevede che nel 2050 2 italiani su 5 contribuiranno alla produzione di energia. Si potrebbe arrivare così, entro questo anno, a produrre il 34% del totale dell’elettricità grazie alle fonti rinnovabili distribuite. In particolare il 25% degli energy citizens saranno piccole e medie imprese, mentre il contributo più importante arriverà dagli impianti domestici e dalle cooperative, entrambe con un impatto del 37 per cento. Il restante 1 per cento sarà legato agli enti pubblici. Perché ciò si avveri però c’è la necessità che sia in vigore un corretto sistema legislativo che incoraggi tale crescita. Ed è qui che ITALIA SOLARE vuole intervenire con tutte le risorse a disposizione. Quali sono quindi i prossimi passi? Ci sono tre fronti che ci vedono impegnati: Far si che la Strategia Energetica Nazionale, in consultazione pubblica a breve, diventi realmente uno strumento di pianificazione strategica che guardi al futuro (2050) in un’ottica di fuoriuscita dalle fonti fossili e quindi di indipendenza energetica; Lavorare con l’Autorità per l’Energia affinché gli incentivi previsti dal Decreto Isole Minori siano in linea con le aspettative del settore; Lavorare con la Commissione Europea e Solar Power Europe per far approvare obiettivi vincolanti nella nuova Direttiva Europea per l’Energia e il Clima che sarà pubblicata entro la fine del 2017. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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