Piero Pelizzaro, Chief Resilience Officer della Direzione di Progetto Città Resilienti, illustra il lavoro svolto a Milano e si auspica uno sviluppo in Italia a cura di Andrea Ballocchi Indice degli argomenti: Da dove parte l’esperienza della Direzione di Progetto Città Resilienti? Se dovessimo dare una definizione di città resiliente, quale sarebbe la più pertinente? L’edilizia come deve essere concepita per essere resiliente? Milano affronta con attenzione il tema dei cambiamenti climatici? Milano è l’unica città in Italia che ha una direzione dedicata alla resilienza. Si tratta della Direzione di Progetto Città Resilienti che, oltre a essere presente nella struttura comunale, si inserisce anche in un più ampio network: 100 Resilient Cities, promosso dalla Rockefeller Foundation per rafforzare la “resilienza” delle città che vi aderiscono. Oggi nel mondo sono state invitate e hanno aderito 89 città. La realtà milanese conta su Piero Pelizzaro quale direttore, anzi più precisamente Chief Resilience Officer. Vanta un curriculum di assoluto pregio, frutto di studi ed esperienza sul campo in Europa. Cosa significa essere il primo – e finora unico – Chief Resilience Officer in Italia? Significa operare in un quadro normativo e legislativo pressoché inesistente, a differenza di molti Paesi europei. Riferimenti di legge alla resilienza si trovano solo nel D. Lgs 1/2018 (Codice della protezione civile) in cui si fa riferimento alla promozione di comunità resilienti e un documento di Arera – Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente a proposito di resilienza delle reti di distribuzione dell’energia elettrica, che obbliga i gestori della rete elettrica a dotarsi di un piano per la resilienza per l’infrastruttura energetica sotto il profilo della tenuta alle sollecitazione derivanti da eventi meteorologici estremi. Da dove parte l’esperienza della Direzione di Progetto Città Resilienti? Come team della resilienza, abbiamo lavorato all’interno della Direzione Generale e poi siamo passati sotto l’egida della Direzione Urbanistica. Qui abbiamo contribuito alla definizione del Piano delle regole del nuovo PGT (Piano di Governo del Territorio), andando a definire e introdurre al suo interno un indice di Riduzione Impatto Climatico, raggiungibile attraverso la realizzazione, per esempio, di tetti verdi e pareti verdi e interventi di depavimentazione, soluzioni per ridurre fenomeni quali le isole di calore. La nostra direzione, tra l’altro, sta seguendo il programma del Fondo ForestaMI di forestazione urbana il cui obiettivo è piantumare tre milioni di alberi entro il 2030, così da migliorare la qualità dell’aria e ridurre la temperatura urbana, elevando nel contempo anche la qualità dello spazio pubblico. Negli ultimi quattro mesi, con l’assunzione da parte del sindaco delle deleghe dell’Assessorato alla transizione ambientale e la creazione di una Direzione dedicata, stiamo collaborando per definire le politiche ambientali, insieme ai colleghi che si occupano delle politiche relative all’energia e all’igiene ambientale e risorse idriche, lavorando a stretto contatto per mettere a punto il nuovo Piano Aria Clima della città di Milano che verrà approvato entro l’anno. Quali sono le difficoltà da affrontare quale Chief Resilience Officer? La prima è la mancanza di una normativa di riferimento che definisca competenze e obblighi specifici. La seconda è di carattere culturale: è complesso far comprendere cosa sia la resilienza e provare a definirla negli aspetti più pratici. Nella lingua italiana il termine riguarda un carattere ingegneristico e spesso viene confusa con resistenza. Invece va concepito come un termine capace di coniugare innovazione e recupero della memoria, di trovare risposte e approcci nuovi a un problema ormai consolidato qual è il cambiamento climatico. Il climate change non è esclusivamente legato allo scioglimento dei ghiacci o all’alterazione degli oceani, non si limita a un problema di carattere ambientale o energetico, ma impatta direttamente sulla vita delle persone anche dal punto di vista della produttività, della creazione di lavoro, nonché della salute. Se dovessimo dare una definizione di città resiliente, quale sarebbe la più pertinente? Resiliente è una città che riconosce la necessità di una transizione ambientale e che sa prodigarsi per la giustizia sociale. Questo significa che va garantita a tutti la possibilità di affrontare problemi complessi collegati al cambiamento climatico. Un esempio: a Copenhagen, l’amministrazione comunale decise di investire per rendere climaticamente resiliente un quartiere povero della città, inserendo soluzioni infrastrutturali, ambientali e tecnologiche molto elevate. Di fatto l’ha trasformato in un’area attrattiva a livello immobiliare, rialzandone il valore e rendendo insostenibile economicamente la possibilità di risiedervi ancora per gli abitanti originari. La metropoli milanese come si presenta a questo proposito? Un terzo della popolazione cittadina è costituita da nuclei monofamiliari: sono per lo più anziani, studenti, persone con meno possibilità economiche e capacità di rispondere a problemi ambientali come l’afa estiva. Su questo c’è da lavorare, guardando ai modelli virtuosi come Barcellona, che ha introdotto una commissione sulla inclusione sociale. L’edilizia come deve essere concepita per essere resiliente? Deve mutare il modo di concepire gli edifici residenziali, dalla progettazione alla scelta dei materiali edili più appropriati. Oggi deve prendere piede il concetto di edilizia off-site (pratica incentrata sulla prefabbricazione, in grado di ridurre il lavoro in cantiere per concentrarlo in fabbrica), riutilizzabile, circolare. Altro elemento importante è focalizzare l’idea costruttiva non tanto sul modello del Nord Europa quanto a quello dell’area Mediterranea, puntando su capacità non solo legate al risparmio energetico, ma anche al raffrescamento e alla ventilazione, in modo da affrontare meglio le isole di calore. L’edilizia deve quindi cambiare approccio, considerando una visione più in grado di affrontare gli eccessi del clima. Milano affronta con attenzione il tema dei cambiamenti climatici? Il fatto che il sindaco Sala abbia voluto assumere le deleghe su clima e ambiente è sinonimo di un forte interesse del primo cittadino e dell’amministrazione comunale sul tema. La creazione di un assessorato alla Transizione ambientale va nella direzione di una riorganizzazione funzionale per fornire risposte concrete anche in termini di resilienza. E poi va considerato l’elevato grado di edifici di qualità certificata, in grado di coniugare efficienza energetica e sostenibilità: Milano è la seconda città in Europa per edifici rispondenti allo standard LEED. Inoltre l’avvio del Fondo ForestaMI per la riforestazione urbana che raccoglierà risorse da aziende e cittadini dimostra attenzione e sensibilità. Il lavoro del team che ho coordino si inquadra in un lavoro complessivo che la città ha deciso di avviare. Milano si sta muovendo, quindi, pur nei comprensibili limiti, ma occorre considerare le varie sfaccettature di un disegno complesso: da una parte il forte aumento (+40%) dei cittadini che hanno deciso di sottoscrivere un abbonamento annuale ai trasporti pubblici; dall’altra il sensibile aumento (50mila solo nel 2019) di nuovi residenti. Quali saranno i prossimi passi della Direzione di Progetto Città Resilienti? L’approvazione della strategia di resilienza, che è in fase di valutazione da parte del sindaco. Dopo la riconferma fino a fine mandato, la sfida futura della Direzione sarà di essere contemplata anche nel prossimo mandato. Infine, spero proprio che anche in altre città italiane possa essere avviato un team di questo genere così da diffondere le buone pratiche e arrivare alla costituzione di una “Direzione Città Resilienti” in ogni città. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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