Rice House: alimentare l’economia circolare con la paglia di riso

Nell’ambito di un incontro virtuale organizzato dall’università di Pavia l’Architetto Tiziana Monterisi ha spiegato i principi che governano Rice House, start up nata dalla ricerca di soluzioni sostenibili e alternative per l’architettura odierna sperimentando l’utilizzo della paglia di riso.

Paglia di risoIndice:

A partire dalla concezione di casa come terza pelle l’Arch. Monterisi ha spiegato l’importanza di realizzare edifici che siano in grado di proteggere l’uomo sia dall’ambiente esterno che dalle sfavorevoli condizioni spesso generate all’interno dell’involucro edilizio a causa dell’impiego di materiali da costruzione dannosi.

Questo è fondamentale se si pensa che la maggior parte delle persone trascorre mediamente il 98% della giornata all’interno di edifici, siano essi scuole, casa, ufficio ecc.

Il settore dell’edilizia degli ultimi 50 anni è stato largamente interessato dalla realizzazione di edifici energivori e disattenti alle esigenze dell’uomo al punto da risultare spesso dannosi a causa dell’impiego di materiali artificiali.

Questo atteggiamento ha dato luogo a quella che si identifica come “sindrome dell’edificio malato”, caratterizzato da un 40% di materiali che rendono insalubre l’aria interna.

Questo modo di lavorare oggi non è più concepibile.

In un’epoca in cui si combatte costantemente con le problematiche generate dall’inquinamento e con la crisi del cambiamento climatico è necessario porre l’architettura sotto un’ottica rinnovata, basata sull’impiego di materiali ecocompatibili e riutilizzabili a fine vita e sull’impiego di soluzioni energeticamente efficienti.

Economia circolare della filiera del riso

Rice House rappresenta un esempio concreto di economia circolare, sviluppando una linea di prodotti dedicati al settore dell’edilizia a partire dal riciclo degli scarti da lavorazione agricola.

Lavorare in termini di economia circolare vuol dire partire da un materiale per ritornare allo stesso alla fine del suo ciclo di vita, e chi meglio può assolvere a un compito del genere se non materie prime totalmente naturali?

L’impiego di materiali naturali per alimentare questo ciclo è fondamentale non solo per il rispetto dell’ambiente ma anche per garantire la salubrità dell’aria all’interno degli edifici.Ciclo della paglia di riso impiegata in ediliziaL’Arch. Monterisi ha studiato le modalità con cui poter sfruttare la coltivazione del riso utilizzandone gli scarti che fungono da materia prima per la realizzazione di prodotti dedicati all’architettura.

Il ciclo che parte dai campi per alimentare la filiera della produzione alimentare prosegue, quindi, per fornire soluzioni sostenibili per l’edilizia e termina con l’introduzione dei materiali in un biodigestore a fine vita affinché possano essere riutilizzati per nutrire il terreno, ritornando al loro luogo di origine.

Il risultato è quello di una filiera che riesce a soddisfare esigenze alimentari e architettoniche senza generare rifiuti speciali.

Rice House lavora sulla salute e sul benessere riducendo, in questo modo, la sindrome da edificio malato e generando un impatto positivo sulla crescita economica e sullo sviluppo del territorio.

Le opportunità offerte dalla paglia di riso in Italia

La coltivazione del riso può diventare un’opportunità preziosa per il mondo dell’edilizia, soprattutto nelle zone della Pianura Padana dove la sua produzione è pari al 92% della produzione a livello nazionale e al 50% se rapportata al resto dell’Europa.

Basti pensare che ogni risaia della nostra pianura produce circa 7 tonnellate di nutrimento da cui si generano 10 tonnellate di scarti contenenti materiali reimpiegabili in edilizia quali paglia, argilla, lolla, ceneri, amido ecc.Opportunità offerte dalla coltivazione del risoCiò che rende ancora più prezioso per l’edilizia questo alimento è il suo ciclo produttivo che ne permette la raccolta ogni anno, il che si traduce con un’ampia e costante disponibilità di materia prima.

La coltivazione di riso in Italia interessa circa 230 mila ettari e da ogni ettaro si originano circa 150 balle di paglia. Questo vuol dire che in un anno le balle estrapolate sono pari a 57 milioni.

L’Arch. Monterisi ha spiegato che ogni mq di costruito implica l’utilizzo di due balle e se si ipotizza di lavorare su edifici di 100 mq è facile concludere il numero di fabbricati coinvolti ammonterebbe a 115 mila, il che porterebbe ad avere un impatto estremamente positivo sulla salute dell’ambiente e delle persone.

Ma la cosa ancora più sorprendente è che tutto questo può avvenire senza togliere ettari all’agricoltura destinata alla produzione alimentare!

Intraprendere una strada del genere su larga scala vorrebbe dire, inoltre, alimentare nuove economie e quindi generare nuovi posti di lavoro mentre si preserva la biodiversità.

Produzione dalle balle di paglia dei prodotti per edilizia

La produzione messa a punto dall’Arch. Monterisi a partire dall’utilizzo degli scarti della lavorazione del riso ha portato alla realizzazione di due sistemi principali: uno basato sull’impiego di soluzioni in umido, che implicano quindi l’aggiunta di acqua in cantiere, e uno basato sulla realizzazione di pannelli da assemblare a secco.

Tipologia completamente in umido

La tipologia in umido si ottiene miscelando lo scarto con legante a base calce o argilla per realizzare intonaci di fondo o di finitura, massetti alleggeriti, pitture e tutto ciò che viene posato con aggiunta di acqua in cantiere, purché questa aggiunta sia minima e il materiale possa essere riutilizzato totalmente a fine vita.

Soluzione di pannelli a secco

L’impiego di soluzioni a secco rende il cantiere più veloce permettendo di prefabbricare parti dell’edificio fuori opera e assemblarle successivamente in cantiere. La necessità di lavorare su pannelli ha rappresentato, quindi, uno stimolo e ha permesso di sostituire il cartongesso, materiale che a fine vita si trasforma in un rifiuto speciale e quindi non è riutilizzabile.

Caratteristiche dell’edificio realizzato con materiali naturali

L’applicazione di prodotti naturali, a partire da quelli che formano l’involucro, permette di raggiungere valori di trasmittanza termica tali da rendere l’edificio passivo.

Una balletta intonacata dentro e fuori, ad esempio, permette di raggiungere valori di trasmittanza pari a 0,09 W/mqK, andando oltre ciò che richiede la normativa.

La realizzazione di un involucro ad alto potere isolante deve accompagnarsi, tuttavia, all’impiego di soluzioni efficienti per la produzione di energia elettrica e ACS, nonché alla dotazione di soluzioni per il corretto smaltimento delle acque nere.

Se fino a qualche anno fa si riscontravano difficoltà nel reperire materiali naturali e convincere le committenze ad attuare un cambio di rotta, oggi il mondo dell’edilizia sembra essersi avvicinato a questa visione, ma il lavoro da fare è ancora molto.

Poter ristrutturare attraverso cappotti in paglia di riso il patrimonio esistente ridurrebbe del 75% l’energia consumata rispetto a quello che si potrebbe ottenere dalla realizzazione di edifici nuovi, con l’aggiunta di alti benefici in termini di risparmio economico.

Ristrutturazioni di edifici realizzati a partire dalla paglia di riso

Attraverso la ristrutturazione e la riqualificazione energetica con cappotto in paglia di riso è possibile passare in classe A++++ rendendo l’edificio passivo.

Nonostante questa operazione non sia comunque semplice per gli edifici storici è possibile ottenere buoni risultati utilizzando termointonaci ad alte prestazioni.

Abitazione bifamigliare a Mornago (VA)

La ristrutturazione realizzata tra il 2015 e il 2016 ha riguardato una classica villetta degli anni 70 ubicata in zona climatica E e categorizzata in classe di efficienza energetica G.

L’impiego di soluzioni sostenibili, tra cui la realizzazione del cappotto e l’installazione di un sistema fotovoltaico, ha permesso di abbassare l’originario fabbisogno energetico da 250 Kwh/mq a 9 Kwh/mq.Villetta prima dell'interventoIl progetto di ristrutturazione ha richiesto l’impiego materiali naturali quali paglia, argilla, lolla e vetro cellulare ottenuto dal riciclo del vetro delle bottiglie.

Per garantire il massimo apporto passivo e ridurre al minimo il fabbisogno energetico sono state ricavate nuove aperture vetrate in facciata, con affaccio sul lato sud, dotate di elementi frangisole per regolare l’entrata di luce solare nelle diverse stagioni.

Questi elementi permettono, infatti, di schermare la casa dal calore estivo e agevolare l’entrata della luce in inverno, tenendo sotto controllo il clima interno e rendendo superflua la dotazione di sistemi di riscaldamento invernale e condizionamento estivo.Realizzazione dell'involucroL’applicazione del cappotto isolante di 36 cm è avvenuta in seguito alla rimozione dell’intonaco esistente. Il cappotto di paglia, fissato mediante l’impiego di piccoli telai, è stato successivamente intonacato con uno strato di 3,5 cm di termointonaco a base calce, eliminando i ponti termici residui, mentre il foamglas ha permesso di completare l’attacco a terra isolando l’edifico dalla risalita del gas radon e dell’umidità.

Anche gli interni sono stati trattati esclusivamente con materiali naturali per non dare origine all’inquinamento solitamente generato dall’impiego di materiali sintetici.Scorci delle facciate post interventoL’intervento ha permesso di ottenere una trasmittanza di 0,10 W/mqK e uno sfasamento di 26 ore, rendendo superflui sistemi di raffrescamento in quanto la parete che accumula calore in giornata non ha tempo di restituirlo all’interno dell’ambiente.Risultato finaleUn risultato fondamentale che non si sarebbe potuto ottenere impiegando materiali sintetici caratterizzati da sfasamenti molto bassi (l’EPS per esempio ha uno sfasamento di sole 4 ore).

Casa unifamiliare Moneglia (GE)

La ristrutturazione di questa casa in pietra di fine ‘800 ha permesso di raggiungere un fabbisogno di 28 kwh/mq prevedendo, in questo caso, l’utilizzo di un cappotto di paglia non più di 36 cm ma di 20 cm, in quanto l’edificio si trova in zona climatica D.Situazione inizialeL’assoggettamento della casa a vincolo paesaggistico ha reso impossibile la realizzazione di aperture in facciata limitando l’intervento alla realizzazione di un cappotto sia in copertura che lungo il perimetro.

La parete, inizialmente caratterizzata da uno spessore di 50 cm in pietra di lavagna, è stata, quindi, avvolta da un cappotto in paglia di 20 cm e da uno strato di intonaco di 4 cm, rendendo superflua l’installazione di sistemi di riscaldamento invernare e condizionamento estivo.Realizzazione del cappotto in paglia di risoL’estrema attenzione alla salubrità dell’aria interna è testimoniata dall’impiego di intonaci in argilla e legni di rovere trattati con olio di lino, facendo attenzione anche ai tessuti realizzati in materiali naturali quali la fibra di lino.

Per garantire omogeneità anche i serramenti lavorano alla stessa trasmittanza dell’involucro e vengono installati senza creare ponti termici.Confronto pre e post interventoAnche in questo caso è stato installato un sistema fotovoltaico per rendere pulita la produzione di energia.

Il risultato è una trasmittanza di 0,13 W/mqK e 23 ore di sfasamento.

Nuove costruzioni realizzate con paglia di riso

Abitazione privata a Chamois (AO)

L’abitazione privata ubicata in zona climatica F e originariamente realizzata in pietra e legno, risultava sottoposta a diversi vincoli paesaggistici che hanno ostacolato la possibilità di attuare una ristrutturazione.Edificio originario in pietraQueste condizioni hanno portato a prediligere la demolizione dell’intero edificio con recupero delle pietre originarie, riutilizzate per rivestire la facciata ventilata e formare il muretto che delimita la proprietà. In questo modo è stato possibile armonizzare l’edificio con le abitazioni circostanti realizzate mediante assemblaggio a secco dei blocchi di pietra.Trasporto e montaggio dei nuovi materialiPer la ricostruzione dell’edificio è stata impiegata una struttura prefabbricata con telaio portante chiuso da due assiti di tavolato e riempito con 36 cm di paglia.

Il collegamento tra un telaio e l’altro è avvenuto nastrando internamente l’attacco e schiumando dall’esterno. Successivamente è stata disposta una contro parete interna per il passaggio degli impianti rifinita con intonaco a base di argilla.

Nonostante l’edificio sia privo di impianto di climatizzazione il suo orientamento a sud, che garantisce l’apporto passivo, permette di mantenere una temperatura invernale tra i 18 e i 20 gradi ed estiva tra i 23 e i 25 gradi.Vista degli interni rivestiti in legnoPer le pareti interne sono stati utilizzati un intonaco ad argilla e rivestimenti in legno di rovere trattato a olio di lino, legno usato anche per le porte e la scala, mentre le parti lignee dell’esterno sono state realizzate in larice.

Grazie a questo progetto è stato possibile ridurre lo spessore dei muri di circa 10 cm, passando da uno spessore originario di circa 88 cm allo spessore attuale di 76 cm, recuperando spazio interno e incrementato le prestazioni termiche.

Centro benessere a Montopoli in Val d’Arno (PI)

Questo edificio a destinazione terziaria, ubicato in zona climatica D, risulta essere attualmente in fase di completamento e nasce come ampliamento di un corpo di fabbrica esistente già adibito a centro benessere.Realizzazione del cappotto e dell'intonacoNella realizzazione di questo corpo addizionale è stato necessario coniugare l’impiego di materiali naturali, capaci di trasmettere un elevato comfort e di rispondere alle esigenze di relax richieste dal luogo, e la particolare attenzione al contenimento dei futuri costi di gestione.

Il nuovo edificio, retto da una struttura in cemento armato e tamponato con legno e paglia, è caratterizzato da una forte presenza vegetale che trova spazio in un tetto giardino per cascare sulla facciata.Realizzazione del tetto verdeNello specifico per la facciata si è optato per l’installazione di una specie vegetale a foglia caduca che permette di ombreggiare gli spazi interni generando frescura nel periodo estivo e di lasciar passe luce durante l’inverno.Edificio realizzato con cappotto in paglia di risoPer realizzare il collegamento tra la parte nuova e quella esistente è stato impiegato un corpo di fabbrica secondario trattato come una vera e propria serra bioclimatica.

Il raggiungimento delle massime prestazioni ha reso necessario anche il trattamento dell’esistente per il quale si è provveduto alla realizzazione di un cappotto esterno, garantendo la passività totale.

A partire dal vincolo idrogeologico dettato dall’Arno si è deciso di alzare l’edificio al livello dell’esistente creando setti portanti tra i quali, al piano terra, è stata ricavata una zona aperta a pilotis.

Il pacchetto della ventilazione ha permesso di ricavare dei parapetti sul tetto giardino, assolvendo la doppia funzione di canali di ventilazione e protezione.Spazi interniInternamente sono stati posizionati pannelli prefabbricati riempiti con paglia di riso affinché fosse possibile suddividere i vari spazi del centro garantendo un elevato isolamento acustico all’interno di ognuno.

Grazie all’impiego di soluzioni per la tenuta all’aria dall’interno verso il tetto si impedisce all’umidità di raggiungere la copertura, dove sarebbe impossibile lo smaltimento.

La necessità di avere una temperatura sopra i 20 gradi in tutto il centro ha richiesto l’installazione di un impianto di VMC, collegato a uno scambiatore di calore e a una pompa di calore, che estrae calore dalle zone più calde ridistribuendolo negli spazi in cui la temperatura risulta essere più bassa del necessario; l’impianto permette, inoltre, di sfruttare il calore estrapolato per produrre ACS.

Credit Foto: Arch. Tiziana Monterisi

Consiglia questa notizia ai tuoi amici

Commenta questa notizia



Tema Tecnico

Architettura sostenibile, Efficienza energetica, Sostenibilità e Ambiente

Le ultime notizie sull’argomento



Secured By miniOrange