Biocarburanti green: le colture marginali competono con l’emobility

Uno studio scientifico dimostra che le prestazioni delle auto alimentate da biocarburanti generati da colture energetiche perenni, coltivate in determinate aree non coltivabili, sono migliori di quelle elettriche

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I biocarburanti green esistono davvero. Sono quelli che si possono generare da specie perenni come miscanto e salice, ossia un tipo di erba e una specie arborea particolarmente indicate per crescere in aree marginali e in particolare sulle fasce tampone bioenergetiche. In Italia la creazione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua è obbligatoria dal 2011, ma la stessa Politica Agricola Comune (PAC) europea richiede di istituirle per proteggere le risorse naturali essenziali per l’agricoltura.

I biocarburanti green non solo possono essere prodotti da colture pressoché spontanee e che non richiedono cure agricole particolari, ma possono fornire un’alternativa decisamente interessante per la mobilità auto privata, anche nel confronto della mobilità elettrica. “Le auto alimentate con bioetanolo da fasce tampone hanno prestazioni addirittura migliori di quelle elettriche in tutte le categorie d’impatto analizzate, tranne che per l’acidificazione e le emissioni di particolato”, scrivono gli autori dello studio pubblicato sul Journal of Cleaner Production, a cura di Alessandro Agostini, Paolo Serra, Jacopo Giuntoli, Enrico Martani, Andrea Ferrarini e Stefano Amaducci.

Le potenzialità sono enormi se pensiamo che le superfici dove mettere a dimora queste specie vegetali in Italia sono numerose.

Da dove nasce lo studio

Il lavoro svolto dal team dell’ENEA e del Dipartimento di produzione vegetale sostenibile dell’Università Cattolica di Piacenza, ha voluto valutare le prestazioni ambientali dei biocarburanti green, o più precisamente biocarburanti avanzati prodotti da colture energetiche perenni, come appunto miscanto e salice, coltivate in fasce tampone bioenergetiche e confrontarle con le prestazioni ambientali di sistemi alternativi che forniscono la stessa funzione, cioè la mobilità privata.

Il miscanto è una delle specie da cui si possono generare biocarburanti green
Il miscanto è una delle specie da cui si possono generare biocarburanti green

Gli scienziati sono partiti da una considerazione: la perturbazione antropogenica dei flussi biochimici (i cicli dei nutrienti, sia azoto che fosforo), sono tra gli aspetti ambientali che minacciano l’abitabilità del pianeta. “Le attività umane ora convertono più azoto atmosferico in forme reattive di tutti i processi terrestri della Terra messi insieme”, scrivono.

Per cercare di ridurre l’impatto ambientale è possibile intervenire sfruttando le cosiddette fasce tampone. Sono elementi paesaggistici lineari posti tra i margini dei campi coltivati e i corsi d’acqua per catturare i nutrienti in eccesso, e si sono affermate come una delle più efficaci potenziali contromisure per combattere l’eutrofizzazione, ovvero la sovrabbondanza di nitrati e fosfati in ambiente acquatico.

Biocarburanti green: le considerazioni di partenza dello studio

La valenza ambientale può essere anche redditizia, se si pensa di mettere a dimora, nelle fasce tampone, specie come miscanto e salice come possibile soluzione per contribuire non solo a ridurre l’eutrofizzazione, ma anche per produrre biocarburanti avanzati. Come si sa, l’Unione Europea ha proposto dal 2035 la vendita di sole auto a zero emissioni. Qui entrano in gioco i biocarburanti avanzati. Gli autori dello studio hanno riscontrato che le auto alimentate con bioetanolo da fasce tampone (prodotto con processi analoghi a quelli dei biocarburanti di seconda generazione) “hanno prestazioni addirittura migliori di quelle elettriche in tutte le categorie d’impatto analizzate, tranne che per l’acidificazione e le emissioni di particolato, dove i veicoli elettrici a batteria che funzionano con energie rinnovabili hanno prestazioni leggermente migliori”.

Come scrivono gli autori:

Tutti i biocarburanti modellati, se confrontati con potenziali alternative per la mobilità privata, superano di gran lunga le prestazioni dei sistemi utilizzati per il confronto. Le emissioni di gas serra delle auto che funzionano con bioetanolo prodotto con miscanto e salice sono vicine allo zero, variando da 17 a 13,5 g CO2 eq./vkm mentre le tecnologie alternative vanno da 100,2 per il veicolo a batterie alimentato a rinnovabili, a 200,4 per il veicolo a batterie alimentato dal mix elettrico nazionale, fino a 343,2 g CO2 eq./vkm dei veicoli a benzina. Le emissioni negative realizzate grazie allo stoccaggio del carbonio nel suolo e nella vegetazione , praticamente bilanciano le emissioni derivanti dal funzionamento, dalla manutenzione e dalla costruzione dell’autovettura.

La forza di questa ricerca è proprio nei potenziali espressi a livello economico ed energetico: l’Italia prevede di raggiungere una penetrazione del 21,6% delle rinnovabili nel settore dei trasporti entro il 2030, con una quota dei biocarburanti avanzati pari all’8%.

Lo studio non nasce, però, con lo scopo di fornire un valore esatto delle emissioni da essere impiegato nella regolamentazione, ma piuttosto di identificare i punti forti e il contributo relativo di tutti i processi coinvolti nella produzione e uso del biocarburante, dal campo alla produzione, “per fornire alle parti interessate e ai responsabili politici una comprensione ampia e coerente dei potenziali impatti ambientali della produzione e uso di bioetanolo da colture energetiche perenni in fasce tampone”.

Coltivazioni in fasce tampone per bioetanolo: un’opzione vincente e sostenibile

La produzione di biocarburanti green di questo tipo è da considerare in un futuro scenario energetico. Il bioetanolo ricavato da colture energetiche perenni coltivate in fasce tampone bioenergetiche (BBS, Bioenergy Buffer Strips) è un’opzione vincente per ridurre gli impatti ambientali derivanti dalla mobilità privata. Infatti, “la coltivazione di erbe perenni (miscanto) o ceduo a rotazione breve (salice) in BBS, permette sia la rimozione di nutrienti dall’ambiente e la rimozione del carbonio dall’atmosfera dall’atmosfera, riducendo il carico antropico su due aspetti ambientali critici che mettono in pericolo l’abitabilità del pianeta”.

Sull’opportunità di scelta del miscanto e del salice è presto detto: il primo è un tipo d’erba caratterizzata da una buona tolleranza ai climi temperati e, soprattutto, permette di assorbire elevati livelli di CO2, oltre a caratterizzarsi per una buona efficienza idrica, energetica e di cattura dei nutrienti, crescendo in condizioni marginali e richiedendo cure agricole minime.

La produzione del primo anno viene tagliata e lasciata in campo a causa della bassa produttività, poi un raccolto annuale ha luogo per 20 anni, termine di vita della piantagione. Anche il salice ha un alto potenziale per la produzione di biomassa in Bioenergy Buffer Strips, grazie al suo elevato potenziale di rendimento e alla facilità di propagazione vegetativa, oltre alla capacità di ricrescita dopo raccolti multipli.

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