Italia a rischio alluvioni: l’allarme del Rapporto Città Clima 2023 di Legambiente

Il “Rapporto Città Clima 2023 Speciale Alluvioni” di Legambiente mette in luce l’aumento delle alluvioni e delle piogge intense in Italia, evidenziando la fragilità del Paese di fronte alla crisi climatica e denunciando i tagli alle risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico.

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Italia a rischio alluvioni: l’allarme del Rapporto Città Clima 2023 di Legambiente

Le recenti ondate di alluvioni che hanno colpito diverse zone d’Italia, tra cui Sicilia, Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna, non possono essere ignorate. I centri urbani di Roma, Agrigento, Palermo, Genova e Napoli sono emersi come epicentri di disastri idrogeologici, segnando un trend allarmante. Il tutto mentre il governo Meloni, anziché intensificare gli sforzi per contrastare il dissesto idrogeologico, ha deciso di dimezzare le risorse destinate, passando da 2,49 miliardi a 1,203 miliardi di euro.

Questo è lo scenario riportato nel Rapporto Città Clima: speciale alluvioni realizzato da Legambiente con il contributo del Gruppo Unipol. Secondo l’associazione ambientalista, dal 2010 al 2010 al 31 ottobre 2023, sono stati registrati 684 allagamenti da piogge intense, 166 esondazioni fluviali e 86 frane da piogge intense, rappresentanti il 49,1% degli eventi. L’intensificarsi degli eventi estremi è un campanello d’allarme che fa emergente l’urgenza di azioni concrete.

Rischio allagamenti e frane in Italia
Fonte Legambiente

Come dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente:  “Le drammatiche emergenze registrate negli ultimi anni nelle Marche, a Ischia, in Romagna e da ultima l’alluvione in Toscana ci devono far riflettere sul modello di gestione del territorio. Non è solo un problema di risorse economiche, come spesso si vuole far credere, o di mancanze nella manutenzione ordinaria, pratica corretta e condivisibile ovviamente, se inserita in un contesto più ampio. Il problema principale sta nel voler rispondere alla logica della “messa in sicurezza”, che ha visto nel corso dei decenni provare a difendere l’indifendibile, alzando solamente argini e ragionando in maniera idraulica, con calcoli e tempi di ritorno delle piene che la crisi climatica sta spazzando via più velocemente di quanto si pensasse”.

Conclude Ciafani: “Un’emergenza, quella climatica, che in alcune aree del Paese, soprattutto nel meridione, aggrava una situazione di preesistente rischio causato da un abusivismo edilizio in aree già pericolose, raramente oggetto di demolizioni e rimasto colpevolmente impunito”.

L’impatto delle alluvioni sul territorio italiano

Le recenti piogge e alluvioni che hanno colpito l’Italia sono il segno inequivocabile di una situazione sempre più critica per il nostro territorio. Il report di Legambiente rivela dati amari che sottolineano l’urgente necessità di affrontare la crisi climatica in atto.

L’impatto delle alluvioni sul territorio italiano

Secondo i numeri riportati dalla Protezione Civile, gli stati di emergenza dichiarati a causa di eventi meteo-idro dal maggio 2013 a settembre 2023 sono stati ben 141, segnando un incremento significativo rispetto al 2020, quando erano 103. Gli sforzi per gestire queste emergenze hanno comportato una spesa media di oltre 1,25 miliardi di euro all’anno.

Dal 2010, le Regioni più colpite dagli allagamenti causati da piogge intense sono state la Sicilia (86 casi), seguita dal Lazio (72), Lombardia (66), Emilia-Romagna (59), Campania e Puglia (entrambe con 49 eventi), e la Toscana (48).

Per le esondazioni fluviali, la Lombardia si posiziona al primo posto con 30 casi, seguita dall’Emilia-Romagna con 25 e dalla Sicilia con 18 eventi. Le frane da piogge intense hanno provocato danni particolarmente in Lombardia (12 casi), Liguria (11), Calabria e Sicilia (entrambe con 9 eventi).

Le grandi città italiane hanno sofferto pesantemente, con conferme costanti tra le aree urbane più colpite. Roma ha registrato 49 allagamenti da piogge intense, seguita da Bari con 21, Agrigento con 15, Palermo con 12, e infine Ancona, Genova e Napoli con 10 casi.

Per quanto riguarda le esondazioni fluviali, Milano si distingue con almeno 20 casi, principalmente legati ai fiumi Seveso e Lambro, seguita da Sciacca (AG) con 4, Genova e Senigallia (AN) con 3.

Il 2021 è stato particolarmente critico, con record di pioggia registrati il 4 ottobre a Rossiglione (GE), con un massimo di 882,8 mm in 24 ore, e il 24 e 25 ottobre, quando nella parte ionica e meridionale della Calabria e nella Sicilia orientale sono stati superati i 250 mm in poche ore.

La distribuzione anomala delle piogge ha interessato diverse regioni, con aumenti superiori al 20% rispetto alle medie nel Lazio, Campania, Calabria e Sicilia, mentre Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Puglia hanno registrato diminuzioni fino al 60%.

Nel 2023 due terribili alluvioni hanno colpito duramente l’Emilia-Romagna: l’emergenza ha coinvolto 44 Comuni portando all’evacuazione di grandi centri cittadini come Faenza e frazioni di Ravenna. Nello stesso periodo le forti piogge hanno colpito le province settentrionali delle Marche, già reduci della grande alluvione di settembre 2022.

Il dissesto idrogeologico

Un altro problema è quello del dissesto idrogeologico: secondo i dati forniti dalla piattaforma idroGEO di Ispra, circa 1,3 milioni di cittadini italiani vivono in aree ad elevato rischio di frane e smottamenti e oltre 6,8 milioni sono a rischio di alluvione. Questi rischi coinvolgono il 3,9% degli edifici, pari a 565.000 strutture, a elevato rischio di frane, e il 4,3%, ovvero 623.000 edifici, a elevato rischio di alluvione. Si aggiungono oltre 84.000 edifici industriali e commerciali, corrispondenti all’1,8% di questa tipologia di strutture, situati in zone a elevato rischio di frane. Inoltre, più di 225.000 imprese, il 4,7% del totale, operano in aree soggette a elevato rischio di alluvione.

Il dissesto idrogeologico in Italia

Nessuna Regione italiana è immune da queste sfide, ma alcune aree sono particolarmente vulnerabili. Ad esempio, in Calabria, il 17,1% del territorio regionale è classificato come ad elevato rischio di alluvione, mentre in Emilia-Romagna questa percentuale è dell’11,6%.

Impressionante è anche il numero di comuni interessati: 7.423, il 93,9% del totale, presentano almeno un’area classificata a elevato rischio da frane e alluvioni. Questo si traduce nel coinvolgimento dell’18,4% del territorio nazionale.

La causa di questa critica situazione è riconducibile a due principali fattori: il consumo di suolo e il cambiamento climatico. L’espansione urbana e industriale ha modificato profondamente il paesaggio, aumentando la vulnerabilità delle zone colpite da eventi naturali. Al contempo, il cambiamento climatico ha contribuito ad amplificare tali fenomeni, generando condizioni meteorologiche estreme e imprevedibili.

Le proposte di Legambiente

Le emergenze drammatiche degli ultimi anni – dalle regioni nord Marche all’Ischia, dalla Romagna all’alluvione in Toscana – richiedono una seria riflessione sul modello di gestione del territorio. Non è solo una questione di risorse economiche, bensì di una gestione oculata e preventiva.

Legambiente, insieme ad altre associazioni ambientaliste, ordini professionali, Protezione Civile, costruttori edili e Autorità di distretto, ha sempre promosso la cultura della prevenzione. Questo approccio si basa su due concetti fondamentali: la convivenza con il rischio, che implica piani di emergenza, informazione e formazione dei cittadini; e la consapevolezza che il territorio italiano non può permettersi ulteriori cementificazioni del suolo.

La vera mitigazione del rischio idrogeologico richiede un cambiamento radicale: restituire spazio ai fiumi, delocalizzare, desigillare suoli impermeabilizzati, rinaturalizzare aree alluvionali e fermare il consumo di suolo. Solo in casi eccezionali, dove non ci sono alternative, si dovrebbero prevedere opere di difesa passiva e sfogo controllato

Legambiente propone una serie di misure fondamentali per affrontare il problema delle alluvioni che hanno colpito l’Italia. In primo luogo, si sottolinea l’importanza di approvare definitivamente il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, attualmente fermo dopo la fase di Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Questo richiede l’emanazione di un decreto che avvii la fase attuativa del piano, istituendo l’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici e stanziando risorse economiche adeguate, attualmente assenti, per la sua attuazione.

Un altro punto chiave è l’approvazione della legge sullo stop al consumo di suolo, in sospeso da 11 anni, con l’obiettivo ambizioso di raggiungere quota zero entro il 2050. Legambiente insiste sulla necessità di superare la logica dell’emergenza e suggerisce una riflessione approfondita sulla ricostruzione in zone a rischio. Si propone inoltre l’istituzione di una regia unica da parte delle Autorità di bacino distrettuale per la raccolta dati e la creazione di modelli di previsione delle precipitazioni e dei loro impatti. Infine, Legambiente sottolinea l’importanza di prepararsi agli eventi estremi coinvolgendo i cittadini nella gestione sostenibile delle risorse idriche urbane e sensibilizzandoli sui rischi e sulle opportunità legati all’acqua, con un ruolo centrale assegnato ai piani di Protezione Civile comunali.

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