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Indice degli argomenti: Packaging sostenibile: IUV, storia e obiettivi Prime applicazioni delle tecnologie con biopolimeri Le potenzialità degli imballaggi biodegradabili naturali IUV: la partnership con Tozzi Green e gli obiettivi 2022 Il packaging sostenibile del futuro è nato sui banchi di scuola. Così si è fatta strada l’idea per gli imballaggi biodegradabili a base di biopolimeri messa a punto dalla startup italiana IUV. Un’idea nata per un duplice fine: da una parte evitare lo spreco alimentare: la Fao ha calcolato in circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo prodotto per il consumo umano che va sprecato o perduto. Dall’altro trovare una soluzione all’impatto delle plastiche, che finiscono in natura con effetti devastanti. Così si è fatta strada un’alternativa made in Italy che intende produrre film e imballaggi con sostanze derivanti dagli scarti del settore agricolo e ortofrutticolo, oltre ad alghe e piante infestanti, fonti utili da cui ricavare molecole chiave per pellicole edibili e film alimentari. Le attese riguardo il green packaging sono molto alte: lo comprovano le analisi secondo cui il mercato degli imballaggi sostenibili, valutato 336 miliardi nel 2021 si prevede raggiungerà i 631 miliardi di dollari entro il 2030. L’idea di Cosimo Maria Palopoli è divenuta così realtà. Dopo la laurea in Scienze e tecnologie alimentari e l’abilitazione come Tecnologo alimentare, ha messo in piedi un progetto d’impresa di cui è fondatore e attuale CEO e che oggi può contare anche sul sostegno del gruppo Tozzi Green, che ha deciso di investire su IUV. La sua visione e i suoi obiettivi sono anche stati riconosciuti da Forbes che l’ha inserito tra i 100 under 30 più influenti d’Europa. Packaging sostenibile: IUV, storia e obiettivi IUV nasce nel 2019 ed è finalizzata all’R&D e alla produzione e commercializzazione di coadiuvanti tecnologici e packaging innovativi, sostenibili e naturali. La startup si è focalizzata nello studio e realizzazione di particolari tecnologie «che amiamo chiamare naturameri e non bioplastica perché la nostra peculiarità sta nel fatto che la valorizzazione di nuovi materiali ha una sua forza nel momento in cui esse manifestano la loro naturalità e le loro caratteristiche prestazionali», spiega Cosimo Palopoli. Questa definizione vuole evidenziare la scelta di puntare su molecole presenti in natura e non artefatte chimicamente. IUV è giunta alla creazione di un composito su cui si sono delineati due filoni applicativi: il confezionamento vero e proprio e l’ambito dei rivestimenti edibili. Quest’ultima è l’idea originaria: trovare soluzioni naturali, consentendo di preservare la freschezza degli alimenti. Dalla tecnologia IUV sono nati Columbus Eggs e Aegis. Sono due brand che distinguono i campi di applicazione, pur avendo la medesima tecnologia proprietaria alla base: il composito caratterizzato da fibre di scarto, alghe e piante infestanti. La formula è identica, basata sui biopolimeri, ma Columbus Egg identifica un prodotto rivolto al lato food; Aegis quello rivolto ai comparti non food: tra questi Horeca, oggettistica, ufficio, moda, premium luxury. La potenzialità è estesa e a tutti quegli ambiti relativi al confezionamento monouso, specie al campo del flexible packaging. A questo proposito la soluzione è capace di degradarsi in meno di 30 giorni, in alcuni contesti essere idrosolubile e avere una ricaduta positiva se finisse in mare e non essere una fonte di pericolo. «Il vantaggio della nostra formula è modulare i valori e poter creare caratteristiche univoche per i campi di applicazione». Prime applicazioni delle tecnologie con biopolimeri Una delle prime applicazioni sperimentali di questi imballaggi biodegradabili è stata fatta sulle mozzarelle, conservate senz’acqua, oltre che su frutta e verdura, avvalendosi anche dell’ausilio di antimicrobici naturali o tecnologie ibride di confezionamento (MAP) per allungare la vita degli alimenti. Si è arrivati così a triplicare il valore tradizionale della shelf life: con la mozzarella da banco, bene deperibile da 7/8 giorni di scadenza, si è arrivati a 20 giorni di scadenza, senza usare additivi di sintesi. «La finalità è mettere a punto una soluzione B2B, quindi rivolta al produttore, quanto B2C ovvero a beneficio del consumatore». In questo senso IUV ha messo a punto una soluzione spray con bottigliette in carta alimentare, frutto della collaborazione con Bologna Business School. «Contiamo di arrivare, tra il 2022 e il 2023, a perfezionare una soluzione nel campo dei rivestimenti edibili», rivela Palopoli. Inoltre, la startup romagnola del packaging sostenibile ha concepito la possibilità di arrivare a creare film biodegradabili per uso alimentare e non solo. Questa è un’altra peculiarità della tecnologia di IUV: soddisfare le necessità del settore food e non food, compresi beni del comparto fashion, luxury, accessori da ufficio e componenti elettronici. «Vogliamo arrivare a una soluzione tecnologica trasversale capace di coprire più mercati»: è un tratto distintivo rispetto ai competitor. Le potenzialità degli imballaggi biodegradabili naturali Sul tema packaging sostenibile si sono aperte potenzialità di mercato specie in Unione Europea con il recepimento della direttiva SUP (Single Use Plastic). «È un elemento di grande cambiamento ancora forse non recepito pienamente, ma capace di cambiare gli scenari di mercato – evidenzia il CEO di IUV – Perché si è passati da scelte opzionali a vincolanti, legate agli obiettivi della Commissione UE oltre che agli intenti della Plastic Tax, su cui si dovrà approdare a soluzioni davvero naturali». L’idea per certi versi rivoluzionaria di IUV è legata al cambio di mentalità: abbandonare la concezione che un prodotto naturale sia uguale alla plastica in termini di prestazioni oltre che di caratteristiche. «Non è così e non può esserlo. È un elemento su cui ci stiamo scontrando con quanti pensano di trovare in un prodotto naturale un’alternativa paritaria alla plastica. Occorre invece arrivare a un compromesso, sotto forma di un prodotto a impronta green e positivo in termini di ricadute generazionali». Un secondo tema carico di potenzialità è legato agli investimenti in green economy. Quello delle bioplastiche era fortemente sottovalutato fino all’avvento del Green Deal, oggi invece rappresenta uno dei temi del programma del PNRR. IUV: la partnership con Tozzi Green e gli obiettivi 2022 Questo aspetto ha avuto effetti colti in primis da IUV. Da poco si è affiancato un partner in grado di accelerare i processi di innovazione. «Uno dei vincoli delle startup è il tempo da dedicare e la velocità di sviluppo legato all’ingresso o meno di capitale – specifica Palopoli –. Dal momento in cui abbiamo sottoscritto una partnership a obiettivi (ancora in corso) con Tozzi Green, stiamo ancora modulando l’apporto di capitale». A quanto ammontino i finanziamenti non è per il momento possibile saperlo. Di sicuro sarà una cifra molto consistente perché l’obiettivo è importante e ambizioso: si vogliono gettare le basi per un piano industriale di sviluppo finalizzato a permettere a IUV di diventare un biodistretto di produzione e ambire così a essere una realtà d’eccellenza del panorama italiano. L’intenzione, quindi, non è tanto il posizionamento nel mondo degli imballaggi come realtà finalizzata unicamente a creare soluzioni di packaging sostenibile, quanto «diventare un riferimento come centro di produzione italiano che nella packaging valley possa rappresentare un elemento di vantaggio competitivo e distintivo in Italia e in Europa». Quali sono gli obiettivi per l’anno appena cominciato? «Arrivare a metà semestre 2022 creando un primo centro di produzione. In questo senso abbiamo ottimizzato le nostre formulazioni per i nostri clienti, contando su un portfolio che spazia dalle Pmi alle multinazionali. Abbiamo ottimizzato le loro richieste e bisogni rispetto a performance di prodotto. Inoltre abbiamo individuato sistemi e impianti capaci di darci la possibilità di produrre ad ampio respiro bobine film stampabili e customizzabili», risponde il CEO. La sede produttiva è stata individuata nel territorio dell’Emilia Romagna. Qui si lavorerà per sopperire a una produzione tipica di una media-grande impresa del comparto, puntando a divenire un centro di produzione quanto più efficiente possibile, dal punto di vista energetico e idrico. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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