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Lo sviluppo dell’idrogeno verde, nel nostro paese e in tutta Europa, è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, del 55% entro il 2030 verso la neutralità al 2050. Lo conferma la seconda edizione dell’Hydrogen Innovation Report 2022 presentato ieri dall’Energy&Strategy Group, School of Management Politecnico di Milano. Ma non solo, senza l’idrogeno verde, la decarbonizzazione di alcuni settori industriali difficilmente elettrificabili (Hard-to-Abate), quali per esempio acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro o anche alcuni segmenti del trasporto pesante, su gomma, rotaie, navale e aereo, sarebbe praticamente impossibile. Le potenzialità dunque sono molte, ma anche le difficoltà e i vincoli tecnologici all’utilizzo dell’idrogeno, verde e blu, specialmente per la decarbonizzazione del settore del trasporto pesante. Idrogeno verde, grande potenzialità ma troppi vincoli In Europa attualmente la domanda di idrogeno è di circa 8,4 Mton annue, spinta in particolare dal settore della raffinazione con il 49%, la produzione è di circa 10,5 Mton. L’Italia, con circa 0,6 Mton di consumo, è il quinto paese e oltre il 70% della domanda proviene dal settore della raffinazione. Aldilà di raffinazione, industria dell’ammoniaca e chimica, per le quali c’è un passaggio all’idrogeno blu o verde, grazie anche all’autoproduzione presso i siti di consumo, vi sono diversi settori industriali nei quali l’adozione dell’idrogeno verde come vettore energetico al posto del gas naturale, potrebbe garantire il rispetto dei target di decarbonizzazione. Ma c’è molto da fare perché per raggiungere questo obiettivo sono necessari 70 GW di rinnovabili e almeno 15 di elettrolizzatori, mentre il piano attuale prevede 5 GW di elettrolizzatori al 2030. L’emergenza legata alla guerra in Ucraina e i problemi nella fornitura del gas russo hanno rallentato il processo di sviluppo della filiera dell’idrogeno, inevitabile se si vuole garantire la riduzione delle emissioni climalteranti. Dal Report emerge che è necessario prevedere incentivi perché al momento per le imprese non è conveniente a livello economico sostituire il metano o l’idrogeno grigio con l’idrogeno verde, inoltre per lo sviluppo della capacità produttiva sono necessari investimenti importanti e la filiera del trasporto e dello stoccaggio è particolarmente complessa. In tutti i settori industriali hard-to-abate analizzati, sono state considerate diverse tecnologie: cogeneratori a motore alternativo, cogeneratori a turbina, forni e caldaie. Il parco installato permette per tutte una quota di idrogeno in miscela fino al 20%, ma solo le caldaie potrebbero essere completamente alimentate a idrogeno. Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano, sottolinea che a livello comunitario serve maggiore chiarezza e in “Italia, in attesa del documento finale sulla Strategia Nazionale per l’idrogeno, vanno definiti chiaramente obiettivi e linee guida per raggiungere una piena decarbonizzazione: snellire gli iter autorizzativi necessari alla crescita delle rinnovabili, favorire l’installazione di nuova capacità legata agli elettrolizzatori e i progetti per applicare l’idrogeno ai settori hard-to-abate, definire le norme tecniche di sicurezza in merito a produzione, trasporto, stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno, come previsto dal PNRR”. Considerando il costo della CO2 evitata, adottando idrogeno blu è pari a 100 o 111 €/tonCO2, un valore molto vicino al costo della CO2 sul mercato ETS, pari nei primi mesi dell’anno in corso a un valore di 90 €/tonCO2. Nel caso di idrogeno verde il costo della CO2 evitata arriverebbe a 900 €/tonCO2. Scarica l’Executive Summary dell’Hydrogen Innovation Report 2022 Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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