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A cura di Fabiana Murgia Indice degli argomenti Toggle Quali misure prevede il Governo per ridurre la dipendenza dalla Russia?Necessaria un’alternativa al gasL’Italia è in stato di pre-allarme per il gasPerché l’Italia è in stato di pre-allarme?E le rinnovabili? Nel discorso di ieri Draghi ha ribadito che il governo sta lavorando per mitigare l’impatto di eventuali problemi relativi alle forniture energetiche, anche se al momento queste continuano ad essere elargite senza interruzioni. Tuttavia, data la possibilità di ritorsioni e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni, è necessario portarsi avanti e prevenire ogni tipo di problema. Lo stato di allerta è la conseguenza della quasi totale dipendenza energetica dell’Italia da altri Paesi. Tradotto in numeri: l’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e di questo gas, oltre il 40% proviene dalla Russia. Nonostante lo scenario preoccupante Draghi ha rassicurato che “nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe di per sé comportare seri problemi”. Queste rassicurazioni derivano dal fatto che, oltre ad appoggiarsi per quanto possibile ad altri fornitori per l’importazione del gas: l’Italia ha ancora 2,5 mld di metri cubi di gas negli stoccaggi, l’arrivo di temperature più miti dovrebbe portare a una significativa riduzione dei consumi. Il problema sussiste, quindi, per la situazione nel lungo periodo, con uno scenario che minaccia per i prossimi inverni significative carenze. Quali misure prevede il Governo per ridurre la dipendenza dalla Russia? Draghi ha parlato di opzioni “perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici” esprimendo la volontà di: importare gas da altri fornitori, come Algeria o Azerbaijan; incrementare l’utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; incrementare temporaneamente la produzione termoelettrica a carbone o petrolio, senza aprire nuovi impianti; adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, qualunque sia l’esito di questa crisi geo-politica, ma di energie rinnovabili quando iniziamo a parlare seriamente? Si è parlato di “puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili”, è vero; ricordiamoci che, però, l’incremento della produzione di energia da carbone deve essere una misura del tutto straordinaria e di brevissima durata e che, nel mentre, si deve davvero procedere in maniera spedita per sciogliere il nodo autorizzativo e permettere l’installazione di nuovi impianti rinnovabili. Necessaria un’alternativa al gas Riconosciamo la situazione complicata, ma non possiamo fare a meno di pensare alla lentezza burocratica e alla superficialità che in questi anni hanno posticipato costantemente la completa transizione energetica del Paese e quando si sentono pronunciare parole come “Il gas rimane un utile mezzo per affrontare la transizione” e “Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP” la preoccupazione che si tratti di una misura a lunghissimo termine non può che crescere. Ricordiamo che, sebbene il gas naturale sia meno inquinante di fonti fossili come carbone e petrolio, la sua emissione in atmosfera rimane nociva e dannosa per noi e per l’ambiente e che il cambiamento climatico non va in stand-by; inoltre, uno studio condotto dall’Oxford Energy Group nel 2018 aveva già spiegato che le riserve di gas dell’Azerbaigian sono limitate e la prospettiva, sempre secondo questo studio, è che possano sostenerci solo per altri 8 anni. L’Italia è in stato di pre-allarme per il gas 28/02/2022 Il ministero della Transizione Ecologica ha annunciato, con una nota di SNAM, tra le principali società di infrastrutture energetiche al mondo, l’entrata in stato di pre-allarme per il gas dell’Italia. Si temevano conseguenze a causa della situazione bellica che sta interessando l’Ucraina da giovedì e, di fatto, sono arrivate. L’annuncio dello stato di pre-allarme relativamente alla fornitura di gas proveniente dalla Russia deriva dal fatto che l’infrastruttura che trasporta tale gas attraversa il territorio ucraino e che attualmente la possibilità di minacce alle forniture è sensibilmente maggiore rispetto a quanto previsto nelle analisi di rischio. Si tratta, per ora, di una misura preventiva che non ha alcuna conseguenza sugli utenti finali. Lo stato di pre-allarme rappresenta, infatti, il primo di tre step: prevede il monitoraggio costante degli eventi e incentiva il riempimento dello stoccaggio anticipato rispetto alle procedure adottate in condizioni normali. Le forniture, quindi, funzionano secondo le regole ordinarie del mercato; situazione confermata anche nella nota di SNAM, nella quale si legge che “la situazione delle forniture è al momento adeguata a coprire la domanda interna”, e da Gazprom, che ha assicurato ieri la continuità nella fornitura di gas russo per il transito in Europa attraverso il territorio ucraino. Perché l’Italia è in stato di pre-allarme? L’impatto che il conflitto russo-ucraino sta avendo sul nostro Paese è la conseguenza della forte dipendenza energetica dal gas russo, importato per una quantità che sia aggira attorno al 46%; quantità che rende in modo chiaro l’idea delle problematiche che potrebbero scaturire da un’ipotetica interruzione della fornitura. Ma come siamo finiti in questa situazione? La mancanza di una strategia energetica forte, l’eccessiva lentezza nel processo di transizione energetica e l’imprudenza dei governi nel non aver diversificato in maniera adeguata fonti di energia e fornitori hanno reso l’Italia un bersaglio facilmente attaccabile dalla volatilità dei prezzi di mercato e dalla crisi geo-politica in atto. Come annunciato nel corso dell’informativa, tenutasi venerdì mattina alla Camera dei Deputati, dal Presidente Draghi “In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020, a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi.” L’Italia non è, quindi, pronta per potersi autosostenere dal punto di vista energetico e sono diverse le misure che il Governo sta pensando di mettere in atto per far fronte ai nuovi rincari: incremento delle forniture alternative di gas. Si punta sul gas naturale liquefatto (GNL) importato da altre rotte; una misura che pone dei limiti in termini di capacità di utilizzo a causa del numero ridotto di rigassificatori in funzione in Italia. aumento dei flussi dei gasdotti che attualmente non lavorano a pieno carico, quali il TAP o il TransMed; riapertura delle centrali a carbone, misura che ha acceso forti polemiche da parte di Greenpeace e WWF Italia; interventi mirati al contenimento dei prezzi delle bollette con azioni sugli oneri di sistema e sull’Iva. La misura più estrema nel caso lo stato di allarme dovesse progredire sarebbe quella di ridurre le forniture alle imprese, chiedendo loro di fare un ulteriore enorme sforzo (ricordiamo che non siamo ancora usciti dalla situazione di crisi causata dal Covid-19 che ha messo numerose attività in ginocchio e ha portato alla chiusura di molte di esse). E le rinnovabili? Su fronte rinnovabili intanto Elettricità Futura invoca un “via libera” alle autorizzazioni in sospeso per l’installazione di nuovi impianti rinnovabili che permetterebbero di produrre circa 60 GW di energia pulita, con un taglio di 15 miliardi di mc di gas naturale (nel 2020 l’Italia ha raggiunto una quota di gas naturale importato pari a 66,4 miliardi di mc). Nel corso della conferenza stampa tenutasi venerdì, Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, ha dichiarato: “Il settore elettrico è pronto a contribuire alla sicurezza energetica dell’Italia investendo 85 miliardi di euro e creando 80.000 nuovi posti di lavoro.” Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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