Recuperatori di calore e sistemi di ventilazione aiutano gli edifici a risparmiare energia 20/01/2021
La città di Cebu nelle Filippine ospita uno dei progetti architettonici più innovativi mai realizzati. L’uso combinato del legno con le tecniche di progettazione bioclimatica passiva e con le fonti rinnovabili, riduce la sua impronta di carbonio. la redazione Indice degli argomenti: Doppia certificazione ambientale Design e modularità ispirati alla tradizione Un progetto che rappresenta l’equilibrio perfetto tra patrimonio culturale e naturale della regione, in grado di ridurre la sua impronta di carbonio durante l’intero ciclo di vita, che mira alla doppia certificazione ambientale. Tutto questo è The Rainbow Tree, il grattacielo modulare in legno progettato dallo studio di architettura Vincent Callebaut Architectures. La scelta del legno, materiale naturale e rinnovabile, per un edificio di 32 piani e alto 115 metri, è dettata dalla volontà di individuare soluzioni innovative per ridurre l’impatto delle costruzioni. The Rainbow Tree integra principi di progettazione bioclimatica passiva, fonti rinnovabili e agricoltura urbana. Anche la scelta del nome non è casuale, l’edificio richiama l’Eucalyptus Deglupta, noto anche come Rainbow Eucalyptus, un albero iconico e colorato delle Filippine che ha la particolarità di perdere la sua corteccia, rivelandone il tronco, che cambia colore nel tempo. Prima verde, poi blu, viola, arancione e infine marrone, il suo tronco è un mosaico di colori, proprio come l’aspetto di un vero arcobaleno. “Il nostro leit motiv è coniugare funzionalità ed eleganza attraverso materiali naturali, semplici e tradizionali. Rainbow Tree è design contemporaneo con curve pulite e sfumate con una dimensione popolare. Promuove l’uso e la reinterpretazione degli stili architettonici e paesaggistici indigeni, coloniali e moderni che prevalgono nella città di Cebu” dichiarano gli architetti dello studio. Doppia certificazione ambientale Dopo la scelta del legno, fanno sapere gli architetti, il loro sforzo si è concentrato sull’integrazione di sistemi passivi e fonti energetiche rinnovabili. The Rainbow Tree beneficia di isolamento interno ed esterno, favorito dall’utilizzo di materiali come paglia, canapa, ovatta di cellulosa. Per favorire la ventilazione naturale in ogni appartamento, appositivi camini del vento presenti nel nucleo centrale dell’edificio, aspirano l’aria calda esterna, la conducono sotto le fondamenta per poi distribuirla negli appartamenti ad una temperatura di circa 22°. Per favorire la biodiversità, oltre alla possibilità di piantare ortaggi sui balconi degli appartamenti, negli ultimi tre livelli del The Rainbow Tree si estende una fattoria acquaponica urbana, una tecnica di agricoltura sostenibile che combina l’allevamento ittico con la coltivazione di piante. Questa sky farm produce 25.000 chili di frutta, verdura e alghe e 2.500 chili di pesce all’anno, pari a circa 2 chili di cibo a settimana per ogni famiglia residente. Questo impianto combinato permette di coltivare alimenti con un risparmio idrico del 90%, senza fertilizzanti chimici, pesticidi o OGM. Sul tetto dell’edificio alloggiano un impianto fotovoltaico che produce elettricità da stoccare nelle celle a combustibile a idrogeno, un impianto solare termico che produce acqua calda sanitaria da distribuire tra bagni e cucine degli appartamenti e infine una wind factory di 16 turbine eoliche assiali a lievitazione magnetica, in grado di generare elettricità senza inquinare acusticamente. I balconi dell’edificio, tutti sfalsati tra loro, ospitano diverse specie di piante endemiche, caratterizzate da colori diversi. Questa angolo di foresta tropicale non solo contrasta gli effetti del calore urbano, ma sono in grado di catturare ogni anno 150 tonnellate di CO2 dall’atmosfera della città. L’uso combinato di queste caratteristiche, garantirà l’ottenimento di due certificazioni ambientali distinte: LEED + BERDE. Design e modularità ispirati alla tradizione The Rainbow Tree è realizzato con 1.200 moduli prefabbricati e impilati tra loro. L’edificio prende ispirazione dalle “Bahay Kubo”, le case tradizionali dei nomadi indigeni della regione, realizzate con materiali naturali. Ripercorrendo la tecnica usata dagli indigeni, l’edificio è stato realizzando sovrapponendo perpendicolarmente doghe di legno per poi collegarle tra loro mediante collanti organici. Un rivestimento di assi di cedro bruciate secondo l’ancestrale metodo giapponese chiamato Shou-Sugi-Ban, regala all’edificio una migliore resistenza al fuoco, agli insetti che mangiano il legno e ai funghi Img by Vincent Callebaut Architectures. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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