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Indice degli argomenti Toggle Un mondo di rifiuti elettroniciProduzione globale di apparecchi elettronici e RAEERAEE: una miniera di materie prime criticheCosa c’è dentro uno smartphone?Classificazione dei RAEE: la tipologia del rifiutoI RAEE domesticiI RAEE professionaliModalità di conferimento dei rifiuti RAEE in ItaliaUno contro uno (1 vs 1)Uno contro zero (1 vs 0)Il viaggio dei RAEE: dove finiscono?Traffico dei rifiuti elettronici ed export illegaleRaccolta e riciclo dei RAEEWaste footprint e carbon footprintObsolescenza, riparazione, economia circolare Dopo aver visto il ruolo cruciale delle materie prime critiche nella transizione energetica, dalle batterie ricaricabili all’auto elettrica, dalle energie rinnovabili (fotovoltaico, agrivoltaico, eolico) alle tecnologie digitali, e aver approfondito le relative criticità ambientali e sociali – legate principalmente all’estrazione di quei minerali critici – oggi andiamo alla scoperta di quei rifiuti che, da problematica, potrebbero trasformarsi in risorsa. Dal riciclo dei RAEE, infatti, potremmo avere 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, con notevoli vantaggi economici (14 milioni di mancate importazioni), ambientali e sociali (secondo The European House Ambrosetti). Riciclo ed economia circolare saranno la chiave per un futuro sostenibile. I rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) derivano da tutti quei congegni che per funzionare hanno bisogno dell’energia elettrica. Vecchi elettrodomestici come frigoriferi, lavatrici, congelatori, condizionatori d’aria e pompe di calore, forni e microonde, tostapane, frullatori, bollitori, rasoi, ma anche tv, monitor, pc e stampanti rotte, cellulari, tablet, fotocamere, aspirapolvere, lampade, nonché pannelli fotovoltaici, sigarette elettroniche e svapo, sistemi di domotica e smart home, ognuno di noi ne ha in casa svariate decine. Questi prodotti non vanno buttati nell’indifferenziata ma devono essere smaltiti secondo particolari procedure. Purtroppo c’è una scarsa consapevolezza nella popolazione, che spesso non sa come disfarsene correttamente. Pochi sanno, ad esempio, che in Italia c’è l’obbligo da parte dei negozianti di ritirare un prodotto rotto a fronte dell’acquisto di uno nuovo e, in alcuni casi anche senza vincolo d’acquisto: i celebri “1 contro 1” e “1 contro 0”. Si producono sempre più apparecchi elettronici e, di conseguenza, si generano una valanga di rifiuti. Secondo le Nazioni Unite, nel 2022 sono stati prodotti in tutto il mondo circa 8 kg a persona di RAEE pari circa a 62 milioni di tonnellate. Solo il 17,4% di questi rifiuti verrà adeguatamente raccolto e riciclato a livello globale. I restanti 50,6 milioni di tonnellate saranno accumulati dai privati (in cassetti, garage, soffitte) o collocati in discarica, bruciati o scambiati illegalmente e trattati in modo scadente. Meno di un rifiuto elettronico su 5 viene recuperato, il resto finisce per inquinare il pianeta. E va considerato che molti di questi contengono sostanze pericolose per l’essere umano e l’ambiente, come alcuni metalli, piombo e refrigeranti. Dobbiamo contrastare l’obsolescenza programmata, far si che durano di più e siano più facile da riparare. Eppure gli italiani non conoscono bene le potenzialità dei RAEE. Secondo Marevivo, infatti, solo 4 su 10 ne sanno dare una corretta definizione e il 10% li confonde con una tassa. E’ quanto emerge dalla quinta edizione della campagna Marevivo “Piccoli Gesti, Grandi Crimini” per informare sul tema e far conoscere i piccoli RAEE. Ognuno di noi paga per lo smaltimento e riciclo dei rifiuti elettronici un “eco-contributo” che il produttore aggiunge al costo del prodotto per finanziare la corretta gestione dello stesso, una volta divenuto rifiuto. È quindi anche nostro interesse che ciò avvenga correttamente, che quel contributo sia effettivamente speso per riciclo e smaltimento anziché essere intascato dai produttori. Altrimenti ci sarebbe un doppio danno per il consumatore – che pagherebbe una tassa immotivata – e per l’ambiente costretto a subirne l’inquinamento. Oltre al danno, la beffa. Un mondo di rifiuti elettronici Siamo letteralmente sommersi dai rifiuti, solo che non li vediamo perché la gran parte di essi o finiscono bruciati nell’ambiente o vengono accumulati lontano da occhi indiscreti, a migliaia di km dai Paesi industrializzati. Nel mare di rifiuti che soffocano il pianeta, i rifiuti elettrici ed elettronici stanno diventando una delle categorie a più rapida crescita a livello globale, assieme ai rifiuti della fast fashion, plastiche (micro e nanoplastiche) e agli onnipresenti rifiuti da costruzione e demolizione (C&D) generati dagli interventi edilizi del settore delle costruzioni dove di recente l’Europa è intervenuta con la direttiva Case Green. Le apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), sono tutti quei prodotti e dispositivi che per funzionare hanno bisogno della corrente elettrica, collegati alla rete o alimentati da pile e batterie. La disciplina nazionale in materia è dettata dal Dlgs 14 marzo 2014 n. 49 con cui l’Italia ha recepito la Direttiva 2012/19/UE. La norma definisce le apparecchiature elettriche ed elettroniche (o AEE) quelle che “dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, trasferimento e misurazione di queste correnti e campi e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua”. Ne consegue che i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche o RAEE, sono “le apparecchiature elettriche o elettroniche […], inclusi tutti i componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo che sono parte integrante del prodotto al momento in cui il detentore si disfi, abbia l’intenzione o l’obbligo disfarsene”. Modelli sempre nuovi e diversi dei dispositivi elettronici, rendono difficile creare una filiera sostenibile dell’intero processo di recupero, riparazione, sostituzione e riciclo dei prodotti e materiali in essi contenuti. La distruzione di prodotti nuovi, per i resi della grande distribuzione o per cambio con modelli più nuovi, è la schizofrenia del consumismo che ha inglobato tutto, dai vestiti ai prodotti digitali, agli apparecchi elettronici. E, senza un pensiero circolare, che si prende carico dei rifiuti generati, è un sistema dannoso per l’ambiente e l’umanità. Produzione globale di apparecchi elettronici e RAEE Secondo il quarto Global E-waste Monitor delle Nazioni Unite, la produzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche supera di quasi 5 volte il tasso di riciclo. “la produzione di rifiuti elettronici nel mondo sta aumentando cinque volte più velocemente rispetto al riciclaggio documentato di tali rifiuti” avverte il quarto Global E-waste Monitor (GEM) delle Nazioni Unite. In tutto il mondo, la produzione annuale di apparecchi elettrici ed elettronici è in costante aumento, dai 62 milioni di tonnellate del 2010 ai 96 Mt del 2022 e anche la relativa quota di rifiuti. Globalmente, nel 2022 sono state prodotte 62 milioni di tonnellate (Mt) di rifiuti elettronici (7,8 kg pro-capite), un record, la quota è quasi raddoppiata in appena 10 anni e, secondo questo trend è previsto un ulteriore aumento al 2030 del 32%, fino a 82 milioni di tonnellate. Se guardiamo la distinzione per tipologia dei raee prodotti, emerge che il 1 su 4 è costituito da piccoli dispositivi elettronici, come aspirapolvere, microonde, ventilatori, tostapane, bollitori, rasoi, bilance, calcolatrici, radio, videocamere, giocattoli e apparecchi digitali come cellulari, dispositivi GPS, router, personal computer, stampanti e telefoni. Produzione di raee pro capite globale (fonte: The Global E-waste Monitor 2024). La produzione dei rifiuti elettronici è molto variabile nelle varie aree geografiche del mondo. Nel 2022, le regioni che hanno generato la più alta quantità di rifiuti elettronici pro capite sono state Europa (17,6 kg), Oceania (16,1 kg) e Americhe (14,1 kg). Poiché queste sono le regioni con l’infrastruttura di raccolta e riciclaggio più avanzata, hanno anche i più alti tassi di raccolta e riciclaggio pro capite documentati (7,53 kg in Europa, 6,66 kg in Oceania e 4,2 kg nelle Americhe). D’altro canto, meno di un quarto (22,3%) della massa annuale di rifiuti elettronici è stato correttamente raccolto e riciclato nel 2022, lasciando 62 miliardi di dollari di risorse naturali recuperabili non contabilizzate e aumentando i rischi di inquinamento per le comunità in tutto il mondo. Sono miliardi di dollari di risorse preziose sprecate e abbandonate: solo l’1% della domanda di elementi delle terre rare è soddisfatta dal riciclaggio dei rifiuti elettronici In tutto, 81 Paesi (il 42% di tutti i paesi del mondo) hanno adottato politiche sui rifiuti elettronici, coprendo il 72% della popolazione globale. Tuttavia, la stagnazione del tasso globale di raccolta e riciclaggio dei rifiuti elettronici è probabilmente aggravata dal fatto che solo 46 paesi hanno obiettivi di tasso di raccolta e solo 36 hanno obiettivi di tasso di riciclaggio. RAEE: una miniera di materie prime critiche I prodotti elettrici ed elettronici sono una miniera di materie prime critiche e metalli rari, così come i rifiuti che ne derivano. Il loro riciclo consente di recuperare materiali preziosi, riducendo il consumo di risorse naturali e limitando l’impatto ambientale associato alla produzione di nuovi dispositivi elettronici. The European House – Ambrosetti ha analizzato le Materie Prime Critiche presenti nei prodotti tecnologici, identificandone 11: Litio, Gallio, Indio, Cobalto, Germanio, Tantalio, Rutenio, Disprosio, Neodimio, Terbio, Rame. Secondo il “Global E-waste Monitor”, nel 2022, tutti i rifiuti elettronici nel mondo contenevano 31 miliardi di kg di metalli, di cui circa 19 miliardi di kg sono stati recuperati in modo sostenibile e rimessi in circolazione. Il metallo recuperato con maggior successo è stato il ferro, noto per i suoi alti tassi di riciclaggio. Altri metalli, come zinco e piombo, avevano tassi di recupero sostenibile molto più bassi. I metalli preziosi erano presenti in quantità molto inferiori, ma si stimava che avessero un recupero sostenibile di 300 mila kg. Nella categoria delle piccole apparecchiature, 1 miliardo di kg di rame è stato trovato in cavi e circuiti stampati, mentre le apparecchiature di scambio termico contenevano 500 milioni di kg di rame da compressori e cavi. Erano presenti anche quantità minori di altri metalli preziosi di grande valore (1,6 milioni di kg), come oro (Au), palladio (Pd) e argento (Ag), insieme a sostanze tossiche come piombo (Pb, 70 milioni di kg) e il metallo critico cobalto (Co, 34 milioni di kg). Ma 12 miliardi di kg di metalli sono andati persi, o nel processo di riciclaggio conforme, o perché sono finiti in schemi di gestione non conformi o in discariche con efficienze tipicamente inferiori. Cosa c’è dentro uno smartphone? Sebbene usati sovente in quantità molto piccole, forniscono importanti proprietà ai prodotti elettronici. Un telefono cellulare, ad esempio, può contenere fino a 50 diversi tipi di metalli, molti dei quali sono metalli nobili, come gallio, indio, niobio, tantalio, tungsteno, metalli del gruppo del platino. Tutti questi metalli consentono la miniaturizzazione dei semiconduttori, la leggerezza e molte funzioni “intelligenti”. L’indio è necessario per abilitare la funzionalità touch-screen; gli elementi delle terre rare (ad esempio ittrio, terbio, europio) sono essenziali per gli schermi per produrre colori diversi; litio e cobalto sono utilizzati nelle batterie per estenderne la capacità e la durata; oro, argento e platino sono utilizzati nei microchip come interconnessioni nei circuiti. Elementi chimici o materie prime critiche contenute in uno smartphone (Compound Interest 2014) I metalli preziosi che si possono ricavare dal recupero degli E-waste costituiscono le cosiddette materie prime secondarie: materie ottenute senza una tecnica estrattiva e lesiva per gli ecosistemi. Tuttavia, accanto ai tanti elementi preziosi derivanti delle apparecchiature elettroniche, esistono anche sostanze dannose se disperse nell’ambiente come cadmio, mercurio, arsenico e piombo. Incrementare il riciclo è perciò di cruciale importanza p\\er l’ambiente e contribuisce alla conservazione delle risorse naturali, riducendo la necessità di estrarre nuovi materiali (con tutti gli impatti ambientali e sociali connessi, come in Congo o Indonesia). Inoltre, aiuta a prevenire l’inquinamento del suolo e delle acque causato dalla dispersione di sostanze chimiche dannose. Classificazione dei RAEE: la tipologia del rifiuto Per il corretto smaltimento e riciclo dei RAEE occorre anzitutto provvedere alla loro corretta identificazione come tipologia di rifiuto e conoscerne la pericolosità delle sue componenti. Anzitutto i RAEE vengono distinti in base a raggruppamenti per tipologia di rifiuto. La Direttiva Europea 2012/19/EU distingue 6 categorie di RAEE, stabilite nell’allegato III e dettagliate nel IV: Apparecchiature per lo scambio di temperatura (Frigoriferi, congelatori, condizionatori…) Schermi, monitor e apparecchiature contenenti schermi con una superficie superiore a 100 cmq Lampade (Tubi fluorescenti e lampade, lampade a scarica e a vapori di sodio, LED…) Apparecchiature di grandi dimensioni (superiori a 50 cm) Apparecchiature di piccole dimensioni (inferiori a 50 cm) Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (inferiori a 50 cm) Secondo il Dlgs 49/2014, la norma italiana che attualmente regola la gestione dei Raee, attuazione della direttiva 2012/19/UE, i RAEE vengono classificati, a seconda della loro provenienza, in due grandi categorie: RAEE Domestici, quelli provenienti da nuclei domestici e i Raee di origine commerciale, industriale, istituzionale di altro tipo, analoghi per natura e quantità, a quelli originati dai nuclei domestici; RAEE Professionali: sono i Raee diversi da quelli provenienti dai nuclei domestici. Infine, i RAEE, come tutti i rifiuti, possono essere classificati in pericolosi e non pericolosi, in base alla presenza o meno di determinati componenti pericolosi: materiali tossici come mercurio, piombo o ritardanti di fiamma bromurati o PFAS. I rifiuti elettronici possono anche contenere metalli preziosi come oro, rame e nichel e materiali rari di valore strategico come indio e palladio. Questi metalli potrebbero essere recuperati, riciclati e utilizzati come preziosa fonte di materie prime secondarie. I RAEE domestici I RAEE domestici sono quelli che provengono dai nuclei domestici e similari. L’allegato 1 del DM 25 settembre 2007 n. 185 e s.m.i., definisce il conferimento dei rifiuti organizzandoli secondo 5 raggruppamenti: R1 (Freddo e clima): frigoriferi, congelatori, apparecchi per il condizionamento, ecc. R2 (Grandi bianchi): lavatrici, lavastoviglie, forni a microonde, cucine economiche, ecc. R3 (TV e monitor): televisori, monitor di computer, smartphone, tablet, ecc. R4 (Elettronica di consumo): apparecchiature illuminanti prive di sorgenti luminose e altro: aspirapolvere, macchine per cucire, ferri da stiro, friggitrici, frullatori, stampanti, fax, telefoni cellulari, videoregistratori, apparecchi radio, pannelli fotovoltaici, ecc. R5 (Sorgenti luminose): neon, lampade a risparmio, a vapori di mercurio, sodio, ioduri, ecc Tipologie di RAEE domestici: i 5 raggruppamenti (R1, R2, R3, R4, R5). Grazie a questa classificazione i rifiuti elettrici ed elettronici vengono smistati a seconda della tipologia e in base alle tecnologie necessarie per il loro corretto trattamento. Riguardo ai pannelli fotovoltaici, il D.lgs. 49/2014 stabilisce che i moduli installati in impianti con potenza inferiore a 10 kW sono da considerare AEE domestiche, mentre quelli sopra i 10 kW come AEE professionali. I RAEE professionali I RAEE professionali sono i rifiuti elettrici ed elettronici prodotti dalle attività amministrative ed economiche, diversi da quelli domestici. Sono apparecchiature progettate appositamente con caratteristiche e funzioni che le distinguono e sono rivolte a professionisti e aziende. Un elenco non esaustivo di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) è dato dall’allegato IV del dlgs 49/2014: Apparecchiature per lo scambio di temperatura: frigoriferi e congelatori, apparecchi che distribuiscono automaticamente prodotti freddi, condizionatori, deumidificatori, pompe di calore, radiatori a olio e altre apparecchiature per lo scambio di temperatura con fluidi diversi dall’acqua; Schermi, monitor ed apparecchiature dotate di schermi di superficie superiore a 100 cmq: schermi e monitor, cornici digitali LCD, televisori, laptop, notebook; Lampade: tubi fluorescenti, lampade fluorescenti e LED, lampade a scarica ad alta densità, comprese lampade a vapori di sodio ad alta pressione e lampade ad alogenuro metallico, lampade a vapori di sodio a bassa pressione Apparecchiature di grandi dimensioni: lavatrici e asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, lampadari e pannelli fotovoltaici, apparecchiature per riprodurre suoni o immagini, apparecchiature musicali, macchine per cucire, macchine per maglieria, mainframe, grandi stampanti e copiatrici, grandi macchine a gettoni e apparecchi che distribuiscono prodotti e denaro grandi dispositivi medici e strumenti di monitoraggio e di controllo. Apparecchiature di piccole dimensioni: aspirapolvere e scope meccaniche, lampadari, sveglie e orologi, bilance e calcolatrici, forni a microonde e tostapane, ventilatori elettrici, macchine per cucire, ferri da stiro, coltelli elettrici, bollitori e rasoi elettrici, tagliacapelli e rasoi elettrici, strumenti musicali, videocamere e videoregistratori, giocattoli elettrici ed elettronici, apparecchiature sportive, computer per ciclismo, rivelatori di fumo, termostati, piccoli dispositivi medici, strumenti di monitoraggio e controllo. Piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm): telefoni e cellulari, navigatori satellitari (GPS), calcolatrici tascabili, PC, router e stampanti. Il Produttore di AEE professionali deve gestire e finanziare il ritiro dei RAEE professionali qualora l’utente finale ne faccia richiesta, avendo deciso di disfarsene. Nel caso di invece di RAEE professionali storici la responsabilità è a carico del Produttore solo nel caso di fornitura di una nuova apparecchiatura elettronica in sostituzione di una equivalente. I Produttori organizzano sistemi di raccolta differenziata dei RAEE professionali, sostenendo i relativi costi, secondo il principio di Responsabilità estesa del Produttore (EPR). Modalità di conferimento dei rifiuti RAEE in Italia La prima cosa da fare è l’identificazione dei materiali di cui il prodotto è composto. I RAEE, infatti, devono essere raccolti separatamente dagli altri tipi di rifiuti (carta, plastica, vetro, organico ecc.) per evitare contaminazioni e facilitare il processo di riciclaggio. Lo strumento per identificarli è il codice CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), elencati nell’Allegato D al Codice dell’Ambiente (Decreto 152/2006) aggiornato nel 2021. Sono sequenze numeriche composte da 6 cifre riunite in coppie, volte ad identificare la tipologia dei rifiuti in base alla loro natura, provenienza e ai rischi connessi. Per i RAEE i codici CER sono della categoria 16 02 “rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche”. I rifiuti contrassegnati con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 91/689/CEE. Tra questi, vengono individuati quelli contenenti policlorobifenili (PCB), amianto, gas refrigeranti come clorofluorocarburi (CFC), HCFC, Freon o Idrofluorocarburi (HFC) e altri componenti pericolosi. Il codice CER è fondamentale per la gestione dei rifiuti in tutta Europa e per monitorarne l’intero processo. Va inserito nel Formulario di Identificazione dei Rifiuti (FIR), quel documento da compilare obbligatorio per la corretta procedura di smaltimento dei RAEE per le aziende pubbliche o private. La procedura per assegnare correttamente i codici CER ai rifiuti è definita sempre nell’Allegato D del Dlgs 152/06. Nel valutare le caratteristiche di pericolo dei rifiuti, si applicano i criteri di cui all’Allegato I della Parte IV del Codice dell’Ambiente. L’identificazione spetta al produttore di rifiuti che può delegare questo compito a consulenti ambientali, trasportatori o ditte specializzate nello smaltimento. Discorso a parte vale per lo smaltimento dei rifiuti RAEE professionali, che è competenza esclusiva delle aziende autorizzate alla raccolta, al trasporto e al trattamento di questi particolari materiali. Al momento dell’immissione sul mercato di un AEE è prevista l’applicazione preventiva di un eco-contributo, di cui il produttore sosterrà i costi solo nel momento in cui il cliente richiederà il ritiro dell’AEE da smaltire. Per i RAEE domestici, i Produttori sono tenuti per legge a finanziare le suddette operazioni di raccolta, trasporto e trattamento tramite l’adesione obbligatoria ad uno dei tanti Sistemi Collettivi (i cosiddetti Consorzi), che operano sotto la supervisione del Centro di Coordinamento (CdC), un organismo di autoregolamentazione e controllo che assicura l’erogazione del servizio di ritiro e trattamento dei RAEE su tutto il territorio nazionale. Per agevolare la raccolta dei rifiuti elettronici, la normativa italiana ha previsto che il cittadino e consumatore può disfarsi di alcuni tipi di raee semplicemente “restituendoli” a chi li vende. Ma pochi lo fanno, perché manca un’informazione capillare e chiara. Per legge, infatti, i commercianti sono obbligati a ritirare l’usato, il rifiuto elettronico, se ne compriamo uno nuovo dello stesso tipo, il cosiddetto “Uno contro zero”, in vigore dal 22 luglio 2016 a seguito dell’approvazione del DM 121/2026. Ma esiste altresì la possibilità di disfarsi di un rifiuto elettronico senza vincolo d’acquisto. Definita disciplina “uno contro uno“, tale obbligo è in vigore dal 18 giugno 2010, in virtù del D.M. 65/2010 che ha introdotto le semplificazioni per la gestione dei RAEE da parte dei distributori. Uno contro uno (1 vs 1) Ai sensi del D. Lgs. 151/2005 distributori e negozianti hanno l’obbligo di assicurare, al momento della vendita di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica, destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito dell’apparecchiatura usata, in ragione del principio “uno contro uno” (a fronte, cioè, dell’acquisto di un nuovo prodotto analogo). Tale obbligo è in vigore dal 18 giugno 2010, in virtù del D.M. 65/2010 che ha introdotto le semplificazioni per la gestione dei RAEE da parte dei distributori. Decreto in gran parte abrogato e sostituito dal più recente Dlgs 49/2014. E’ l’art. 11 del Dlgs 49/2014, che pone l’obbligo per i distributori di assicurare “al momento della fornitura di una nuova apparecchiatura elettrica ed elettronica destinata ad un nucleo domestico, il ritiro gratuito, in ragione di uno contro uno, dell’apparecchiatura usata di tipo equivalente. I distributori, compresi coloro che effettuano le televendite e le vendite elettroniche, hanno l’obbligo di informare i consumatori sulla gratuità del ritiro con modalità chiare e di immediata percezione, anche tramite avvisi posti nei locali commerciali con caratteri facilmente leggibili oppure mediante indicazione nel sito internet.” I RAEE ritirati dai distributori devono essere avviati ai centri di raccolta secondo una delle seguenti modalità alternative a scelta del distributore: ogni tre mesi o quando il quantitativo ritirato e depositato raggiunge complessivamente i 3.500 chilogrammi. Tale quantitativo è elevato a 3.500 chilogrammi per ciascuno dei raggruppamenti 1, 2 e 3, e a 3.500 chilogrammi complessivi per i raggruppamenti 4 e 5 (di cui all’Allegato 1 del Dlgs 185/2007), solo nel caso in cui i RAEE siano ritirati per il successivo trasporto presso i centri di raccolta o gli impianti di trattamento da trasportatori iscritti all’Albo dei gestori ambientali. Purtroppo, come ha dimostrato Presa Diretta nella puntata del 22/09/2024, molti negozianti non sono attrezzati per proporre questo servizio – nonostante l’obbligo di legge – e i consumatori sono ignari di questa possibilità. Uno contro zero (1 vs 0) Per i rifiuti elettronici di piccola taglia esiste la possibilità del ritiro gratuito anche senza acquisto di un prodotto nuovo. Dal 22 luglio 2016 entra infatti in vigore il DM 121/2016 definito “Uno contro zero”, che impone ai negozianti con grandi superfici di vendita, il ritiro gratuito obbligatorio dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccole dimensioni, con lunghezza esterna inferiore ai 25 cm. L’art. 4 del decreto 31 maggio 2016 n. 121, definisce il ritiro gratuito dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici (sono esclusi i RAEE professionali). I distributori effettuano il ritiro dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici nel rispetto delle previsioni del decreto, a titolo gratuito e senza obbligo di acquisto di AEE di tipo equivalente (criterio dell’uno contro zero). Il ritiro gratuito dei RAEE di piccolissime dimensioni provenienti dai nuclei domestici è effettuato all’interno dei locali del punto di vendita del distributore, ovvero in un luogo situato in prossimità immediata dello stesso, purché di pertinenza del punto vendita. L’obbligo vige solo per quei distributori che possiedono una superficie di vendita di AEE al dettaglio di almeno 400 mq. I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) di piccolissime dimensioni, provenienti dai nuclei domestici sono quelli definiti all’articolo 4, comma 1, lettera l) del decreto legislativo n. 49 del 2014, ovvero i RAEE di dimensioni esterne inferiori a 25 cm: cellulari e smartphone, macchine fotografiche e cam, torce, pile e batterie, etc. Il viaggio dei RAEE: dove finiscono? Abbiamo visto che solo una piccola parte di tutti i RAEE prodotti finiscono per essere correttamente raccolti e avviati a riciclo e recupero dei materiali. Tutto il resto dove finisce? A rispondere a questa domanda, ci pensa un’indagine di Altroconsumo ed Erion “RAEE: chi l’ha visto?”, che fa emergere gravi anomalie nella filiera del riciclo dei Raee in Italia. Sebbene oltre 6 prodotti su 10 finiscano nei canali della gestione corretta per essere riciclati, solo una parte giungono effettivamente a corretto smaltimento. L’indagine è stata condotta su 370 RAEE domestici dismessi dai consumatori, tra grandi elettrodomestici e piccoli dispositivi (come cellulari, tablet e casse). Su ognuna di queste apparecchiature è stato installato un dispositivo GPS in grado di monitorarne la posizione lungo tutto il percorso a partire dalla casa in cui si trovava. A fronte di un campione di 264 RAEE considerato valido ai fini dell’inchiesta (per gli altri 106 la trasmissione è stata interrotta nel luogo del primo conferimento o il trasmettitore è risultato difettoso), solo 175 (il 66,3%) sono giunti in uno degli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), rimanendovi per un periodo di tempo sufficiente a poter essere trattati correttamente. 62 RAEE monitorati (pari al 23,5% del campione), hanno intrapreso un percorso non virtuoso: i rifiuti hanno raggiunto una destinazione diversa da quella prevista, finendo in alcuni casi addirittura all’estero. Questo è un flusso illegale, perché durante il proprio percorso i rifiuti non sono mai transitati in impianti autorizzati al trattamento sfuggendo così a ogni controllo. Le destinazioni anomale riscontrate sono tra le più varie: 3 notebook sono arrivati in Africa tra Senegal, Egitto e Marocco. Un’altra indagine, un’inchiesta congiunta tra Greenpeace e la trasmissione televisiva Presa Diretta evidenzia anch’essa le numerose criticità della filiera italiana di smaltimento dei rifiuti RAEE. Il tracciamento dei rifiuti elettronici ha coinvolto, da Nord a Sud, cinque regioni italiane: Lombardia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Su 21 dispositivi RAEE (stampanti, schede madri, laptop, smartphone, tv etc.) smaltiti presso isole ecologiche o negozi, in circa tre mesi solo sette hanno raggiunto impianti di smaltimento certificati. Dei rimanenti, cinque sono usciti fuori dalla filiera corretta di recupero, otto non sono stati trasferiti o non risultano più presenti nell’isola ecologica di origine, mentre uno è finito in un impianto registrato ma non certificato. Come avevamo visto per l’industria della moda a basso costo o fast fashion, che l’usato dell’occidente è la discarica del Terzo Mondo, lo stesso vale anche per altri tipi di rifiuti, come gli elettronici ma non solo (vedi: un mare di plastica). Traffico dei rifiuti elettronici ed export illegale I rifiuti sono considerati un enorme problema da gestire per i Paesi sviluppati e la spedizione dei rifiuti lontana da casa è una pratica diffusa. Sebbene il traffico dei rifiuti sia proibito fin dal 1992 dalla convenzione di Basilea, i RAEE vengono esportati illegalmente con un trucco: vengono spacciati per usati e aggiustabili (è infatti permessa l’esportazione dei prodotti di seconda mano che siano riparabili). Nel 2022 sono stati spediti oltre confine 5,1 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, di cui 3,3 Mt non sono controllati. Un sacco di rifiuti, un sacco di soldi. Flussi globali (import-export) dei rifiuti elettrici ed elettronici (Global Transboundary E-waste Flows Monitor). E, in questa vulnerabilità del sistema capitalista, s’infila la malavita. Il traffico illegale dei rifiuti è un business dove la criminalità fa cospicui guadagni. È spesso più “conveniente” vendere ai trafficanti che pagare per smaltire correttamente un rifiuto. Certo, se non si pensa alle ricadute e impatti ambientali e sulla salute di quei popoli che ne pagano le conseguenze dell’inquinamento, che contribuiscono ai cambiamenti climatici del mondo intero. Del resto, secondo una stima delle Nazioni Unite “Waste Crimes, Waste Risks: Gaps and Challenges In the Waste Sector”, questo genere di commercio vale ogni anno 19 miliardi di dollari. Senegal: un uomo brucia i rifiuti per ottenerne materie preziose da rivendere E l’Africa, si sa, è la meta preferita del traffico di rifiuti internazionale, la pattumiera globale. In alcune discariche, come quella di Agbogbloshie nei sobborghi della capitale ghanese Accra, finiscono da tempo tonnellate di rifiuti elettronici (Raee) provenienti da tutto il mondo. Che la principale destinazione sia l’Africa, è fotografato anche dallo studio “Person in the port” dell’Università delle Nazioni Unite, secondo il quale ogni anno più di 60 mila tonnellate di rifiuti elettronici sono scaricate illegalmente nei porti del continente africano. Nel 77% dei casi, si tratta di prodotti provenienti da Paesi dell’Unione europea. Si stima che ad Agbogbloshie siano finiti finora più di 250 milioni di tonnellate di e-waste, provenienti per l’85% dal Vecchio Continente attraverso circuiti per lo più illegali (di cui solo il 35% viene effettivamente riparato o riciclato). PresaDiretta racconta l’inferno delle vite di chi vive di rifiuti elettronici. Uomini che trascorrono le giornate a bruciare televisori, computer e pannelli solari per ricavarne metalli preziosi. Donne che trasportano carichi pericolosi e velenosi. Bambini che frugano nelle montagne di rifiuti elettronici per guadagnare qualche soldo. Un’economia del “riciclo” sommersa e informale che dà lavoro a migliaia di persone, ma che genera inquinamento, malattie, degrado, morte. Inquinamento e malattie con i quali sono costretti a convivere anche i cittadini italiani, come quelli di Crotone, ancora in attesa della bonifica dell’ex area industriale Pertusola, una delle zone più inquinate d’Europa: oggi c’è una discarica con un milione di tonnellate di rifiuti interrati. Raccolta e riciclo dei RAEE Abbiamo visto che i rifiuti elettrici ed elettronici contengono materiali preziosi che possono essere recuperati attraverso il riciclaggio, tra cui ferro, alluminio, rame, oro, argento, platino, palladio, indio, gallio e terre rare, contribuendo così alla gestione sostenibile delle risorse, poiché l’estrazione di questi metalli ha impatti ambientali significativi. Tasso di riciclo dei RAEE in Italia e raffronto con il target europeo del 65% La media europea di raccolta pro capite l’anno è di 10,93 kg (fonte: Eurostat 2021). L’Austria è prima a quota 15,46 kg, mentre l’Italia con 8,5 kg si piazza al 20° posto in Europa. Rispetto al target europeo del 65%, l’Italia è ferma al 37% (anno 2023), ben lontana dall’obiettivo comunitario. Secondo lo Studio Ambrosetti-Erion, portando la raccolta dei RAEE al 65% sarebbe possibile recuperare 17mila tonnellate di CRM (il 25% di quelle importate dalla Cina nel 2021), con una riduzione di circa 2,5 milioni di tonnellate di CO2 immesse in atmosfera. Il beneficio ambientale genererebbe anche un vantaggio sociale per la comunità quantificabile in circa 487 milioni di euro. Senza dimenticare il vantaggio economico derivante dalla possibilità di recuperare Materie Prime Seconde, riducendo il peso delle importazioni e la dipendenza dall’estero, pari a circa 31 milioni di euro. Il nostro Paese è molto esposto alla dipendenza dalle materie prime critiche: rientrano nella produzione industriale italiana per quasi 700 miliardi di euro (+35% negli ultimi 10 anni, 1° Paese in Europa per crescita della produzione sostenuta dalle Materie Prime Critiche). L’Italia è primo Paese in UE per incidenza delle Materie Prime Critiche, che sono collegate al 38% del PIL italiano. Secondo uno studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, presentato a Presa Diretta, solo il 10% di uno smartphone è possibile riciclare. Teresa Paoli ha intervistato Fabio Iraldo, coordinatore del Laboratorio SuM Sustainability Management, che ha presentato gli esiti di uno studio condotto dal suo team di ricerca: “Buttare via 100 televisori invenduti vorrebbe dire generare un impatto ambientale, con la produzione di Gas Serra, pari a un’auto che percorre la distanza tra Milano e Pechino per 54 volte“. La raccolta ed il riciclo dei RAEE prevede un’accurata selezione, separazione e trattamento. Operazioni complesse che richiedono grandi investimenti e tecnologie avanzate. In Piemonte esiste un impianto all’avanguardia nella gestione e nel trattamento dei rifiuti elettronici, capace di trattarne 22.000 t/anno anche grazie all’uso dell’intelligenza artificiale: l’impianto di Volpiano di Iren. Waste footprint e carbon footprint La conoscenza dei rifiuti totali generati dalla produzione di beni di consumo può aiutare a sensibilizzare i decisori politici, i produttori e i consumatori sui vantaggi dell’alternativa economia circolare. Uno studio svedese ha calcolato l’impronta dei rifiuti di 10 prodotti: i risultati sono allarmanti. L’obiettivo dello studio di screening dell’impronta dei rifiuti (waste footprint) era di tenere conto dei rifiuti totali generati per produrre un prodotto e di indagare i tipi di rifiuti generati. Sono stati studiati dieci prodotti: pollo, manzo, latte, computer portatile, smartphone, un paio di pantaloni, indumenti sportivi (maglietta e pantaloncini), scarpe di pelle, cartone del latte e giornale. Il computer portatile e lo smartphone hanno ottenuto i punteggi più alti. Anche considerando la carbon footprint, Notebook e smartphone primeggiano su tutti. Le emissioni di CO2eq per la produzione di un paio di pantaloni (di cotone) e pantaloncini (di poliestere) e maglietta (abbigliamento sportivo) erano simili. Tuttavia, a differenza del caso dell’impronta dei rifiuti, l’impronta di carbonio di 1 L di latte era molto più elevata di quella del cartone. Questo suggerisce che anche altri indicatori, come l’impronta di carbonio, dovrebbero accompagnare i punteggi dell’impronta dei rifiuti in un contesto decisionale. Obsolescenza, riparazione, economia circolare Le aziende ostacolano la riparazione dei prodotti? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto indietro di un secolo. Correva l’anno 1924, i più grandi produttori di lampadine si accordano per far si che una lampadina duri non oltre le 1000 ore di vita: nasce il cosiddetto cartello Phoebus. L’accordo era puramente economico, alle aziende interessava fare profitto e sempre di più: una lampadina che ha una vita breve e si fulmina ha necessità di essere sostituita da una nuova da acquistare. Eppure potrebbe durare molto più a lungo: esiste infatti una lampadina che dura da oltre 100mila ore, è attiva dal 1901 e si può seguire sul web in diretta (Bulbcam). Fu il primo caso nella storia di obsolescenza programmata e, forse, il principio del consumismo. Smartphone modulare e sostenibile, predisposto alla riparazione, recupero e riciclo (Fairphone). Oggi, se un cellulare dura più di due anni, tra problemi prettamente funzionali e aggiornamenti software, è un autentico miracolo. E questo vale per molti elettrodomestici e dispositivi elettronici moderni (quelli di una volta si che duravano): i prodotti sono progettati per avere una vita determinata ma, soprattutto è spesso difficile ripararli e sostituire quel componente difettoso o rotto. Ma c’è speranza. Esiste uno smartphone sostenibile che invece è pensato apposta per essere facilmente smontato, sostituito e riparato. Si chiama Fairphone, lo produce un’azienda olandese ed è un prodotto controcorrente che si distingue per l’essere insensibile alle dinamiche del consumismo. Il cellulare è infatti pensato e progettato per durare a lungo ed essere facilmente riparabile in caso di guasto. È l’antidoto all’obsolescenza programmata dai profitti delle multinazionali. Intanto in tutta Europa e negli Stati Uniti si vanno diffondendo i repair cafè, spazi di aggregazione sociale e condivisione dei saperi, nati in Olanda sull’esempio delle ciclofficine popolari, dove chiunque può portare un prodotto rotto o guasto ed essere aiutato, guidato e sostenuto nella sua riparazione, imparando e condividendo tempo ed energie. In Austria la cultura della riparazione è sostenuta da voucher statali e comunali, i “reparatur bonus”: la politica ha scelto di finanziare il 50% del costo della riparazione e così allungare la vita dei nostri prodotti. Secondo il governo austriaco, nel primo anno sono stati riparati 560.000 dispositivi tramite il sistema dei voucher. Il bonus è stato applicato anche alle riparazioni di biciclette da settembre 2024. In Francia, un test simile è iniziato a dicembre 2022 e, da quest’anno, verrà ampliato per includere anche le riparazioni di tessuti e scarpe. Anche in Italia ne sono sorti diversi: a Roma c’è “Aggiustotutto”, a Milano il “Lab Barona”, a Firenze “Restarters”. Esiste poi una piattaforma italiana che mette in contatto i riparatori con chi ha bisogno di riparazioni: WeFix. Economia della riparazione, economia circolare. Finalmente di recente, l’Europa ha approvato un regolamento per arginare il fenomeno dell’obsolescenza programmata. Il 30 luglio 2024 è ufficialmente entrata in vigore la direttiva UE 2024/1799 che garantisce il diritto alla riparazione sugli apparecchi elettronici: lavatrici e lavasciuga, lavastoviglie, apparecchi di refrigerazione, display elettronici, apparecchiature di saldatura, aspirapolvere, server e prodotti di archiviazione dati, telefoni cellulari, cordless e tablet, asciugabiancheria, beni che incorporano batterie per mezzi di trasporto leggeri. Malgrado siano soltanto 10 i prodotti considerati dalla normativa, essa rappresenta un piccolo grande passo per un’economia circolare elettronica e digitale. Inoltre, entro la fine del 2024, l’USB di tipo C diverrà il caricatore universale, lo standard per la maggior parte dei dispositivi elettronici nell’UE. Per approfondire: Altroconsumo e Erion, RAEE: Chi l’ha visto?, 2023 Bakas et al., Critical metals in discarded electronics, 2016 Centro di Coordinamento RAEE, Rapporto annuale 2023 Commissione Europea, Directive 2012/19/EU, WEE-Directive Decreto, Dlgs 14 marzo 2014, n.49 Decreto Uno contro uno, DM 65/2010 Direttiva (EU) 2024/1799, Right to repair, 2024 EU, IVL, E-waste and raw materials: from environmental issues to business models, 2019 Ispra, Rapporto Rifiuti Urbani, 2023 Laurenti et al., Calculating the pre-consumer waste footprint: A screening study of 10 selected products, 2017 Nazioni Unite, Global E-waste Monitor, 2024 OMS, Children and digital dumpsites: e-waste exposure and child health, 2021 Presa Diretta, Un mondo di scarti, 22 settembre 2024 The European House Ambrosetti, Le opportunità per la filiera dei RAEE all’interno del Critical Raw Materials Act, 2023 Unione Europea, progetto ProSUM, 2017 Unitar, The Global Transboundary E-waste Flows Monitor, 2022 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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