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Indice degli argomenti Toggle Auto elettrica, eletta paladina della sostenibilitàCenni di storia: alle origini dell’autoTrasporti d’Europa: emissioni e obiettiviIl motore a combustione (benzina e diesel)L’auto elettrica è la scelta ecologica? Tipi di auto elettricheCom’è fatta un’auto elettricaMix energetico: fossili e rinnovabiliBatterie e minerali criticiCosti di gestione dell’elettrico a confrontoMercato dell’auto: attualità e tendenzeIncentivi per l’acquisto di un’auto elettrica (ecobonus)Le altre misure per la lotta ai cambiamenti climatici L’auto elettrica è stata eletta regina della decarbonizzazione, insignita del titolo di paladina della sostenibilità dall’Unione Europea che ha pianificato l’eliminazione dei veicoli tradizionali a benzina e diesel entro il 2035. Per ridurre le emissioni di gas serra e la dipendenza dai combustibili fossili, l’UE prevede di sostituire le macchine con motore a combustione interna con alternative a basse emissioni di carbonio come elettricità, idrogeno e biocarburanti. L’auto elettrica, in particolare in Italia, è vista però da alcuni con scetticismo. I timori che ne ostacolano la diffusione sono dovuti ai maggiori costi iniziali, alla batteria ricaricabile (capacità, durata e tempi di ricarica e sostenibilità). Eppure già ora, mezz’ora di ricarica ultrarapida garantisce un pieno e autonomia di centinaia di km. E la ricerca va avanti. Che la auto elettriche non producono emissioni per funzionare è un dato inconfutabile. Ma, se emettano più o meno CO2 delle auto tradizionali sull’intero ciclo di vita è un tema molto dibattuto e ancora aperto. Sull’argomento c’è poca chiarezza. Dire che l’auto elettrica ha zero emissioni, non è corretto. Se è vero, infatti, che ha zero emissioni locali durante l’uso (non emettendo gas di scarico), lo stesso non può dirsi nelle altre fasi, come la produzione e smaltimento. Per un’analisi definitiva è sicuramente prematuro. Essendo in circolo solo da pochi anni, infatti, le auto elettriche non hanno ancora completato il loro ciclo di vita. Occorrerà attendere che si arrivi a fine vita delle batterie e delle vetture per calcolare l’impatto del loro smaltimento e le future dinamiche di riuso e riciclo delle componenti che possano consentire almeno di recuperare quei minerali critici, la cui attività estrattiva presenta sovente gravi criticità ambientali. Pertanto, al momento, ci occuperemo delle prime due fasi, dalla fabbricazione di batteria e autoveicolo (comprensiva del reperimento delle materie prime) fino alla messa su strada, considerando anche le emissioni dovute alla produzione dell’energia elettrica necessaria alla ricarica del mezzo (ancora per la gran parte a carico dei combustibili fossili). E, nel fare questo, ci serviremo dei più autorevoli studi sul ciclo di vita esistenti, confrontando l’elettrico con l’auto a combustione e tentando di svelare luci ed ombre dell’auto elettrica. Auto elettrica, eletta paladina della sostenibilità C’è la corsa all’elettrico: l’Europa, dal 2035, sarà il primo continente a mobilità elettrica. Obbligo di zero emissioni per auto e furgoni di nuova produzione: in pratica, potranno vendersi solo veicoli elettrici. Nell’estate del 2021 è stato infatti annunciato il lancio del Green Deal Europeo, che va a restringere ulteriormente i criteri stabiliti nel 2015 all’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. “L’obiettivo è quello di fare dell’Europa il primo continente al mondo neutrale dal punto di vista climatico” sono le parole della presidente Ursula Von Der Leyer. Per quanto riguarda il settore dei trasporti, le tecnologie disponibili sono da una parte lo sviluppo dell’elettrico, dall’altra l’idrogeno. Ma, allo stato attuale produrre idrogeno non è conveniente perché consuma molta più energia di quanta ne produce (3,5 kWh si convertono in 1 kWh di idrogeno) e per ottenerlo si consumano perlopiù combustibili fossili. L’UE sostiene la produzione delle auto elettriche in Europa. Di recente, ha annunciato il finanziamento di 3 miliardi di euro per rilanciare l’industria delle batterie europee (tentando di arginare il predominio cinese). Sull’onda della consapevolezza che le materie prime necessarie alla produzione dei veicoli elettrici, ed in particolar modo delle batterie, sono limitate in Europa e vanno cercate al di fuori. L’auto elettrica oggi ambisce a diventare la nuova icona, meraviglia storica contemporanea, capace di rivoluzionare il mondo, alla maniera – passatemi l’incauto paragone – degli acquedotti dell’antica Roma, della Basilica di San Pietro, della Pagoda buddista. Erano altri tempi ma, allo stesso modo, si prospetta una radicale trasformazione della società capace di influenzare profondamente cultura e stili di vita. Sebbene si stia diffondendo solo in tempi recenti, l’auto elettrica ha origini molto lontane nel tempo, agli albori dell’automobile. Cenni di storia: alle origini dell’auto Tesla è ormai sinonimo di auto elettrica, ma in realtà le sue origini sono ben più remote. Le prime automobili esistenti funzionavano infatti – se si trascurano le esperienze di mezzi a vapore – con motori elettrici e, solo successivamente, tempo dopo, vennero inventati i motori a combustione interna (ICE), che li superarono e soppiantarono per tutto il XX secolo. Il Novecento sarà ricordato come il secolo del motore a scoppio, dell’auto a benzina e diesel. A sinistra: prima auto elettrica di Thomas Parker, 1884. A destra: primo veicolo a benzina, il Benz Patent-Motorwagen, 1886 Dapprincipio, fu l’auto a vapore. Oltre 250 anni fa, nel 1769, il francese Nicolas-Joseph Cugnot realizzò il primo veicolo capace di muoversi autonomamente. Un carro a tre ruote spinto da un propulsore a vapore e capace di viaggiare a 4 km/h, diede ufficialmente avvio all’era dell’automobile. Poi arrivò l’elettricità. Correva l’anno 1835: l’americano Thomas Davenport costruì il primo motore elettrico. Ma bisognerà attendere il 1860 con l’invenzione della prima batteria ricaricabile al piombo-acido di Gustave Planté, affinché l’idea si concretizzi (prima i veicoli erano alimentati da batterie usa e getta). Nel 1986 appare quella che è considerata la prima automobile dotata di motore a combustione interna. La Benz Patent-Motorwagen, un veicolo a tre ruote inventato e brevettato da Karl Benz con motore a combustione interna o “a scoppio”. Fu però soltanto qualche anno dopo, ad opera di Henry Ford, che il motore endotermico prese il volo, conquistando il cuore delle persone e il monopolio dei trasporti. Nei primi anni del XX secolo, Ford grazie alla tecnica della catena di montaggio, avviò la produzione su vasta scala delle auto a benzina. Questo permise l’abbattimento dei costi che ne garantì la diffusione capillare, a discapito della controparte elettrica che s’avviò a un’inesorabile declino fino a scomparire. Trasporti d’Europa: emissioni e obiettivi Pur generando solo l’8 % delle emissioni mondiali di CO2, l’Unione Europea si è preposta l’obiettivo ambizioso, con il Green Deal Europeo, di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e per diventare il primo continente climaticamente neutro – a zero emissioni – entro il 2050. Per quanto riguarda i trasporti, l’UE ha fissato l’obiettivo di ridurne le emissioni del 60% entro il 2030 e del 90% al 2050. E, in questa direzione, di arrivare a produrre il 40% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Emissioni di CO2 dei trasporti, ripartite i vari mezzi: aerei, ferrovie, navi, trasporto su strada (fonte: EEA, 2021) Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale (oltre la metà, il 60.6%, è imputabile alle autovetture). Il trasporto stradale è quindi responsabile di circa un quinto delle emissioni totali nell’UE, con il mezzo più inquinante che è l’automobile. Emissioni di CO2 dei trasporti, ripartite i vari mezzi: aerei, ferrovie, navi, trasporto su strada (fonte: EEA, 2021) Secondo le stime dell’EEA le emissioni totali di gas serra dell’UE, che tengono anche conto del carbonio assorbito (ad esempio dalle foreste), dal 1990 al 2022 sono diminuite del 31%. Tuttavia, in controtendenza, le emissioni attribuite al solo settore dei trasporti, sono aumentate di oltre il 25% rispetto ai livelli del 1990. Questo perché, sebbene i mezzi di trasporto (navi, aere, auto, camion) siano diventati più efficienti (i motori, sia a combustione che ibridi, emettono meno biossido di carbonio per chilometro, e quelli elettrici a zero emissioni d’uso), ciò non è bastato a compensare il crescente volume dei trasporti. Obiettivi di riduzione della CO2 nei vari settori in Europa al 2030 (fonte: EEA, Trends, 2023) Le emissioni legate all’energia in Europa sono da diversi anni in diminuzione costante. Ma, ciò non basta. L’UE deve più che raddoppiare il ritmo di riduzione delle emissioni rispetto al passato (Report EEA) e mobilitare oltre 32mila miliardi di dollari di investimenti per realizzare un’economia green entro il 2050. L’elettrificazione dell’economia è il motore più importante per la decarbonizzazione. L’Europa fa molto affidamento sulle pompe di calore (nell’edilizia) e sull’adozione di veicoli elettrici per eliminare le emissioni di carbonio derivanti dalla combustione di petrolio e gas. Il motore a combustione (benzina e diesel) Eccesso di elettronica, tempi di ricarica, l’autonomia di marcia, la scarsità dei punti di ricarica, il maggior costo, uniti all’imprecisato beneficio ambientale: questi sono i principali ostacoli all’amore incondizionato per l’auto elettrica. Di sicuro i veicoli elettrici e ibridi richiedono un investimento economico maggiore: costano infatti ben più delle tradizionali auto a benzina, diesel o gas. E sul resto? Anzitutto c’è da dire che esiste molta confusione sul tema e, l’ambiguità, è fonte di ragionevoli dubbi. Spesso si leggono articoli e notizie che parlano dell’auto elettrica come mezzo pulito, non inquinante, a zero emissioni. Questo è vero, ma solo parzialmente. I sostenitori delle auto tradizionali fanno notare come la fase di produzione di un veicolo elettrico, se paragonata a quello a combustione (benzina o diesel), è molto più inquinante in termini di emissioni di gas serra. I fautori del motore a scoppio, sebbene la maggioranza degli studi analizzati (che vedremo in seguito) arriva a dissonanti conclusioni, trovano conferme in alcune autorevoli voci. Secondo il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) il diesel è migliore dell’auto elettrica: “Con gli Euro 6 meno CO2 dei benzina, e sono più puliti delle elettriche”. Tommaso Lucchini, Ricercatore al Politecnico di Milano, è contrario all’idea di puntare tutto sull’elettrico trascurando le potenzialità dei biocarburanti e carburanti sintetici. È vero, i biocarburanti possono giocare un ruolo decisivo nella decarbonizzazione dei trasporti. Tuttavia, occorre anzitutto garantire che la loro produzione non comprometta la filiera alimentare e non comprometta la biodiversità. E, in ogni caso, vista la crescente domanda di energia e, il non trascurabile impatto ambientale di alcune piante da cui si ricavano i combustibili (come la palma o la colza), non possiamo illuderci che il loro contributo possa essere più che marginale. Un noto studio norvegese (Hawkins et al. 2013) afferma che la durata della batteria ha un ruolo determinante nel definirne l’impatto ambientale. E osserva che, fino a 100.000 km, diesel ed elettrico si equiparano, con un lieve margine di vantaggio sul motore a benzina. Oltre questa soglia, l’auto elettrica ha sempre maggiori benefici. Dalla Lituania (Boros et al. 2020), altre buone notizie per i motori a scoppio. L’analisi LCA non riscontra significative differenze nell’impatto ambientale tra auto tradizionali EURO 6 e auto elettriche. Specificando come per l’elettrico, le fasi di produzione e riciclo, siano le più impattanti (a differenza dell’auto a combustione che produce il massimo delle emissioni durante l’uso). Aggiunge però che l’impatto ambientale delle auto elettriche può essere ridotto se l’elettricità che utilizzano proviene da fonti energetiche rinnovabili o da centrali nucleari. Il dubbio appare legittimo. Non sia mai che si ripeta il caso delle cannucce ecologiche e biodegradabili in sostituzione della plastica monouso: un prodotto meno inquinante, ma con alcuni, preoccupanti, lati oscuri. Molti si soffermano però su un’analisi parziale del problema. Per capire se l’auto elettrica è più ecologica e conveniente di una a benzina o diesel, occorre andare più a fondo. Attraverso l’analisi del ciclo di vita o LCA (Life Cycle Assessment), considerando l’intero ciclo produttivo dell’automobile. Dal processo di estrazione delle materie prime (che avviene perlopiù nei paesi extraeuropei e l’impatto sociale e ambientale su di essi) a come queste vengono lavorate per ottenere il prodotto finale, batteria e carrozzeria. Essendo una tecnologia piuttosto recente, l’impatto a fine vita (smaltimento, riuso e riciclo), non verrà considerato, ma ci si fermerà alla fase d’uso. L’auto elettrica è la scelta ecologica? Esistono numerosi studi sull’argomento, che considerano l’impatto dell’auto elettrica a confronto con l’auto tradizionale a combustione (diesel e benzina). I più completi che andremo ad analizzare sono comunque parziali, perché sprovvisti dell’ultima fase, la “morte” dell’auto (smaltimento, riuso e riciclo delle sue varie componenti). I lavori analizzati si concentrano pertanto sul ciclo di vita cd. “Well-to-Wheel”, dal reperimento delle materie prime all’uso del veicolo. I diversi studi concordano sul maggior impatto ambientale nella fase iniziale (estrazione dei materiali, produzione del veicolo e batteria). E i vantaggi, rispetto alle macchine a benzina o diesel, si hanno nella fase d’uso e sono proporzionali all’aumentare dei km percorsi. A circa 50 mila km si ha il pareggio in termini di impatto GWP (potenziale di riscaldamento globale). Va da sé che, maggiore è la durata del veicolo, maggiori saranno i benefici ambientali. In genere, per le batterie al litio, viene presa a riferimento una vita pari a 150.000 km. Emissioni di gas serra durante il ciclo di vita dei veicoli del segmento medio-basso a benzina, diesel, metano, ICEV, PHEV, BEV e FCEV registrati in Europa nel 2021 (fonte: ICCT) Secondo uno studio dell’ICCT (International Council on Clean Transportation), le auto elettriche (BEV) producono emissioni di gas serra nel ciclo di vita inferiori del 30%-63% rispetto alle auto a benzina, in funzione del mix energetico usato per alimentarle. Secondo uno studio della Ricardo Energy&Environment per la Commissione Europea sulla LCA (Life Cycle Assessment) dell’auto elettrica, citato da ECCO, il think tank italiano sul clima: “le emissioni di CO2 di ciclo di vita di un’auto elettrica di medie dimensioni (con riferimento al mix energetico di generazione elettrica medio europeo, in linea con quello dell’Italia) sono del 55% inferiori rispetto a quelle di un veicolo endotermico di pari peso e potenza alimentato a benzina (del 47% nel caso di un veicolo diesel).” Confronto degli impatti GWP del ciclo di vita delle auto convenzionali a benzina/diesel ICEV e i BEV per diversi paesi dell’UE. Stando a questi e altri studi, la macchina elettrica già adesso è vantaggiosa, e potrà solo migliorare. Ciononostante presenta delle criticità. I due punti deboli attuali dell’auto elettrica sono principalmente legati, da una parte al ciclo produttivo delle batterie al litio, dall’altra al mix energetico utilizzato per alimentare il veicolo. I vantaggi sono significativi solo se si sfrutta energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. E se si riescono ad abbattere le emissioni relative alla produzione delle batterie (attività estrattiva, raffinazione e assemblaggio finale). A temperature estreme, possono avere malfunzionamenti: di recente molti modelli tesla siano stati bloccati dal freddo di Chicago a 18° sotto zero. Tipi di auto elettriche I dati di vendita del mercato e le ambizioni europee (e non solo) di decarbonizzazione, indicano chiaramente il futuro nell’elettrico. Ma, in alternativa ai motori alimentati a benzina, gasolio, metano e GPL, esistono varie soluzioni. Tipologie di auto elettriche: full hybrid, plug-in hybrid, elettrica (fonte: Altroconsumo n.365, gen. 2022) Attualmente il mercato è governato da quattro tipologie di auto elettriche: Mild Hybrid (MHEV) Full Hybrid (HEV) Plug-in Hybrid (PHEV) Elettrica a batteria (BEV) Oltre a quelle completamente elettriche a batteria (BEV), abbiamo la categoria delle auto ibride (mild, full e plugin). Tutte hanno in comune l’avere, oltre al classico motore a combustione, una batteria che collabora al funzionamento del mezzo e si ricarica in frenata e decelerazione e, escluse le mild, in condizioni di marcia. La prima della categoria, la Mild Hybrid, ha una batteria piccolissima, nell’ordine di mezzo kWh, che le permette soltanto un modesto supporto al motore principale endotermico. Le Full e Plugin Hybrid hanno invece una maggiore capacità elettrica, potendo contare su una batteria più grande e capiente (da 1,5 kWh per le Full fino alle 18 kWh delle Plug-in). Le Plug-in Hybrid sono quanto di più vicino all’auto elettrica per consumi ed emissioni, possono collegarsi alla rete elettrica per ricaricarsi e percorrere oltre 50 km in modalità elettrico. E infine c’è l’auto elettrica a batteria o BEV (Battery Electric Vehicle), quella oggetto della nostra indagine. Una vettura che funziona solamente grazie alla batteria che ricaricandola con apposite colonnine permette ormai di percorrere fino a qualche centinaio di km con una sola carica (cosa impensabile fino a qualche anno fa). E questo, è destinato a migliorare. Ma sono davvero più ecologiche? Com’è fatta un’auto elettrica Le auto elettriche hanno una meccanica estremamente semplice. Se paragonate alla conformazione di un veicolo a benzina, hanno meno componenti e necessitano di minore manutenzione. Non essendoci combustione di carburante, non necessitano di un tubo di scarico o una marmitta, tantomeno di un filtro per il carburante, filtro e pompa dell’olio, cinghia di distribuzione, pistoni, albero motore, pompa, radiatore. Meno componenti equivale ad una maggiore economia di gestione e, se non fosse per i costi ancora elevati della batteria, un’auto elettrica sarebbe certamente più economica. Una porta di ricarica, un inverter, un accumulatore (pacco batteria), un propulsore e un motore elettrico (anteriore o posteriore o dual). Pochi elementi tenuti assieme da un sofisticato sistema elettronico che li mette in comunicazione tra loro e ne gestisce il funzionamento. Tra le componenti di un’auto elettrica, sicuramente la batteria è la parte più delicata. La tecnologia attuale delle batterie al litio infatti, prevedono un uso massiccio di metalli rari, cosiddetti critici, per la loro difficoltà di reperibilità, estrazione, lavorazione. Le miniere più grandi sono ubicate fuori dall’Europa e la Cina ha il monopolio sull’intero processo.. L’auto elettrica è pulita per la città. Solitamente infatti, inquina a molta distanza rispetto a dove viene usata, laddove si estraggono le materie prime, si lavorano e si assemblano i componenti. I cittadini europei respireranno aria migliore, più salubre. Ma lo stesso può dirsi dei popoli che vivono accanto alle miniere? In Congo e Indonesia, come vedremo, no. L’attività estrattiva di questi metalli come nichel e cobalto è infatti altamente inquinante per l’aria, l’acqua, la terra. Mix energetico: fossili e rinnovabili Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) relativi all’anno 2020, l’energia disponibile nell’UE proviene principalmente da cinque fonti: prodotti petroliferi, incluso il petrolio greggio (circa 35 %); gas naturale (24 %); rinnovabili (17 %); energia nucleare (13 %); combustibili fossili solidi, come il carbone (12 %). Tuttavia, esistono differenze significative tra gli Stati membri dell’UE. Ad esempio, la gran dell’energia disponibile è rappresentata: in Italia dal gas naturale, in Francia dal nucleare, in Svezia dalle rinnovabili. La percentuale di rinnovabili utilizzate per i mezzi di trasporto nell’UE ha raggiunto il 10,2 % nel 2020, realizzando l’obiettivo del 10%, fissato per lo stesso anno. Parte di tale energia proveniva da biocarburanti, connessi a un altro obiettivo dell’UE, ovvero la riduzione dell’intensità di gas a effetto serra dei carburanti venduti per il trasporto stradale. La media UE del totale di rinnovabili è ferma al 17,4%. Il mix energetico italiano nel 2022 (fonte: GSE) Ogni Paese europeo ha le sue peculiarità. L’Italia ha il suo mix energetico nazionale dell’energia elettrica immessa in rete. Determinato sull’anno 2022 dal GSE, le principali fonti primarie sono: Gas naturale (46,9 %); Rinnovabili (36,8 %); Carbone (9,4%). I combustibili fossili (gas e carbone su tutti) sono ancora le principali fonti energetiche dell’Italia. Il gas metano, saldo al primato, è importato dall’estero, perlopiù da Paesi sensibili quali Russia, Algeria, Azerbaijan. Le fonti rinnovabili (solare, eolico, geotermico, idroelettrico), coprono solo 1/3 del fabbisogno energetico nazionale. Emissioni di gas serra dovute alla produzione di elettricità, per tipo di generazione (fonte: ICCT) E se vediamo l’impatto ambientale (in termini di emissioni di gas serra), della produzione di energia elettrica in base al tipo di generazione, il confronto è implacabile. Per ogni kWh prodotto, l’eolico emette 12 gC02, mentre il carbone inquina cento volte di più (1.000 gC02). Resta ancora molto da fare, sia sul fronte della decarbonizzazione, che su quello dell’indipendenza energetica. Ma l’Europa si è data obiettivi ambiziosi, immaginando un futuro 100% rinnovabile. Batterie e minerali critici In attesa che la ricerca tecnologica sulle promettenti batterie al sale e allo stato solido giunga a maturazione, attualmente le più diffuse nel campo delle auto elettriche (e biciclette) sono le batterie al litio. Tra queste, le tipologie NCA (Nickel-Cobalto-Alluminio), NMC (Nickel, Manganese, Cobalto), LFP (Litio-ferro-fosfato dominano l’attuale mercato dell’auto elettrica. Ad esempio, la nuova Fiat 500e possiede una batteria NMC da 42 kWh, la Tesla Model 3 RWD monta batterie Litio-ferro-fosfato (LFP) da 60 kWh. Di recente, la cinese NIO ha testato una vettura con batteria semisolida da 150 kWh capace di oltre mille km di autonomia con una sola carica. Ancora in fase di test, debutterà nel mercato nel 2025 e la tecnologia è appena all’inizio. Materie prime e minerali critici nelle batterie agli ioni di litio per auto elettriche (fonte: JRC) Tra i vari minerali che compongono una batteria al litio, i metalli individuati dall’Europa come materie prime critiche, sono: nichel cobalto litio manganese Il bisogno di questi minerali è destinato a crescere, di pari passo con la transizione energetica. Oltre allo sviluppo di soluzioni e tecnologie meno energivore, è perciò indispensabile attivare una filiera del riciclo e riuso. Ma occorreranno ancora alcuni anni prima che grandi volumi di batterie arrivino a fine vita, chiudendo il ciclo. Nel frattempo occorre reperire metalli e minerali critici estraendoli dalle miniere. La puntata di Report (Green Hypocrisy), il programma di approfondimento condotto da Sigfrido Ranucci su Raitre, del 19 novembre scorso, analizza l’elemento cardine dell’auto elettrica, ovvero la batteria. E mostra come nell’estrazione del Nickel in Indonesia emergano gravi criticità ambientali, di sicurezza e salute. E non va meglio in Congo, dove sono le più grandi riserve di cobalto al mondo: secondo Amnesty, esistono gravi violazioni dei diritti umani e circa 40.000 bambini sarebbero impegnati nelle miniere. Costi di gestione dell’elettrico a confronto L’auto elettrica ha diverse possibilità di carica, distinte per velocità e convenienza economica. Si può caricare a casa oppure sfruttando le colonnine di ricarica pubbliche (ne esistono di varie potenze e velocità. Le “ultrafast” da oltre 100kW permettono una carica completa in circa mezz’ora). Costi di rifornimento di auto a benzina, diesel, elettrico a confronto (fonte: elaborazione Altroconsumo su dati del MASE). Ora valutiamo i costi. Stando ai dati del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), sulle diverse tipologie di auto – benzina, diesel, elettrica – l’auto elettrica è molto più conveniente se la si ricarica in casa o con colonnine a bassa potenza. Viceversa, se la ricarica avviene nelle colonnine rapide o ultra-rapide, le auto a combustione risultano più vantaggiose. Mercato dell’auto: attualità e tendenze Stando ai dati dell’Associazione dei Costruttori Europei d’Automobili (ACEA), in Europa, il volume complessivo delle vendite di nuove auto elettriche a batteria per l’intero anno 2023 ha superato 10,5 milioni di unità, in aumento del 37% rispetto al 2022 (solo in Italia, un milione e mezzo di nuove immatricolazioni). La quota di mercato delle auto elettriche a batteria (BEV) ha raggiunto il 14,6% nel 2023, affermandosi come la terza scelta più popolare tra gli acquirenti, dopo le auto ibride-elettriche (HEV) al 25,8% ma distanti dalle auto a benzina che mantengono un solido primato con il 35,3 % sul totale di auto vendute in Europa. In controtendenza l’Italia: nello stesso periodo, le auto elettriche sono all’ultimo posto con una risicata quota di mercato che arriva appena al 4,4%, ben distante dagli altri Paesi europei (in Francia il 16,8% in Germania il 18,4%, in Olanda addirittura il 30,8%). Tuttavia, nonostante il forte aumento delle vendite registrato negli ultimi anni, le auto a ricarica elettrica (elettriche a batteria e ibride plug-in) rappresentano ancora solo l’1,5% del parco auto totale dell’UE. Secondo il rapporto di Bloomberg NEF (New Energy Outlook Europe 2022), per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni che si è data l’Unione Europea al 2050: le vendite di veicoli elettrici dovranno quintuplicare, da meno di 11 milioni a 55 milioni all’anno; le installazioni solari dovranno più che triplicare; le installazioni eoliche dovranno aumentare di sei volte. Il mercato dell’auto elettrica è in continua espansione, dall’Europa alla Cina. In totale abbiamo circa 14 milioni di veicoli elettrici circolanti in tutto il mondo. Vendite auto elettriche dal 2016 al 2023 (fonte: IEA) E in Italia? L’obiettivo finalizzato alla riduzione delle emissioni dei trasporti indicato nel Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) prevede la sostituzione di 4,3 milioni di veicoli del parco auto circolante con veicoli elettrici a batteria (BEV) al 2030. Per raggiungere tale obiettivo, 600 mila nuove auto elettriche dovrebbero essere immatricolate ogni anno, da qui al 2030. Il mercato, come abbiamo accennato, in Italia stenta però a decollare. Incentivi per l’acquisto di un’auto elettrica (ecobonus) Il DPCM 6 aprile 2022, definisce gli incentivi per l’acquisto di veicoli non inquinanti, per il triennio dal 2022 al 2024. Il bonus viene riconosciuto, con modalità differenti, per gli acquisti effettuati da persone fisiche o giuridiche e le piccole e medie imprese. Il concessionario prenota il contributo – pari a 3.000 euro – sul portale Ecobonus Mise, e lo versa sottoforma di sconto all’acquirente, per l’acquisto di veicoli non inquinanti: Auto elettriche, ibride e a motore termico con emissioni fino a 135 g CO2/km; Motocicli e ciclomotori elettrici e non (uguale o superiore a Euro 5); Veicoli commerciali Nel caso si abbia un vecchio veicolo di classe inferiore ad Euro 5, viene riconosciuto un plafond aggiuntivo di 2mila euro per la sua rottamazione. Il prezzo massimo di listino rimane fissato a 42.700 euro (35.000 euro + Iva). Il contributo è riconosciuto a patto di mantenere la proprietà del veicolo acquistato per almeno 12 mesi. Confermati per il 2024, con qualche variazione, i vari Bonus Edilizi (Ecobonus, Sismabonus, Bonus Mobili, Superbonus, Bonus ristrutturazione, ) e il Bonus colonnine domestiche che prevede un contributo pari all’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici fino a massimo 1.500 euro per i privati e fino a 8.000 per gli edifici condominiali. Le altre misure per la lotta ai cambiamenti climatici È importante tenere a freno la crescente domanda di trasporti, favorendo il passaggio verso modalità più ecologiche: andare a piedi o in bicicletta e usare i mezzi pubblici (autobus e treno). Oltre alle misure sui trasporti, per la lotta ai cambiamenti climatici c’è bisogno di ben altro. Per realizzare il Green Deal europeo è necessario ripensare le politiche per l’approvvigionamento di energia pulita in tutti i settori dell’economia: industria, produzione e consumo, grandi infrastrutture, trasporti, prodotti alimentari e agricoltura, edilizia, tassazione e prestazioni sociali. Intervenire sul patrimonio edilizio (gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra, del 40% del consumo di energia e di oltre un terzo dei rifiuti prodotti in Europa), puntando all’efficienza energetica. Gli interventi, in base alla zona climatica, devono concentrarsi almeno sull’involucro edilizio (isolamento termico di pareti e tetto), infissi performanti, pompe di calore elettriche in sostituzione degli impianti a gas, energie rinnovabili. In tale ottica, l’UE ha di recente approvato la direttiva “Case green” che prevede, tra l’altro, tutti i nuovi edifici a emissioni zero dal 2028 e gli edifici residenziali in classe D, entro il 2033 (2030 per quelli pubblici). Sul consumo di suolo, che ruba aree verdi (permeabili e naturali) ed è all’origine di fenomeni quali alluvioni e frane, isole di calore urbane, perdita di produzione agricola e legname, l’aumento di Run-off, maggiore CO2 da smaltire (causa della deforestazione che diminuisce la capacità di assorbimento degli alberi persi). Anche l’economia circolare è anche parte integrante della strategia europea della decarbonizzazione al 2050 prevista dal Green Deal, soprattutto nella forma “cradle to cradle” (dalla culla alla culla) che segue e accompagna il prodotto in tutta la sua vita, dall’estrazione delle materie prime fino al riciclo, riuso, smaltimento. Allo stato attuale, forse è vero che l’auto elettrica non sia significativamente più conveniente di una ibrida, o di una diesel/benzina euro 6, ma presto lo diverrà a tutti gli effetti. Migliorando il processo costruttivo, tutta la filiera produttiva, fin dalla fase di estrazione dei minerali, applicando i principi di efficienza e sostenibilità e incentivando la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche (in special modo per le batterie, come quelle al sale o allo stato solido), l’auto elettrica è destinata a diventare la star del futuro (sebbene la bicicletta, resta in assoluto il mezzo di trasporto più conveniente in ambito urbano). Per approfondire: Boros et al., Life Cycle Assessment of Traditional and Electric Vehicles, 2020 Commissione Europea, Determining the environmental impacts of conventional and alternatively fuelled vehicles through LCA, 2020 Commissione Europea, Critical Raw Materials for Strategic Technologies and Sectors in the EU, 2020 Del Pero, Delogu, Marini, Life Cycle Assessment in the automotive sector: a comparative case study of Internal Combustion Engine (ICE) and electric car, 2018 EEA, Transport and Environment Report 2022, maggio 2023 EEA, Trends and projections in Europe, 2023 EEA, Electric vehicles from life cycle and circular economy perspectives, 2018 Girardi P., Gargiulo A. & Brambilla P.C., A comparative LCA of an electric vehicle and an internal combustion engine vehicle using the appropriate power mix: the Italian case study, Int J Life Cycle Assess 20, 1127–1142 (2015) Hawkins et al., Comparative Environmental Life Cycle Assessment of Conventional and Electric Vehicles, 2013 Hyung Chul Kim et al., Cradle-to-Gate Emissions from a Commercial Electric Vehicle Li-Ion Battery: A Comparative Analysis, 2016 ICCCT, A Global Comparison of the Life-Cycle Greenhouse Gas Emissions of Combustion Engine and Electric Passenger Cars, 2021 IEA, Global Supply Chains of EV Batteries, 2022 IEA, The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, 2021 Nordelöf et al., Environmental impacts of hybrid, plug-in hybrid, and battery electric vehicles—what can we learn from life cycle assessment?, 2014 Notarnicola B., Rassegna bibliografica di studi LCA per il trasporto privato di persone con autoveicoli leggeri: mobilità elettrica, ibrida e a combustione interna, 2022 Report, Green Hypocrisy, 19.11.2023 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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