Idrogeno verde in Italia: a che punto siamo

Stime accreditate prevedono uno sviluppo significativo dell’idrogeno verde. Gli investimenti non sembrano mancare, le competenze pure, anche in Italia, a livello industriale e di ricerca, segnalano gli esperti. Ora occorre accelerare

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Idrogeno verde in Italia: a che punto siamo

L’idrogeno verde in Italia e nel panorama internazionale sarà in grado di trasformarsi in un protagonista della transizione energetica e del percorso verso la decarbonizzazione di molti settori. Lo annunciano varie previsioni di enti e società di analisi accreditate: Deloitte prevede che il mercato emergente dell’idrogeno verde ridisegnerà la mappa globale dell’energia e delle risorse già nel 2030, creando un mercato da 1400 miliardi di dollari all’anno entro il 2050.

IRENA lo considera un elemento chiave per ampliare il potenziale delle soluzioni di energia rinnovabile in settori difficili da abbattere. E aggiunge che l’idrogeno prodotto da elettrolisi alimentato da elettricità rinnovabile, è destinato a servire a vari scopi nei futuri sistemi energetici. “Innanzitutto, dovrebbe sostituire le attuali quasi 100 milioni di tonnellate di idrogeno prodotto da combustibili fossili utilizzati come materia prima nei processi chimici o nelle applicazioni di raffineria”.

Sono diversi i Paesi che stanno investendo sullo sviluppo di questo vettore energetico nella sua forma più ecosostenibile, convinti che possa fornire un degno sostituto dell’idrogeno ottenuto da fonti fossili (oggi preponderante sul mercato) come materia prima nei processi chimici, in metallurgia o in raffineria. Non solo: il suo impiego si può far spazio nella mobilità (per alimentare auto e veicoli industriali, treni e navi), come “linfa” delle fuel cell, e nello stoccaggio energetico.

La produzione di green hydrogen può avvenire mediante elettrolisi alimentata da elettricità da fonti rinnovabili, ma anche da processi alternativi come l’impiego di biomasse. In ogni caso è importante aumentare sensibilmente la produzione, oggi ferma allo 0,1%, per raggiungere percentuali significative da qui al 2030 e oltre.

L’Italia è pronta a fare la sua parte? Ci sono i presupposti perché ciò avvenga.

Convegno su idrogeno verde promosso da Prospecta formazione

Ne sono convinti alcuni degli addetti ai lavori più accreditati che hanno illustrato la situazione nell’evento organizzato da Prospecta Formazione in collaborazione con KEY, in avvicinamento (Rimini, 28 febbraio – 1° marzo 2024) rassegna fieristica di riferimento sulla transizione energetica.

Idrogeno verde in Italia: lo stato dell’arte secondo H2IT

A illustrare lo stato dell’arte in Italia e delineare le politiche nazionali ed europee sull’idrogeno verde ci ha pensato Cristina Maggi, direttrice H2IT. È l’associazione italiana idrogeno, di riferimento in ambito tecnologico e che in pochi anni ha concentrato l’interesse di attori industriali e della ricerca: lo conferma la crescita del numero di soci, triplicati nel giro di tre anni.

Idrogeno verde in Italia: lo stato dell’arte secondo H2IT

Partendo dall’Unione Europea, Maggi ha fatto notare lo sforzo importante, in termini di obiettivi, per rendere più significativo il peso dell’idrogeno verde in Europa: se l’Hydrogen Strategy contemplava l’intenzione di produrre 10 milioni di tonnellate di H2 green al 2030, col RepowerEU l’obiettivo è raddoppiato.

Il Net Zero Industry Act, con la Banca europea dell’idrogeno, presentata la scorsa primavera, è un ulteriore passo in avanti per arrivare a sostenere la produzione di idrogeno rinnovabile. Da qui il proposito della Commissione Europea di arrivare a proporre regole per le sue prime aste della Banca europea dell’idrogeno, offrendo sussidi per la produzione di idrogeno rinnovabile fino a 4,5 €/kg.

La direttrice di H2IT ha delineato lo scenario italiano, che contempla una strategia sull’idrogeno (non ancora definita come tale) che intende arrivare a creare le condizioni per produrre 700mila tonnellate di H2 al 2030, 5 GW di elettrolizzatori e generare 10 miliardi di investimenti. C’è poi il PNRR che contempla 3,64 miliardi di euro su tutta la filiera dell’idrogeno rinnovabile, cui si aggiungono i progetti IPCEI e la mission innovation Clean Hydrogen.

Soprattutto, l’Italia sul tema H2 green può esprimere una presenza industriale in tutti gli aspetti della filiera, dalla produzione alla logistica al trasporto e stoccaggio, fino agli usi finali e, in particolare sulla mobilità (componentistica e infrastrutture), ma anche nel comparto industriale e residenziale.

Restano, però, da compiere passi importanti su diversi aspetti, ha evidenziato la stessa Maggi.

«Innanzitutto dovremmo recepire tutte quelle che sono le direttive a livello europeo. C’è da svolgere un lavoro molto importante a livello legislativo di inserimento dell’idrogeno in tutte le strategie a livello nazionale, in modo che venga inserito come pillar all’interno di tutte le strategie di sviluppo. Inoltre sarà fondamentale che ci siano dei supporti alle aziende per concretizzare i progetti per sviluppare le proprie competenze. È un tema di competitività che non possiamo perdere. Quindi è fondamentale supportare tutta la filiera, dalla ricerca all’innovazione fino allo sviluppo industriale delle tecnologie, dei componenti, dei sistemi».

Idrogeno verde e industria: dal treno all’idrogeno alla filiera lombarda

A proposito di idrogeno verde e di comparto industriale, proprio sul tema della mobilità è di notevole rilievo lo sviluppo del treno a idrogeno. È una tecnologia che si sta sviluppando negli ultimi anni e che ha potenzialità notevoli.

I treni a idrogeno arrivano in Italia

Ne ha parlato Valter Alessandria, membro ANIE e business development public affair director Alstom Italia. Proprio la multinazionale, specializzata nella produzione di treni e di infrastrutture ferroviarie, ha avviato nel 2016 il primo e unico treno al mondo alimentato da una cella a combustibile. Lo scorso ottobre ha presentato il primo treno ad idrogeno che entrerà in servizio in Valcamonica, dove si stanno creando le condizioni per creare una hydrogen valley, nell’ambito del progetto H2iseO per generare idrogeno verde utile per alimentare i convogli. Il progetto prevede la sostituzione degli attuali treni a motore diesel con nuovi mezzi alimentati a H2, che serviranno la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo.

Le potenzialità del treno realizzato da Alstom sono significative: esso è stato pensato per operare su linee non elettrificate. Un terzo, circa, della rete ferroviaria nazionale non è elettrificato ed è servito da mezzi diesel. Parliamo di 4.763 chilometri su un totale di circa 16.800 chilometri di linee ferroviarie attualmente in esercizio. Sui binari non elettrificati circolano circa 1.250 treni al giorno.

«Un treno diesel emette in media 700 tonnellate di CO2 per percorrere 100mila chilometri, equivalente a 400 autovetture. Nel caso della linea Brescia-Iseo-Edolo, il passaggio da treni diesel a idrogeno, considerando la flotta di 14 convogli, si avrà un risparmio in termini di emissioni inquinanti pari a circa 10mila tonnellate anno», ha affermato Alessandria.

Sempre in termini industriali è stato sottolineato da più voci l’importanza di fare sistema. Ecco allora che la notizia riguardante la nascita della filiera lombarda dell’idrogeno rinnovabile è da considerare come un passo in avanti importante. Innanzitutto perché è la prima filiera d’Italia sull’idrogeno verde. Proponente e capofila della filiera è H2Energy, specializzata nella progettazione e produzione di elettrolizzatori: il suo direttore tecnico e operativo, Daniele Arnone, ha illustrato le potenzialità di fare filiera, coinvolgendo aziende ed enti di ricerca, che spaziano dalla possibilità di attrarre finanziamenti a essere riconosciuti e sostenuti, in primis dalla Regione Lombardia. «L’importante ora è promuovere la collaborazione nella filiera, tra ricerca e industria, e creare le condizioni per sviluppare le possibilità di collaborazione con distretti, anche interregionali, promuovendo così una collaborazione aperta ad altri operatori nazionali e anche internazionali». I prossimi passi riguardano, a gennaio 2024 una tavola rotonda con gli attori della filiera per delineare idee e progetti.

Idrogeno verde e ricerca: il ruolo di ENEA e di RSE

C’è un comparto in cui l’Italia gioca un ruolo di protagonista nell’idrogeno verde: la ricerca. Lo evidenzia Massimiliano Della Pietra, ricercatore del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili ENEA che, illustrando i vari metodi produttivi dell’idrogeno, in particolare quello verde, e i vari usi finali, ha messo in luce il progetto della hydrogen valley al centro ricerche Casaccia dell’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

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Le prossime frontiere della ricerca più interessanti cui guardare – delinea lo stesso ricercatore – riguardano «l’impiego dell’idrogeno come carburante alternativo per la mobilità sostenibile, complementare – non antagonista – a quella elettrica, con cui sono integrabili. Per quanto riguarda poi l’impiego avveniristico dell’idrogeno in futuro è quello che riguarda i settori hard-to-abate».

Sempre per quanto concerne la ricerca e l’innovazione è da contemplare anche un percorso alternativo a quello della produzione di idrogeno rinnovabile da biomasse. A questo proposito, Franco Cotana, amministratore delegato RSE e docente esperto di questo tema ha espresso le potenzialità di questo filone, che possono contare su diverse materie prime, dagli scarti di produzione agricola a colture marginali all’impiego virtuoso di biomassa dalle foreste. A quest’ultimo proposito, ricorda che le foreste europee si stanno espandendo.

«Negli ultimi trent’anni l’aumento è stato di circa il 9% e, secondo le ultime stime, nel 2020 hanno raggiunto i 227 milioni di ettari, pari a oltre un terzo dell’intera superficie del continente». Legna, cippato, ma anche gusci di nocciola, pellet e bricchette possono generare – oltre all’idrogeno – biocarburanti di seconda generazione e lignina per la cattura e lo stoccaggio di CO2. In più vanno considerate le nanotecnologie, in particolare le potenzialità della cellulosa nanocristallina.

In ogni caso, resta di grande interesse la produzione di idrogeno da biomasse: l’esempio portato è quello riguardante la generazione di bioidrogeno (1 kg) da cippato di legno secco (12 kg). Impianti pilota ci sono in Germania (a Senden, l’impianto è in grado di produrre idrogeno rinnovabile dal cippato di legna a costi inferiori a 3 euro al Kg – nda) e in Italia presso ENEA, dove si realizza il processo di gassificazione con vapore del cippato di legno per Idrogeno.

Pur tuttavia, questo filone soffre le scelte compiute dall’Unione Europea, ha rimarcato Cotana:

«l’Europa non può fissare degli obiettivi così ambiziosi per la produzione dell’idrogeno come quelli che ha fissato e chiedendo che si faccia unicamente con gli elettrolizzatori. Qui c’è un grosso vulnus, non si rispetta la parità tecnologica. La tecnologia che possiamo sviluppare in Italia con le biomasse è consolidata ed è tutta made in Italy. L’UE non può costringere a realizzare idrogeno verde esclusivamente mediante elettrolisi: ciò ci riporta sotto l’influenza estera. Invece, produrre idrogeno attraverso tecnologie consolidate e a basso costo permetterebbe di lanciare l’uso di questo interessante vettore energetico nei prossimi 10-15 anni con un costo contenuto».

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