Idrogeno verde in Italia: non si cresce, serve una strategia nazionale

Pochi progetti nazionali e startup: l’Italia sull’idrogeno verde è in stallo. Dal report di Energy & Strategy ad H2IT, fino ad Anima tutti richiedono quanto prima una strategia nazionale

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Idrogeno verde in Italia: non si cresce, serve una strategia nazionale

L’idrogeno verde in Italia è fermo. Si contano solo 24 progetti su un totale europeo di 631, pari a 1,97 GW di capacità di elettrolisi (contro i 93,55 GW dell’Europa), a fronte dei 5 GW previsti nelle linee guida.

L’Hydrogen Innovation Report 2023 mette in chiaro l’impasse che vive l’Italia dell’idrogeno “pulito” che non ha saputo mantenere le lusinghiere promesse che ne facevano uno dei Paesi più avanzati, con un target di 5 GW al 2030 come Germania e Regno Unito e una previsione di investimenti nelle linee guida superiore a quella degli altri Paesi europei (10 miliardi di euro).

Cosa è accaduto? Innanzitutto manca una strategia nazionale sull’idrogeno: mentre il Belpaese è fermo alle linee guida, Germania, Spagna, Olanda, Danimarca e Regno Unito hanno un quadro normativo chiaro e annunci al 2030 superiori a 10 GW, “più precisamente tra gli 11,4 di UK e i 17 della Germania”, segnala in una nota l’Energy&Strategy, think tank della School of Management Politecnico di Milano che ha realizzato il report.

L’importanza di accelerare sull’idrogeno verde in Italia

Accelerare la produzione di idrogeno verde in Italia è essenziale per cercare di centrare gli obiettivi europei net zero, previsti al 2050. Senza idrogeno da rinnovabili non è possibile decarbonizzare settori hard-to-abate come acciaierie e fonderie, l’industria chimica, della carta e del vetro, oltre a quella ceramica, ma anche i trasporti pesanti, che sono “senza alternative concrete perché difficilmente elettrificabili”, ricorda Energy&Strategy.

L’importanza di accelerare sull’idrogeno verde in Italia

Serve una strategia nazionale perché altrimenti si rende vana la possibilità di realizzare una forte penetrazione dell’idrogeno nel contesto energetico.

In assenza, non è possibile contare su un “sistema coerente di regole e di necessari sistemi di supporto e di incentivazione” che

“devono andare di pari passo con il progresso delle tecnologie lungo tutta la catena del valore, dalla produzione all’utilizzo finale, passando per il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno”.

A livello di finanziamenti, nonostante la situazione di sostanziale stallo, buona parte delle risorse del PNRR stanziate per lo sviluppo e la diffusione dell’idrogeno sono già state assegnate. Infatti, sui 3,6 miliardi di euro assegnati, ben 2,3 miliardi sono già stati quasi interamente assegnati: si va dai 500 milioni per la produzione d’idrogeno in aree industriali dismesse alle stazioni di ricarica per il trasporto ferroviario (300 milioni) e per la ricerca e sviluppo (160 milioni).

Anche in termini di ricerca e innovazione sull’idrogeno si nota come l’Italia paghi lo stallo in cui trova. Basta considerare il numero di startup attive nel nostro Paese: sono solo otto, a fronte delle 274 nel mondo, 130 delle quali è europea. Proprio sull’idrogeno l’Europa recita un ruolo da protagonista in termini di R&I, ben consapevole che lo sviluppo del mercato dedicato rappresenta un’opportunità d’innovazione sia a livello tecnologico che di business anche per le nuove realtà imprenditoriali.

Tuttavia, c’è anche da dire che solo il 26% dei finanziamenti è intercettato da startup europee, mentre le startup USA, malgrado rappresentino il 38% del campione, sono andati ben 1,9 miliardi di dollari, pari a due terzi del totale (2,9 miliardi).

Idrogeno in Italia e in Europa: la parola a Vittorio Chiesa (E&S)

Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & StrategyPer comprendere meglio come sia messo in questo momento l’idrogeno verde in Italia e in Europa abbiamo chiesto a Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy. A livello europeo «per quanto riguarda la traiettoria di sviluppo siamo agli inizi come pure siamo molto lontani da una produzione quantitativa. L’Europa che aveva la leadership del settore nel 2020, concependo in anticipo una strategia di sviluppo rispetto ad altre aree del mondo, in questi tre anni non ha attuato progetti significativi e neanche un assetto normativo sufficientemente robusto. È uscito un quadro normativo nel febbraio 2023 (la RED II) che definisce quali sono le regole con cui l’energia elettrica rinnovabile viene considerata tale per produrre l’idrogeno verde. Sono principi un po’ articolati (addizionalità, correlazione oraria e geografica), sulla cui implementazione ancora c’è da comprendere in termini interpretativi per poter poi avviare azioni. È chiaro che se si vuole andare su volumi elevati, bisogna mettere in campo, oltre che queste regole – chiarendole – anche incentivi rilevanti, per produrre l’idrogeno verde, altrimenti nessun operatore industriale sarebbe in grado di produrlo senza un sistema di supporto adeguato».

Per quanto riguarda l’Italia, la situazione di stallo perdura, causata principalmente da una strategia nazionale di cui si è ancora in attesa. «L’identificazione dell’idrogeno come vettore energetico che possa avere un ruolo nell’ambito della transizione energetica è un fatto di cui si discute da qualche anno». Lo comprova anche il fatto che siano state allocate risorse dal PNRR «di cui è stato speso circa il 63% che può essere un elemento positivo, ma in assenza di una strategia complessiva rischiano di essere risorse non spese all’interno di una traiettoria di un indirizzo organico». Si ritorna sull’assetto normativo pubblicato lo scorso febbraio dall’Unione europea a cui l’Italia si adegua definisce questi criteri. «Tuttavia c’è da capire in termini di incentivazione in che cosa questo si tradurrà e quindi veniamo da 3/4 anni di attesa a fronte dei quali forse si sarebbe anche potuto attivare un meccanismo più rapido capace di supportare concretamente le imprese». Lo stallo deriva dal fatto che spesso dai documenti si chiariscono gli obiettivi, ma manca la declinazione delle azioni con cui raggiungere questi obiettivi», componente basilare per definire una strategia.

L’importanza di accelerare sull’idrogeno verde in Italia

L’idrogeno è un’area «dove c’è fermento e c’è interesse da parte del mondo della finanza, come comprova anche la nascita diverse start up. Quindi c’è un substrato fertile per sviluppare, per testare, per crescere. Anche per questo è auspicabile una strategia complessiva che da un punto di vista politico definisca quale sia la traiettoria che il Paese intende percorrere».

Idrogeno e industria: l’importanza per il made in Italy secondo Anima

Nel percorso verso la transizione energetica, si fa sempre più strada il vettore idrogeno e l’industria meccanica è uno dei grandi protagonisti di questo processo. Lo conferma anche la sua partecipazione all’Hydrogen Summit organizzato da MCE – Mostra Convegno Expocomfort insieme allo stesso Energy&Strategy – Politecnico di Milano e con ANIMA Confindustria. Nell’occasione proprio l’organizzazione industriale di categoria ha sottolineato come il Made in Italy abbia il potenziale per giocare un ruolo di spicco, grazie alle imprese italiane che da tempo hanno investito nello sviluppo di tecnologie hydrogen ready.

La nascente filiera offre opportunità che, per vedere pieno sviluppo, necessitano di essere supportate con piani di investimenti strutturali e un apparato tecnico-normativo dedicato. Il rischio da scongiurare, infatti, è che il grande impegno delle imprese non venga adeguatamente valorizzato e sviluppato, e che l’Italia rimanga indietro rispetto ad altri paesi”.

Per parte sua, Alberto Zerbinato, referente idrogeno del Consiglio di Presidenza Anima Confindustria, ha sottolineato che: «l’idrogeno offre l’opportunità di portare l’Italia verso un futuro di energia sostenibile, e l’industria meccanica italiana è pronta a partecipare a questa transizione. Siamo ai blocchi di partenza: ora è il momento di avviare una vera industrializzazione, e questa può avvenire solo grazie a un piano di investimenti strutturali a livello nazionale. È fondamentale che il lavoro delle imprese non vada sprecato e venga valorizzato a dovere dando vita a un mercato vero e proprio».

Strategia nazionale: H2IT, importante per l’idrogeno verde in Italia

Sulla necessità di una strategia nazionale per l’idrogeno verde in Italia spinge anche H2IT, Associazione Italiana Idrogeno che proprio in questi giorni, nel corso del primo suo evento, Italian Hydrogen Summit, ne ha parlato. Nell’occasione si è messo in luce il notevole potenziale del vettore energetico, il quale può contare sul PNRR oltre agli investimenti in continua crescita dei privati che oggi costituiscono la parte trainante. Proprio il settore privato ha evidenziato l’Osservatorio H2IT, giunto alla sua seconda edizione da poco presentata, mettendo in chiaro i numeri del comparto idrogeno italiano, è chiamato a svolgere un ruolo trainante per la crescita.

A questo proposito ha segnalato che:

Il 65% delle aziende ha registrato un aumento negli investimenti sull’idrogeno nel 2022 e la stragrande maggioranza di essi (70%) proviene da risorse interne delle stesse aziende. Le risorse investite danno, in molti casi, vita a innovazioni tecnologiche concrete“.

Tuttavia, proprio la mancanza di un quadro normativo chiaro (come riferisce il 78% del campione) che mette in difficoltà le imprese, tanto che il 55% indica come prioritario la messa a punto di una strategia nazionale.

Durante lo stesso evento di H2IT si è parlato anche del ruolo dell’Italia come hub energetico; le aziende hanno sottolineato l’importanza di pianificare lo sviluppo delle infrastrutture nazionali, di accelerare l’installazione di impianti rinnovabili, di aumentare la capacità manifatturiera degli elettrolizzatori e favorire la produzione di idrogeno a basse emissioni da processi anche diversi dall’elettrolisi. Fondamentale, sotto questo aspetto, il ruolo degli hub logistici e delle reti di trasporto.

Altro tema sensibile è la mobilità a idrogeno, per cui si conferma l’importanza delle hydrogen valley.

Si è ricordato, nell’occasione, che i progetti vincitori del bando sono in totale 54 e il Sud Italia (dove è destinato il 50% dei fondi pari a 500 milioni di euro) si dimostra particolarmente dinamico.

All’evento, sui temi è intervenuto il presidente H2IT, Alberto Dossi, che ha parlato della filiera idrogeno. Una filiera giovane, ma che “sta già raggiungendo traguardi importanti presentandosi oggi robusta e coesa e, soprattutto, senza smettere mai di guardare al futuro”. Finora l’innovazione “è nata dall’azione delle singole imprese o dalla collaborazione tra di esse”, ha affermato, spiegando però che ora “tutto il comparto chiede a gran voce una strategia nazionale che accompagni tutte le realtà in questo percorso”.

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