Overshoot day 2024: in Italia è il 19 maggio

In soli cinque mesi l’Italia finisce in overshoot, consuma cioè tutte le risorse naturali “dell’anno”. Solo il Giappone fa peggio

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Overshoot day 2024: in Italia è il 19 maggio

L’Earth Overshoot Day indica il giorno in cui l’umanità consuma interamente le risorse rinnovabili che il pianeta è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. La data cambia di Paese in Paese, e anche di anno in anno, poiché i comportamenti e le politiche di sfruttamento delle risorse naturali non sono uguali per tutti. Secondo l’ultima analisi di Unicusano, l’Italia è tra i paesi “peggiori”: consuma il 500% delle proprie risorse. Se tutti si comportassero come gli italiani ci vorrebbe un territorio grande quanto quattro pianeti.

Overshoot day 2024 in cinque mesi

Dopo soli cinque mesi del 2024 – per l’esattezza, dal giorno 19 maggio – gli italiani avranno “prosciugato” tutte le fonti naturali del loro territorio e inizieranno a consumare le risorse “previste” per il 2025. Questo porta a riflettere su diversi aspetti, come lo spreco alimentare: circa 67 kg di cibo procapite vengono gettati ogni anno in Italia.

Non solo i singoli cittadini, ma anche le imprese risentono del cambiamento climatico: il 79% lo teme e il 97% ne sta già pagando le conseguenze in relazione a temi come energia, agricoltura, turismo e infrastrutture.

I Paesi e i comportamenti che incidono di più sulla crisi climatica

Come emerge dall’infografica realizzata da Unicusano, i Paesi che mettono il pianeta più a rischio dal punto di vista climatico risultano: il Qatar, gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti e il Lussemburgo. I più virtuosi invece sono Indonesia, Ecuador e Jamaica. In generale, in Europa tutti consumano più di quanto la Terra produce naturalmente in un anno.

Quand'è l'overshoot day nei paesi del mondo

Contribuiscono a delineare questo quadro anche l’uso eccessivo della plastica, lo spreco alimentare e l’accessibilità al cibo. Sono 5,25 i trilioni di pezzi di plastica che navigano negli Oceani, con isole di plastica che arrivano addirittura a coprire una superficie di 10 milioni di chilometri quadrati (otto volte l’Italia).

Lo spreco alimentare nel mondo arriva al 30% e la produzione di cibo è la causa di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra nell’atmosfera. Inoltre, mangiamo almeno 5 grammi a settimana microplastiche.

Le conseguenze: naturali ed economiche

Tutto questo sta portando a un aumento della temperatura globale. Secondo gli scienziati entro il 2030 il riscaldamento terrestre arriverà a picchi di +1,5/3°C con gravi conseguenze. Si stima che nei prossimi 50 anni 3,5 miliardi di persone vivranno a temperature sahariane. E le temperature estive saliranno di +5°C entro il 2070.

Surriscaldamento: aumento temperature atteso al 2030

Inondazioni, siccità, erosione dei suoli, ondate di calore e innalzamento dei mari avranno gravi conseguenze soprattutto sulle minoranze: donne, disoccupati, piccoli agricoltori, popolazioni indigene, Paesi poveri e in via di sviluppo a vocazione agricola. Le conseguenze economiche non sono da sottovalutare.

La soluzione?

Secondo l’analisi la soluzione deve essere quella di un cambiamento radicale, sociale, culturale, politico ed economico, da mettere in atto tempestivamente. Gli obiettivi da perseguire sono quelli della decarbonizzazione, delle diete e a base vegetale, della pianificazione urbana che preservi gli spazi verdi, della riduzione della plastica e dei comportamenti d’acquisto maggiormente sostenibili.

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