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Sono stati recentemente pubblicati su Nature Communications i risultati di una ricerca sviluppata dall’Iccom-Cnr (Istituto di chimica dei composti organometallici del Consiglio nazionale delle ricerche) che permette di produrre idrogeno pulito, con un risparmio energetico del 60%, sicuro ed efficiente, a partire da soluzioni di alcoli rinnovabili. “Comunemente l’idrogeno si ottiene dal metano, un metodo che produce CO2 e quindi inquina”, spiega Francesco Vizza direttore dell’Istituto. “Un’alternativa pulita è quella dell’elettrolisi dell’acqua, processo che implica la scomposizione dell’acqua in ossigeno e idrogeno ‘a zero emissioni’, ma ha un elevato consumo energetico e, quando prodotto in alta pressione, presenta problemi di sicurezza poiché il mescolamento dei due elementi può generare miscele esplosive. La novità del nostro studio è che abbiamo messo a punto un elettrolizzatore in grado di produrre idrogeno, ma non ossigeno, a partire da soluzioni acquose da alcoli rinnovabili (etanolo, glicerolo o altri alcoli superiori estratti da biomasse), ottenendo un risparmio energetico del 60% rispetto all’elettrolisi dell’acqua. Come era noto, infatti, per rompere l’acqua in presenza di alcoli serve meno energia rispetto a quella necessaria quando c’è solo acqua, ma nessuno prima del nostro gruppo aveva pensato di sfruttare queste caratteristiche degli alcoli rinnovabili per la produzione di idrogeno”. Cuore dell’esperimento sono gli elettrodi nanostrutturati impiegati in una cella elettrolitica di nuova generazione. Interessanti e varie le possibili ricadute tecnologiche della ricerca. “L’idrogeno pulito e a basso costo energetico, opportunamente immagazzinato, potrebbe servire per generare corrente elettrica da qualche kWh fino a potenze più alte: generatori di corrente portatili e stazionari, a zero impatto ambientale. Inoltre, l’elettrolizzatore dell’invenzione permette di ottenere, a partire da alcoli rinnovabili, composti ad alto valore aggiunto, utili nell’industria cosmetica e tessile (derivati del glicerolo e del glicole etilenico), alimentare (acetato da bioetanolo) e nella produzione di plastiche biodegradabili (acido lattico da propandiolo), attualmente ottenuti solo mediante costosi ed inquinanti processi industriali”, conclude Vizza. Nella foto: immagini al microscopio elettronico di nanoparticelle di palladio supportate su architetture tridimensionali di nanotubi di titanio Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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