Materie critiche: una ricchezza in mano a pochi Paesi

Materie prime critiche: Australia, Cile, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Indonesia e Sud Africa sono i Paesi dominanti. La transizione energetica determinerà un aumento della loro domanda, ma le catene di approvvigionamento sono vulnerabili e soggette a rischi geopolitici. Serve un’azione coordinata a livello internazionale che intervenga su trasparenza, diritti umani e coinvolgimento delle comunità.

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Materie prime critiche: una ricchezza in mano a pochi Paesi

Le materie prime critiche sono al centro del dialogo internazionale. La loro produzione e lavorazione è concentrata geograficamente, con conseguenti sfide legate alla sicurezza delle risorse e alle dinamiche geopolitiche.

È quanto riportato nel Rapporto “Geopolitics of the Energy Transition: Critical Materials” pubblicato da IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, con cui si richiama l’attenzione sul rischio che questa concentrazione possa creare vulnerabilità e incertezze sia per i Paesi consumatori che per quelli produttori. Incertezze capaci di influenzare la diffusione, i costi e la sostenibilità legata alle tecnologie di transizione energetica.

Questa transizione, evidenzia il Rapporto, sarà ad alta intensità di minerali e metalli. Attualmente, il grosso della domanda di tali materiali non è legata alla transizione energetica, ma con il suo progredire si prevede che la domanda di molti materiali aumenterà.

Numeri a confronto tra fonti fossili e materie prime critiche
Numeri a confronto tra fonti fossili e materie prime critiche

Lo scenario riportato da IRENA nel suo World energy transitions: Outlook 2023, evidenzia quanto sarà importante la disponibilità di materiali critici come il litio per realizzare le infrastrutture energetiche, come gli impianti rinnovabili e l’elettrificazione del trasporto su strada, in risposta ai cambiamenti climatici.

Una ricchezza in mano a pochi

Il panorama legato all’estrazione e alla lavorazione delle materie prime critiche è  geograficamente concentrato. Le posizioni dominanti sono detenute da Australia (litio), Cile (rame e litio), Cina (grafite, terre rare), Repubblica Democratica del Congo (cobalto), Indonesia (nichel) e Sud Africa (platino, iridio).

Materie prime critiche: una ricchezza in mano a pochi

Se guardiamo con attenzione alla fase di lavorazione dei materiali, questa concentrazione diventa ancora più pronunciata, con la Cina che domina la scena mondiale grazie al 100% dell’offerta di grafite naturale e disprosio (un elemento delle terre rare), il 70% di cobalto e quasi il 60% di litio e manganese.

L’industria mineraria, evidenzia il Rapporto,  è dominata da poche grandi aziende, che producono mercati oligopolistici. Le prime cinque società minerarie controllano il 61% della produzione di litio e il 56% della produzione di cobalto. Eppure, le riserve di materie critiche sono ampiamente distribuite. Ad esempio, la Bolivia ha riserve di litio per 21 milioni di tonnellate, più di qualsiasi altro Paese, eppure nel 2021 ha prodotto meno dell’1% dell’offerta mondiale.

Più in generale, i Paesi in via di sviluppo posseggono gran parte delle riserve necessarie alla transizione energetica, ma le loro quote di materiali è inesplorata. Si stima che più di un terzo di progetti minerari rilevanti si trovi su terreni che devono affrontare una combinazione tra rischio idrico, conflitti e insicurezza alimentare. Aiutare i Paesi in via di sviluppo a realizzare nuove opportunità nelle catene di approvvigionamento potrebbe migliorare la resilienza riducendo il divario di decarbonizzazione globale.

Gli scenari futuri

Nessun Paese, conclude il Rapporto, può soddisfare da solo la domanda di materiali critici. Nei prossimi anni sarà fondamentale sviluppare strategie internazionali che garantiscano la cooperazione e mantengano i mercati funzionanti, lavorando per diversificare le catene di approvvigionamento.

A livello globale, il quadro di collaborazione per i materiali critici di IRENA è una piattaforma consolidata per lo scambio di conoscenze e best practices per coordinare le azioni e garantire che minerali e materiali continuino a sostenere una transizione energetica equa e accelerata.

Materie prime critiche, gli scenari futuri

Nonostante il lungo elenco di materiali critici identificati, non tutti sono ugualmente importanti per la transizione energetica. Ad esempio, l’innovazione ha portato a un maggiore utilizzo di materiali alternativi a quelli considerati critici, come il neodimio, il rame e il litio. I responsabili politici dovrebbero continuare a promuovere l’innovazione per ridurre la dipendenza da materiali particolari e affrontare le sfide associate a ciascuno di essi.

Maggiori investimenti in ricerca e sviluppo, capaci di accelerare l’individuazione di soluzioni alternative, potrebbero mitigare i rischi geopolitici legati alla disponibilità di questi  materiali. Tra queste, le strategie di riciclo possono aiutare a recuperare i materiali più rari.

In ultimo, conclude il Report, sarà necessaria una maggiore trasparenza sui dati a disposizione, relativi a riserve, produzioni, investimenti e prezzi. Il boom minerario guidato dalla transizione energetica offre l’opportunità di riscrivere l’industria estrattiva. I problemi noti relativi alle pratiche minerarie richiedono una risposta proattiva sia da parte delle nazioni che delle aziende.

I Paesi importatori ed esportatori devono collaborare per sviluppare catene di approvvigionamento che sostengano standard chiari in materia di diritti umani, problemi ambientali e coinvolgimento delle comunità. Questi standard sono essenziali per garantire sicurezza umana e la loro assenza è una delle cause dell’instabilità geopolitica. Le Nazioni Unite potrebbero svolgere un ruolo chiave nel garantire che le catene di approvvigionamento del valore dei materiali critici siano giuste, eque e trasparenti.

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