Geotermia in Italia: una fonte energetica storica da valorizzare

L’Italia è la “culla” della geotermia. Eppure ancora oggi è poco considerata. Cosa serve? La parola a Monia Procesi, esperta INGV

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Geotermia in Italia: una fonte energetica storica da valorizzare

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Mentre ci si affanna alla ricerca del gas nazionale, la geotermia in Italia potrebbe fornire un più importante contributo al mix energetico nazionale. Invece resta per molti aspetti relegata a un ruolo marginale. Un paradosso, dato che nel nostro Paese è stata realizzata la prima centrale geotermica al mondo, a Larderello, in Toscana, regione dove ancora oggi si produce il 7% dell’energia geotermoelettrica globale.

«L’Italia è un Paese con grandi potenzialità e a forte vocazione geotermica sia in termini di risorse a bassa temperatura che medio-alta», rileva Monia Procesi, ricercatrice INGV ed esperta del settore, che ha partecipato come speaker al workshop internazionale sulla geotermia, organizzato lo scorso ottobre dalla International Geothermal Association.

Geotermia in Italia: una risorsa per alleviare il caro-energia

Perché non è sviluppata come merita questa fonte rinnovabile? Secondo l’Unione Geotermica Italiana le risorse geotermiche sul territorio italiano situate entro i 5 km di profondità e potenzialmente estraibili sono dell’ordine di 20 exajoule. Equivalgono a circa 500 MTEP, ossia 500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. In buona parte della penisola si potrebbe valorizzare meglio, non tanto per la produzione elettrica, ma per soddisfare il fabbisogno di riscaldamento e raffrescamento, mediante pompe di calore e teleriscaldamento.

Usi della geotermia

Settore cartario, serricoltura e floricoltura, cartiere, persino birrifici: sono solo alcuni dei settori (alcuni dei quali a elevato consumo energetico) che potrebbero beneficiare dell’uso diretto della geotermia a temperature medie e basse (da poco più di 20 °C a circa 140 °C).

Monia Procesi, ricercatrice INGV ed esperta di geotermia
Monia Procesi

«Di aree che contano su temperature maggiori di 100-120 °C e quindi potenzialmente idonee per la produzione di energia elettrica in Italia se ne contano molteplici. E questo è ben visibile dalla mappa delle temperature nel sottosuolo a 3000 metri di profondità, dove sono ben visibile le aree con temperature maggiori a 100 °C (giallo, arancione, rosso)», afferma la ricercatrice INGV.

Mappa potenziale geotermia in Italia

Un Paese all’avanguardia, divenuto però statico

L’Italia, è bene ricordarlo, è stato il primo Paese al mondo a produrre energia elettrica da fonti geotermiche. Molti Paesi hanno imparato dalla nostra esperienza facendo grandi progressi; l’Italia, invece, sfortunatamente, è rimasta ferma all’area toscana dove la geotermia era nata alla fine del XIX secolo e da dove oggi deriva l’unica produzione geotermoelettrica italiana. «In Italia, non siamo riusciti ad andare fuori dalla regione Toscana, nonostante tra gli anni Cinquanta e Novanta del Novecento sia stato svolto un ricco programma di esplorazione geotermica sul territorio italiano – specifica ancora la ricercatrice INGV –. in quell’occasione non furono riscontrate risorse geotermiche interessanti per i target dell’epoca, focalizzati su risorse ad alta temperatura (maggiori di 250 °C) e con caratteristiche simili a quelle rinvenute nell’area di Larderello e zone toscane limitrofe».

Nel tempo, però, la tecnologia è progredita e sono cambiati anche i target della produzione geotermica, orientandosi verso impianti di dimensioni ridotte e in grado di provvedere ai bisogni di piccole comunità locali. Inoltre, c’è da aggiungere che la risorsa geotermica presente nell’area di Larderello con le sue caratteristiche di elevata efficienza la rende molto rara a livello mondiale. Tuttavia, il nostro Paese è rimasto indietro anche nello sviluppo di applicazioni dirette del calore che impiegano risorse geotermiche a temperature più basse (inferiori ai 100 °C).

Monia Procesi, come va considerata la geotermia in Italia?

«Dovrebbe esserci maggiore consapevolezza sul fatto che per soddisfare il fabbisogno energetico nazionale, la geotermia può essere un’utile soluzione, non solo per la produzione di energia elettrica ma anche per diversi settori produttivi che richiedono l’impego di calore e acque calde: penso al settore lattiero-caseario, ma anche l’acquacoltura, l’allevamento, il settore alimentare e quello cartario. Va sottolineato che rispetto al fotovoltaico o eolico è meno agevole da raggiungere poiché è una risorsa che va ricercata nel sottosuolo, ma è comunque importante considerarla, poiché disponibile 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, e caratterizzata da un’elevata sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Non è una fonte risolutiva, ossia non basta da sola a soddisfare il fabbisogno elettrico e termico dell’Italia, ma può fortemente contribuire ad alleviare la crisi energetica, all’interno di un quadro di mix energetico di cui deve far parte. Non può quindi essere sottovalutata, se non peggio dimenticata o esclusa, soprattutto in un Paese come il nostro dove la risorsa c’è: va solo valorizzata».

In termini di opportunità economica come si pone la geotermia?

«Il ritorno degli investimenti va considerato su un arco temporale a lungo termine. Tuttavia, anche economicamente è una risorsa di grande interesse. Il fatto stesso che diverse compagnie leader mondiali in questo settore continuino a investire in questo filone dell’energia significa che un ritorno economico c’è. Il problema, a livello economico, è rappresentato dal rischio minerario in termini di esplorazioni, che rappresentano una voce di investimento importante e che dovrebbe essere adeguatamente incentivata, dato l’elevato rischio economico rappresentato».

Quali sono i vincoli che frenano lo sviluppo della geotermia? È un problema che si riscontra anche a livello internazionale?

«Ci sono Paesi, come Islanda, Costarica, Cile, Stati Uniti e la stessa Germania che hanno imparato a valorizzare la risorsa geotermica e a inserirla in maniera adeguata nei rispettivi piani energetici. L’Italia non si pone tra i Paesi più virtuosi: a livello di piano energetico nazionale la geotermia appare davvero poco considerata. Inoltre, soffre di una certa avversione da parte dell’opinione pubblica. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che c’è poca consapevolezza a riguardo, anche solo per la storia che ha proprio nel nostro Paese. Alla popolazione, giovane e adulta, non sempre sono stati forniti programmi di educazione energetica. Ciò porta a diffidenza e prevenzione che provocano poi contrasti e veti allo sviluppo».

A livello di sicurezza, quali rischi comporta la produzione geotermica?

«I timori più diffusi riguardano la possibile induzione di eventi sismici, oltre all’inquinamento di falde acquifere, dell’area e di un depauperamento del paesaggio. In termini di induzione di terremoti, il rischio è per lo più legato ai sistemi Enhanced Geothermal System (EGS), sistemi geotemrici “migliorati” in termini di permeabilità e circolazione di fluidi attraverso stimolazioni artificiali quali la fratturazione idraulica. In Italia non viene estratta energia da risorse geotermiche EGS, i sistemi geotermici italiani sono per lo più di tipo convenzionale ossia dotati di naturale permeabilità e fluidi. Inoltre, va aggiunto che le compagnie che operano in campi geotermici devono rispondere a protocolli rigorosi di monitoraggio non solo sismico, ma anche in termini di qualità dell’acqua e dell’aria. Questi aspetti dovrebbero essere maggiormente divulgati, conosciuti ed evidenziati, per stimolare una maggiore consapevolezza e quindi valorizzazione della risorsa geotermica italiana, in modo da permetterci di ridurre la dipendenza del paese dalle fonti fossili e da risorse energetiche importate dall’estero, con aggravi economici sensibili».

Quali sono i numeri della geotermia in Italia?

Oggi l’Italia conta su circa 950 MW elettrici di potenza installata e su una produzione di circa 6mila GWh annui. Secondo stime UGI al 2030 si potrebbe registrare un aumento di 1000 GWh annui di energia geotermoelettrica e, secondo scenari più ottimistici, si potrebbe raggiungere un aumento di circa 2000 GWh/a. Al 2050 è atteso un raddoppio della produzione odierna. A livello di % di fabbisogno energetico, andrebbe a soddisfare piccoli numeri, attualmente soddisfa il 2% del fabbisogno nazionale. Tuttavia, in Toscana va a coprire il 30% circa della richiesta regionale. Come dicevo, la geotermia non è una scelta risolutiva, ma diverse Regioni come Lazio e Sicilia particolarmente ricche di risorse geotermiche, potrebbero aumentare la loro autonomia energetica, anche per oltre il 50%, grazie a questa a questa risorsa.

Cosa serve per contare sulla risorsa geotermica e renderla più significativa nel mix energetico nazionale?

«Serve, innanzitutto, un piano energetico nazionale che consideri questa fonte per il ruolo e valore che merita. Occorrono leggi e soluzioni incentivanti in grado di tutelare e stimolare lo sviluppo di questa risorsa. Serve anche favorire una maggiore conoscenza nei cittadini e un’adeguata informazione e consapevolezza energetica perché possa avere strumenti adeguati per conoscerla e apprezzarla. A livello normativo è necessario uno snellimento burocratico, perché quello odierno scoraggia potenziali operatori».

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