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Indice degli argomenti: La gestione dell’energia nella PA: gli energy manager Prima di tutto analisi: la diagnosi energetica Gli interventi sono gli stessi, ma su grande scala Gli incentivi per la riqualificazione nella PA Gli obiettivi di decarbonizzazione ed efficienza energetica posti per i prossimi anni sono ambiziosi e per raggiungerli è necessario procedere con un importante intervento di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Per quanto riguarda i privati, sono diversi gli incentivi messi in campo per favorire l’avvio di interventi di questi tipo, per ultimo il Superbonus 110%. Ma un altro importante comparto su cui intervenire è quello dell’edilizia pubblica. I consumi imputabili agli edifici pubblici non sono trascurabili e un miglioramento può davvero fare la differenza. Secondo l’ENEA, in Italia ci sono più di 13.000 edifici di proprietà della Pubblica Amministrazione, che nel complesso consumano più d 4 TWh all’anno. Tra le principali voci che compongono questo bilancio energetico ci sono l’illuminazione, la ventilazione, il condizionamento, i vari macchinari da ufficio e il funzionamento degli impianti. Ciò non significa che finora il tema sia stato trascurato. Già il D.Lgs 102/2014 stabiliva che in sei anni, a partire dal 2014, venisse riqualificato ogni anno il 3% della superficie coperta utile climatizzata destinata a edifici della PA. A questa misura si aggiunge l’obbligo stabilito nel DL 4 giugno 2013, n. 63 relativo alla costruzione di nuovi edifici della PA secondo rigidi criteri di efficienza energetica, anche se le nuove costruzioni incidono molto poco sul bilancio globale, in quanto ogni anno i nuovi edifici della PA sono un numero molto esiguo rispetto al totale esistente. Ad oggi, quindi, la strada da fare è ancora molta. La gestione dell’energia nella PA: gli energy manager Parlando di efficienza energetica e PA, vale la pena aprire una parentesi sul tema della gestione energetica. Infatti, elevati consumi possono significare edificio poco performante, ma molto spesso anche “cattive abitudini”. In aiuto alle PA, ci sono delle specifiche figure professionali, veri e propri “esperti di energia”: gli energy manager. Gli energy manager nella PA sono obbligatori per legge, come indicato nella Legge 10/91 e poi nella circolare MISE del 18 dicembre 2014, quando il consumo energetico annuo supera i 1.000 tep/anno. Entro il 30 aprile di ogni anno devono essere fatti i conteggi relativi ai consumi dell’anno precedente e, in caso, procedere con la nomina dell’energy manager. Poter contare su una figura di questo tipo assicura differenti vantaggi per la PA, come la riduzione dei costi per i consumi energetici e l’individuazione di adeguate misure per favorire l’efficienza energetica. Proprio questo, infatti, è il compito dell’energy manager, che deve supportare la PA nell’individuare e nell’applicare tutte le azioni ritenute necessarie per gestire al meglio l’energia e ridurre i consumi, anche tramite un’attività di adeguata pianificazione. Prima di tutto analisi: la diagnosi energetica Un ulteriore obbligo per la PA quando si parla di energia riguarda l’esecuzione della diagnosi energetica, che scatta in caso di ristrutturazione impiantistica o edilizia, se relativa almeno al 15% della superficie edilizia dell’involucro che delimita il volume riscaldato. La diagnosi energetica obbligatoria è stabilita nel D.lgs 115/2008, così come è richiesta anche nel cosiddetto Decreto CAM del 2017 per interventi di ristrutturazione importante di primo e di secondo livello di edifici con superficie utile uguale o superiore a 2.500 mq. La diagnosi energetica viene definita nella UNI CEI EN 16247-1 come un’“Ispezione sistematica ed analisi degli usi e consumi dell’energia di un sito, di un sistema o di una organizzazione finalizzata ad identificare i flussi energetici ed il potenziale per miglioramenti dell’efficienza energetica ed a riferire in merito ai risultati” e nel D.Lgs 102/2014 come una “Procedura sistematica finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi – benefici e a riferire in merito ai risultati”. La diagnosi energetica può essere eseguita solo da tecnici abilitati, ossia uno o più professionisti tecnici le cui competenze sono ufficialmente riconosciute. Il ruolo di auditor energetico, infatti, è definito nella norma UNI CEI EN 16247-5. La procedura di diagnosi energetica si sviluppa secondo precise fasi, a partire dalla raccolta di tutta la documentazione tecnica utile. Si svolgono poi attività in campo di monitoraggio e analisi, si valutano i consumi reali, si definiscono degli indicatori di prestazione e, sulla base di quanto emerso, si individuano anche le azioni necessarie per migliorare l’efficienza energetica, facendone apposite simulazioni, che permettono di valutare i potenziali risparmi ottenibili. Gli interventi sono gli stessi, ma su grande scala Chiaramente, oltre a valutare e analizzare lo stato di fatto per poi pianificare azioni di miglioramento, è necessario intervenire concretamente sugli edifici esistenti. Gli interventi per migliorare l’efficienza energetica negli edifici pubblici non sono differenti da quanto si fa per il privato, solo in molti casi a grande scala e soddisfacendo differenti esigenze. L’involucro opaco deve essere ben isolato, l’involucro trasparente essere performante e regolare in modo adeguato l’apporto di radiazione solare, gli impianti devono essere efficienti. Chiaramente, nella scelta degli interventi (soprattutto impiantistici) è necessario considerare esigenze e funzionalità tipiche di questi edifici, tant’è che i principali produttori di impianti hanno studiato soluzioni su misura per efficientare al massimo i consumi energetici in questi grandi edifici per la climatizzazione, l’illuminazione e la ventilazione. Si pensi agli ospedali, alle scuole o ai grandi comuni, che hanno necessità di illuminare, riscaldare e ventilare gli ambienti in modo completamente differente rispetto a quanto avviene in un edificio residenziale. Gli incentivi per la riqualificazione nella PA Tra le misure predisposte per incentivare gli interventi di riqualificazione energetica della PA c’è il Conto Termico, pensato proprio per sostenere questa tipologia di interventi e favorire la produzione di energia da fonte rinnovabile. A differenza di altri incentivi, si rivolge anche alla Pubblica Amministrazione ed è gestito dal GSE. Il Conto Termico 2.0 prevede dei bonus con un valore che arriva fino al 65% della spesa sostenuta per l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile, con una dotazione annuale dedicata alla PA di 200 milioni di euro. Le PA possono richiedere il bonus su prenotazione, ossia per interventi ancora da eseguire, ricevendo un acconto all’avvio dei lavori. Per procedere in questo modo le PA devono inviare dei documenti, tra cui una diagnosi energetica e un documento che attesti l’avvenuta assegnazione dei lavori. Un’altra possibilità per le PA è rappresentata dal Fondo Nazionale per l’efficienza energetica, che favorisce gli interventi per la riduzione dei consumi energetici, per la realizzazione e l’ampliamento di reti per il teleriscaldamento, per l’efficientamento dei servizi e delle infrastrutture pubbliche e per la riqualificazione energetica degli edifici. Tramite il fondo è possibile ottenere la concessione di garanzie su operazioni di finanziamento o ottenere finanziamenti a tasso agevolato. Delle risorse destinate alla concessione di finanziamenti, il 20% è dedicato solo alle PA. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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