Plusvalenza Superbonus, su quali lavori si applica? La proposta dei notai per ridurre le tasse

La Legge di Bilancio per il 2024 ha introdotto la tassazione della plusvalenza generata dalla vendita di immobili oggetto del Superbonus. Lo studio del Consiglio del Notariato propone alcune soluzioni e interpretazioni della norma.

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Plusvalenza Superbonus, su quali lavori si applica? La proposta dei notai per ridurre le tasse

L’inizio del 2024 ha segnato diverse novità per quanto riguarda il Superbonus. Una di queste è l’introduzione di una tassazione sulla plusvalenza generata dalla vendita di immobili sui quali è stato eseguito il Superbonus. Lo prevede la Legge di Bilancio 2024, che applica alle plusvalenze l’imposta del 26%.

Con questa nuova misura, il governo intende impedire che sullo stesso immobile si abbia una “doppia agevolazione”:

  • la realizzazione di lavori di efficientamento energetico e ristrutturazioni a costo zero
  • il guadagno in termini economici sulla vendita di un immobile appena ristrutturato e in classe energetica alta

In altre parole, la tassa sulla plusvalenza serve a scoraggiare l’esecuzione dei lavori finalizzata alla vendita ad un prezzo maggiorato degli immobili.

La misura ha suscitato qualche polemica e alcuni dubbi interpretativi. Lo Studio n.15-2024/T del Consiglio Nazionale del Notariato tenta di fare chiarezza sulla questione, proponendo una nuova chiave interpretativa, che limiterebbe le ipotesi in cui è obbligatoria la tassazione al 26%. Ecco cosa prevede lo Studio e come funziona la plusvalenza sul Superbonus.

Come si calcola la plusvalenza sul Superbonus

La nuova misura prevista dalla Legge di Bilancio 2024 si applica alle cessioni a decorrere dal 1° gennaio 2024. Prevede che chi ha ristrutturato una seconda casa con la maxi agevolazione del Superbonus, se vende entro 10 anni dall’ultimazione dei lavori, deve versare una imposta pari al 26% sulla plusvalenza.

La nuova tassazione, quindi, non si applica alle “prime case” e alle cessioni anteriori al 1° gennaio 2024.
Ma c’è di più, la Legge di Bilancio prevede anche che, per i primi 5 anni dall’ultimazione dei lavori, i costi di ristrutturazione non si possono dedurre dalla plusvalenza, mentre a partire dal 6° anno si potranno dedurre nella misura del 50%.
La norma non prevede né una elencazione dei lavori che generano la plusvalenza né i criteri per calcolarla, per questo motivo lo Studio del Consiglio del Notariato ha provato a dare una qualche delucidazione (ed anche qualche proposta).

La proposta del Notariato per ridurre la tassazione

Lo Studio 15-2024/T, in sintesi, propone di limitare la tassazione della plusvalenza sulle cessioni in base alla tipologia di interventi realizzati sull’immobile. Nello specifico, il Consiglio del Notariato propone di escludere dalla regola della plusvalenza al 26% alcuni lavori, come ad esempio:

  • gli interventi sulle parti comuni, nel caso di edifici condominiali
  • la manutenzione ordinaria realizzata in regime di edilizia libera
  • i lavori agevolati con aliquota inferiore al 110%
  • le cessioni da parte di chi non ha usufruito in prima persona del Superbonus

Dunque – secondo lo Studio – soltanto i lavori che hanno riguardato direttamente l’immobile in vendita possono generare una plusvalenza rispetto al valore che lo stesso aveva prima degli interventi agevolati.
Inoltre, sempre secondo lo Studio, genererebbero plusvalenza soltanto gli  interventi trainanti, trainati, quelli di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
Se questa interpretazione fosse confermata dall’Agenzia delle Entrate, la tassazione sulle cessioni si ridurrebbe sensibilmente.

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