Hydrogen valley: in Italia i progetti ci sono. Cosa serve ancora

Nel Paese si contano 54 progetti finanziati di hydrogen valley, mentre i progetti approvati hanno valore superiore agli 800 milioni. Oltre all’interesse e alle potenzialità di cui gode l’Italia, ci sono ancora diversi aspetti su cui lavorare

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Hydrogen valley: in Italia i progetti ci sono. Cosa serve ancora

Le hydrogen valley sono presenti in tutta Italia, grazie al decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che ha messo a disposizione 450 milioni di euro in aree industriali dismesse, fondi ripartiti tra i progetti delle Regioni e delle Province Autonome. «Si sono registrate numerose proposte. Si tratta di una manovra che ha riscontrato molto successo: solo i progetti approvati per accedere al finanziamento hanno un valore di oltre 800 milioni di euro», spiega Valeria Bona, ingegnere e project manager H2IT, che ha illustrato anche a KEY la situazione nazionale.

Mappatura idrogeno in Italia: i progetti approvati hanno valore superiore agli 800 milioni

Si parla di 140 domande di finanziamento presentate, 93 delle quali approvate e di 54 progetti approvati. Dalla mappatura è emerso un sensibile interesse per la possibilità di sviluppare un sistema, sostenuto dagli investimenti, per la produzione e il consumo di idrogeno verde, da fonti rinnovabili elettriche, a livello locale, sfruttando le risorse rinnovabili del territorio in aree industriali dismesse. Così si intende promuovere lo sviluppo di H2 rinnovabile, la cui produzione è ancora in quantità marginali (nel 2022 contava per meno dell’1% sul totale, segnala IEA).

Le attese sono forti: si stima che crescerà in maniera vertiginosa al 2050. Per quella data la domanda di idrogeno green potrebbe rappresentare fino al 73-100%  della domanda totale di idrogeno, prevede McKinsey.

L’Italia come è messa oggi e, per quella data, potrà contare su una produzione significativa?

Hydrogen valley e un quadro da completare per lo sviluppo dell’idrogeno

Intanto va registrata come una buona notizia il forte interesse riscontrato sull’hydrogen valley. Ma occorre contare su un quadro generale che a oggi è lacunoso. «Innanzitutto per attivare un intero mercato dell’idrogeno è necessario abilitare ogni tassello della catena del valore– rileva Valeria Bona –. Non c’è solo la produzione: vanno considerati anche il trasporto dell’idrogeno, tramite pipeline o carri bombolai, la distribuzione e gli usi finali (mobilità, produzione energia e calore, industria)».

Nell’ultimo anno sono stati attivati diversi incentivi, dalle stazioni di rifornimento in ambito stradale e ferroviario, ai progetti di ricerca e sviluppo. Sull’industria sono stati sbloccati finanziamenti per decarbonizzare il comparto “hard to abate”. «Sugli usi finali c’è un grande potenziale perché si rileva interesse da parte delle aziende, ma si può fare di più e su questo H2IT si sta muovendo, a partire dalla sua presenza al tavolo di lavoro per la Strategia nazionale sull’idrogeno».

Hydrogen valley e un quadro da completare per lo sviluppo dell’idrogeno

I nodi da sciogliere non mancano in questo percorso di sviluppo dell’idrogeno verde italiano. «Oltre alla necessità di abilitare ogni parte della filiera dell’idrogeno, dalla produzione agli usi finali, ci sono problemi di vario tipo, come per esempio i gap di costo, lacune normative e iter autorizzativi da accelerare (sicurezza, ambientale). Inoltre, in alcuni ambiti si rende necessaria una tematica di ricerca e sviluppo».

Mobilità a idrogeno e industria: le opportunità e le barriere

A proposito di costi da coprire, c’è bisogno di una incentivazione per la mobilità. «Se, da un lato, sono stati allocati incentivi dal Piano strategico nazionale per la mobilità sostenibile e dal PNRR in termini di trasporto pubblico locale, non ci sono finanziamenti per il trasporto pesante né per il trasporto privato», rileva la project manager H2IT, sottolineando la necessità di fare di più anche sull’impiego dell’idrogeno in ambito navale e aeroportuale.

Mobilità a idrogeno e industria: le opportunità e le barriere

Occorre cercare di compensare i ritardi accumulati, perché le potenzialità anche a livello industriale e nella mobilità ci sono. «Si consideri, per esempio, la sostituzione della domanda di idrogeno grigio nell’industria, e la creazione di nuova domanda per esempio sotto forma di sostituzione del gas naturale, magari in blending, o l’iniezione di idrogeno nella stessa rete gas».

Le potenzialità dell’Italia

L’Italia può contare su un elemento forte: ha un’infrastruttura per il trasporto del gas che connette il Nord Africa al resto dell’Europa. «Rappresenta un tassello strategico, potenzialmente in grado di abilitare l’infrastruttura per il trasporto dell’idrogeno. Oltre alla pipeline gas, un ruolo importante lo possono avere anche i porti come potenziali hub di ricezione dell’idrogeno prodotto all’estero dove le fonti rinnovabili sono più disponibili e dove si può produrre idrogeno a costi potenzialmente più bassi», rileva ancora Bona, ricordando inoltre che l’Italia all’interno dell’Europa può contare su una maggiore disponibilità sul fotovoltaico rispetto ad altri Paesi, come pure ha un ruolo rilevante in termini di manifattura. «Tra gli associati H2IT abbiamo dei produttori di componentistica, di elettrolizzatori, di fuel cell e tutta la filiera che hanno la forza necessaria per portare avanti questa transizione e anche su questo l’Italia conta su un forte potenziale».

Certo, c’è bisogno di incentivare alcuni aspetti. «Occorre fare di più in termini di sostegno alle progettualità. C’è bisogno di promuovere il networking e il matchmaking delle competenze, ovvero creare occasioni di incontro e di relazione tra le aziende, di comunicare le imprese che ci sono sul territorio per stimolare domanda e offerta», conclude la project manager H2IT.

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