L’insostenibile mobilità italiana. Auto vs bici: l’esempio olandese

Negli ultimi tempi si è sentito molto parlare di ciclisti morti sulle strade. È il racconto dell’insostenibile mobilità italiana, devota all’uso dell’automobile. Attraverso un confronto con l’Europa e l’esempio olandese di Amsterdam (la città delle bici), analizziamone limiti attuali e prospettive future.

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L’insostenibile mobilità italiana. Auto vs bici

La mobilità italiana è sostenibile? Ha fatto scalpore la recente notizia di una ciclista 60enne travolta e uccisa da una betoniera a Milano. Tanto che da lì è partita una mobilitazione, una protesta spontanea, un raduno di cittadini, persone che in bicicletta hanno invaso il centro del Capoluogo Lombardo, occupando strade e piazze con l’intento di sensibilizzare la cittadinanza e la politica sul problema del traffico e della mobilità più in generale (tema che da anni portano avanti le varie “Critical Mass” di ogni città), uniti dal coro “se non cambierà bloccheremo la città”. Cosa chiedono? Semplicemente “un patto di condivisione dello spazio urbano: città a 30 km/h, ciclabili leggere e un maggior controllo sui mezzi più inquinanti”. (da ilFattoQuotidiano). E pochi giorni fa una ciclista 28enne è stata travolta e uccisa da un camion in via Caldara,
sempre a Milano. E di notizie così, purtroppo, ce ne sono frequenti.

La capitale olandese Amsterdam, già dagli anni 70 ha scelto una città a misura d’uomo, libera dalle auto (car free) e a favore della mobilità sostenibile (bicicletta e pedoni). Nel 1992, tramite un referendum, il 93% dei cittadini olandesi ha chiarito in via definitiva la volontà di limitare il traffico e dimezzare i posti auto.

L’Italia e in particolare grandi città come Roma e Milano, sono molto distanti da quel modello di società. Gli italiani, salvo rare eccellenze urbane, prediligono le quattro ruote per qualsiasi spostamento. Vediamo, con l’aiuto dei dati statistici gli attuali limiti delle nostre città, tentando un confronto in Europa e con i modelli virtuosi e collaudati come esempio e spunto per il futuro della mobilità.

Le morti dei ciclisti in Italia

Le statistiche, infatti, ci raccontano una verità allarmante: la mobilità italiana è insostenibile. I dati ufficiali indicano tutt’altro che una casualità: sono centinaia i morti che si registrano ogni anno sulle strade delle nostre città. E la tendenza è piuttosto costante, e non accenna a diminuire. Stando infatti ai dati Aci e Istat, rielaborati dall’Osservatorio Asaps (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale), nell’anno 2021, i ciclisti che hanno perso la vita sulle strade, ammontano a 180 (nei primi 8 mesi del 2022, sono 103).

ASAPS ha creato una mappa (visualizzabile qui) con la geolocalizzazione degli incidenti mortali dei ciclisti in Italia nel 2023. Come si può osservare è un fenomeno diffuso che riguarda tutta la Penisola, con maggiori concentrazioni a Nord e nelle grandi città.

Geolocalizzazione degli incidenti mortali dei ciclisti in Italia nel 2023
Geolocalizzazione degli incidenti mortali dei ciclisti in Italia nel 2023 (fonte: ASAPS)

Non sono poche le vittime e, malauguratamente, è un dato sottostimato: conteggia solo i decessi avvenuti nell’immediatezza dell’incidente, non quelli che sopraggiungono a distanza di tempo, a seguito di incidenti e ferite gravi.

Le recenti proteste milanesi ci catapultano indietro nel tempo di oltre mezzo secolo. In un piccolo Paese europeo, per buona parte al di sotto del livello del mare, queste “battaglie” accadevano già una sessantina di anni fa: stiamo parlando come avrete capito dell’Olanda di cui Amsterdam ne è fulcro e simbolo. La Capitale olandese, come vedremo ha infatti vissuto simili vicende, da cui ne ha tratto spunto e riflessione per un radicale cambiamento, che oggi è sotto gli occhi di tutti. È infatti universalmente considerata la Capitale della mobilità sostenibile, la Capitale della bicicletta. Insieme a Copenaghen.

Anche la Germania sta andando in quella direzione, gli attivisti di Berlin Autofrei hanno presentato un piano per liberare il centro della città dalle auto: Berlino potrebbe presto diventare la più grande area urbana senz’auto del mondo.

L’esempio olandese: Amsterdam libera dalle auto e il referendum del ’92

Sono stati i cittadini stessi a chiedere alla politica, alle amministrazioni, una città a misura d’uomo. Correva l’anno 1992 e con il 93%, gli elettori hanno approvato il referendum sull’opportunità di limitare il traffico nel centro di Amsterdam. Il provvedimento non vincolante, prevedeva forti restrizioni sull’uso dei veicoli a motore. Tra le misure della proposta c’erano il divieto di automobili private da gran parte della Città Vecchia e il dimezzamento dei suoi 23.000 posti auto.

L’esempio olandese: Amsterdam libera dalle auto e il referendum del 1992
L’evoluzione di Amsterdam: dalla città delle macchine alla città dell’uomo (pedonale e ciclabile). Nella foto Haarlemmerdijk, la celebre via dello shopping

Ma come si è arrivati a tutto questo? Il boom economico seguito alla fine della Seconda Guerra Economica, come in tutto il mondo occidentale, e le idee moderniste che vedevano nell’automobile il futuro, avevano in breve tempo prodotto una città congestionata dal traffico. Questo ha prodotto pericoli e incidenti anche mortali. La morte di circa 400 bambini, nel 1971 diede il via a grandi proteste di massa. Che, unite alla grave crisi energetica del 73, spinsero il governo olandese nel sovvenzionare le piste ciclabili. Fu solo il primo passo.

Da allora le politiche si mossero con decisione in favore della mobilità sostenibile:

  • parcheggi per bici
  • piste ciclabili
  • ztl estesa
  • parcheggi della auto limitati e costosi
  • incentivi per mezzi pubblici (con un’unica tessera si può accedere a bus, tram, treno, monopattino e bici in modalità sharing pagando solo le fermate o il tempo di utilizzo a costi davvero irrisori).

Non è una questione di Classe sociale, ad Amsterdam tutti usano i mezzi pubblici (o la bici): liberi professionisti, imprenditori, operai, dirigenti e reali. Semplicemente è il mezzo più economico ed efficiente di spostarsi in città.

L'evoluzione di Amsterdam: dalla città delle macchine alla città dell'uomo (pedonale e ciclabile).
L’evoluzione di Amsterdam: dalla città delle macchine alla città dell’uomo (pedonale e ciclabile). Nella foto Damrak, una delle vie principali che conduce dalla stazione al centro.

Attualmente Amsterdam conta circa 250 auto per abitante (contro le 616 di Roma). E il futuro? Amsterdam ha adottato il “Clean Air Action Plan”, con obiettivo traffico a emissioni zero entro il 2030. Già dal 2025 i taxi dovranno essere tutti elettrici. L’amministrazione è consapevole che sta chiedendo un grande cambiamento,
e che va fatto con gradualità, coinvolgendo e informando tutti i cittadini.

Salute e traffico: le patologie da smog

Tra i problemi della mobilità urbana attuale, incentrata sull’autoveicolo, quello meno evidente è il danno indiretto, causato dallo smog, dall’inquinamento dell’aria. Il traffico, con i suoi motori a combustione, è infatti fonte di vari inquinanti.

Tra i più pericolosi:

  • Particolati (PM10 e PM2.5) o polveri sottili
  • Biossido di Azoto (NO2)
  • Ozono (O3)

Questi inquinanti, oltre a rappresentare un problema per la salute umana, sono anche causa dei cambiamenti climatici. Esiste una stretta relazione di causa/effetto tra l’esposizione agli inquinanti dell’aria e le malattie di tipo respiratorio e cardiovascolari.

Impatto della qualità dell'aria (e dell'inquinamento) sulla salute umana.
Impatto della qualità dell’aria (e dell’inquinamento) sulla salute umana.

Secondo l’OMS in tutto il Mondo circa un quarto delle malattie è dovuta all’esposizione a fattori ambientali, ovvero il 24% sono patologie ambiente-correlate. E aggiunge che “Gli effetti combinati dell’inquinamento atmosferico ambientale e dell’inquinamento atmosferico domestico sono associati a 7 milioni di morti premature ogni anno”.

Nel mondo circa un quarto delle malattie ovvero il 24% sono patologie ambiente-correlate
In tutto il Mondo circa un quarto delle malattie ovvero il 24% sono patologie ambiente-correlate (fonte: OMS).

Secondo il rapporto State of Global air, nel 2019, l’inquinamento atmosferico ha contribuito a 6,67 milioni di morti in tutto il mondo, classificandosi al 4° posto tra i principali fattori di rischio di mortalità a livello globale, superata solo dall’ipertensione, dal consumo di tabacco e da una dieta povera. In Cina e India ogni anno si registra la metà dei morti per smog del mondo.

L’European Environment Agency (EEA), stima che l’inquinamento atmosferico provoca ancora più di 1.200 morti premature all’anno tra i minori di 18 anni in tutta Europa e che a causa di queste malattie siano morte nel 2022 in Italia oltre 60 mila persone, uccise dall’esposizione ad alti livelli di smog.

L'inquinamento dell'aria in Cina
L’inquinamento dell’aria in Cina

Le patologie più comuni accertate dall’OMS, conseguenti all’inquinamento atmosferico sono asma (in particolar modo nei bambini), bronchite, tumore polmonare e malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus, demenza e basso peso alla nascita dei bambini).

Senza considerare gli effetti collaterali del consumo di suolo dovuto all’urbanizzazione del territorio, in favore dell’auto, che è correlato alle catastrofi naturali – come alluvioni e frane – conseguenza dei cambiamenti climatici.

L’Agenda 2030, che fissa gli impegni UE per lo sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030, riconosce lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali e la presenza di sfide comuni che tutti i paesi sono chiamati ad affrontare. Tra i 17 obiettivi da raggiungere, il numero tre “assicurare salute e benessere per tutti” richiama, tra le altre, appunto queste problematiche.

L’insostenibile mobilità italiana

L’Italia è, in Europa, tra i Pasi più esposti all’inquinamento atmosferico. Secondo il Rapporto di Legambiente “Mal’Aria”, nel 2022 sulle 95 monitorate ben 29 città hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo) con le centraline di Torino che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano con 84, Asti 79, Modena 75, Padova e Venezia con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti.

I dati dell'insostenibile mobilità italiana

Sono ancora molte le città italiane che prediligono gli spostamenti con l’autovettura al mezzo pubblico, e agli spostamenti a piedi o in bicicletta. Il confronto con le altre grandi Capitali europee è implacabile, in particolar modo se raffrontate a Berlino, Amsterdam e Copenaghen.

I principali mezzi per andare al lavoro nelle capitali d'Europa
I principali mezzi per andare al lavoro nelle capitali d’Europa (fonte: Eurostat)

Le città italiane sono indietro sulla mobilità alternativa (a Roma ci sono 10 mezzi ogni 100 abitanti, a Trieste 1 su 100). A Roma, oltre la metà degli spostamenti è con l’automobile, ad Amsterdam è la metà, ovvero un quarto degli spostamenti totali (la metà dei quali avviene con la bici).

Gli ostacoli alla mobilità sostenibile

Le città italiane sono dei grandi parcheggi. Roma conta 616 autovetture per abitante (Torino 658, Palermo 590, Milano 503, Napoli 569, Firenze 524), contro le 250 di Amsterdam.

Numero di auto circolanti ogni mille abitanti
Numero di auto circolanti ogni mille abitanti (Legambiente su dati ACI e municipalità)

Secondo il Dossier “Non è un paese per bici” a cura di Legambiente, CleanCities e Fiab, il nostro Paese investe 100 volte di più sull’auto che sulla bici. Questo dovrebbe già bastare a definire gli obiettivi nazionali, che eleggono l’auto protagonista indiscussa.

Ma quali sono gli ostacoli alla bici, alla mobilità sostenibile, in Italia? Tralasciando gli aspetti ideologici, le politiche antiquate e bigotte, che talora vanno in altra direzione (Il ministro di Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini solo pochi mesi fa annunciavaCasco, assicurazioni, targa e freccia per i monopattini e biciclette”), focalizziamoci su quelli che sono al momento dei forti limiti allo sviluppo sostenibile delle nostre città (in relazione agli aspetti che invece sono stati importanti disincentivi all’uso dell’autovettura).

Il costo dei parcheggi

Le città italiane sono amiche delle auto. Mentre un parcheggio ad Amsterdam costa 15 euro, a Roma ne bastano poco più di 2, circa 7 volte.

Costo del parcheggio nelle principali capitali europee
Costo del parcheggio nelle principali capitali europee

Appare evidente come quello economico sia un disincentivo all’uso della macchina assai persuasivo.

La fiducia nel mezzo pubblico: i ritardi di bus e metro

Altro punto debole è la qualità del trasporto pubblico, che si misura spesso nel tempo impiegato per raggiungere il posto desiderato. A Roma la percentuale di attesa del mezzo pubblico alla fermata, degli utenti che aspettano oltre 20 minuti, è 4 volte quella di Valencia o Barcellona e 3 volte quello di Madrid e Parigi.

Va nettamente meglio a Milano, dove a poco più di un pendolare su dieci capita di dover aspettare il bus o tram per oltre venti minuti.

Percentuale di attesa (oltre 20 minuti) alla fermata del bus nelle principali città europee
Percentuale di attesa (oltre 20 minuti) alla fermata del bus nelle principali città europee

L’inaffidabilità dei tempi di attesa e percorrenza e, quindi, l’imprevedibilità e l’incertezza nel poter pianificare uno spostamento – che sia per lavoro, svago, o studio – che sono in generale troppo lenti, se paragonati all’uso dell’autovettura, sono un requisito fondamentale nella scelta. Questo chiaramente si riflette sulla fiducia nel muoversi con i mezzi pubblici, che ne è strettamente correlata.

Le metropolitane in Italia

Rispetto alle grandi capitali europee come Londra, Madrid, Parigi e Berlino, le città italiane non hanno delle linee metropolitane efficaci, come copertura del territorio. Ad esempio, stando ai dati 2018, a fronte dei 60 km di metropolitana di Roma e 91 di Milano, Londra ne vanta 464, Madrid 291, Parigi 215 km e Berlino 146.

Stato dell'arte delle metropolitane in Europa, per lunghezza in km e numero di stazioni
Stato dell’arte delle metropolitane in Europa, per lunghezza in km e numero di stazioni

Lo stato dell’arte è implacabile: le città italiane non sono pronte ad accogliere il cambiamento. Certo non tutte, ma esiste una minoranza di comunità urbane esemplari che potrebbero contagiare il resto della Penisola con le loro pratiche virtuose. Ma possono cominciare gradualmente a fare piccoli passi verso il futuro. Un futuro per l’ambiente, la salute, l’uomo. Un futuro sostenibile, per tutti.

I benefici della bicicletta

Oltre ai vantaggi indiretti di una città a misura di ciclista – riduzione degli inquinanti atmosferici e acustici – esistono benefici diretti che il ciclista stesso può sperimentare.

Il paesaggio naturale del lago di Albano ai Castelli Romani (RM
Il paesaggio naturale del lago di Albano ai Castelli Romani (RM), ammirato dalla bici di un ciclista urbano.

Secondo “l’A Bi Ci” – 2° Rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città – stilato da Legambiente nel 2018 in collaborazione con VeloLove e GRAB+, e confermati da numerosi e autorevoli studi internazionali, tanti sono i benefici legati alla bicicletta:

  • risparmio di carburante (e costi per le tasche e l’ambiente)
  • benefit sanitari (in termini di salute guadagnata, dovuti all’attività fisica);
  • riduzione di emissioni nocive (minor inquinamento atmosferico e aria più salubre);
  • turismo (incentivi per il settore).

I benefici sono moltissimi. Molti sono collaterali, come la possibilità di dedicare parcheggi e posti auto a parchi, spazi verdi o piazze di cui tutta la comunità ne possa beneficiare. Persino il turismo, sia indigeno che forestiero, potrebbe meglio giovarsi della smisurata vastità delle meraviglie dell’architettura storica che il Belpaese può vantare, quale primato assoluto al mondo.

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