Cannucce ecologiche, biodegradabili e PFAS

Le cannucce alternative alla plastica monouso (carta, vetro, bambù, acciaio), sono davvero sicure, biodegradabili, ecologiche? Uno studio le mette alla prova, alla ricerca dei PFAS: vediamone i risultati

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Cannucce ecologiche, biodegradabili e PFAS

Con la messa al bando dei prodotti monouso in plastica, nuovi materiali hanno preso il sopravvento. Nel caso delle cannucce sono proliferati una moltitudine di tipi e colori diversi. Cannucce in carta e cartone, vetro, bambù, bioplastiche, acciaio inox.

Si presentano come sostituti della plastica, la versione green, attenta all’ambiente e alla salute. Ma queste cannucce sono davvero sicure, biodegradabili, ecologiche?

Per scoprirlo, ci serviremo di uno studio di recente pubblicazione, che ci permetterà di analizzare la presenza dei famigerati PFAS all’interno dei vari tipi di cannucce. Una famiglia che comprende oltre 4.700 sostanze, di cui alcune altamente pericolose per la salute, considerate cancerogene dall’OMS.

PFAS: diffusione ed effetti sulla salute

Sono ormai note a tutti le tristi vicende riguardanti il vasto inquinamento da PFAS nel Veneto e nelle acque potabili della Lombardia. In uso fin dagli anni 40 del Novecento, gli PFAS hanno nel tempo invaso il mercato, diventando presenti in una vasta gamma di prodotti e applicazioni di uso comune, dal vestiario al cibo e all’acqua che consumiamo. Sebbene se ne conoscesse la pericolosità già dagli anni 60, è solamente trent’anni dopo, sul finire degli anni 90 che la loro tossicità è stata resa pubblica.

Le PFAS sono sostanze Persistenti, Bioaccumulanti e Tossiche (PBT). Sono perciò molto pericolose, da una parte perché permangono nell’ambiente per molti anni, dall’altra perché sono assorbite facilmente e si accumulano nell’organismo che non li metabolizza né espelle.

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) costituiscono un’ampia famiglia di circa 4.700 composti chimici sintetici contenenti legami carbonio-fluoro, tra i legami chimici più forti esistenti. Per questo hanno straordinarie proprietà che le rendono resistenti alle reazioni chimiche, al calore e all’abrasione, e servono per conferire ai materiali proprietà di antiaderenza e impermeabilità sia all’acqua che agli oli. Ne consegue che l’uso degli PFAS è estremamente diffuso (paragonabile all’amianto in edilizia) in molti campi: vengono usati negli imballaggi e per rivestire i contenitori per il cibo (come i cartoni delle pizze d’asporto), nel rendere antiaderenti le padelle (teflon) e impermeabilizzare i vestiti, come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella formulazione di insetticidi, rivestimenti protettivi, schiume antincendio e vernici.

PFAS: origine, diffusione ed effetti sulla salute

L’accumulo delle sostanze perfluoro-alchiliche nell’organismo presenta per l’uomo effetti tossici e può essere correlato ad alcune patologie quali, ad esempio, patologie neonatali, diabete gestazionale e, in caso di esposizione cronica, formazione di tumori.

Diversi studi hanno dimostrato che i PFAS una volta nell’organismo hanno un’emivita piuttosto lunga, andandosi ad accumulare preferibilmente nel sangue e nel fegato e che possono provocare epatotossicità, immunotossicità, neurotossicità, alterazioni ormonali nella riproduzione e nello sviluppo.

Effetti sulla salute dell'esposizione agli PFAS
Effetti delle PFAS sulla salute umana e sullo sviluppo del feto (fonte: EEA)

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha valutato la cancerogenicità dei due PFAS più noti, diffusi e persistenti (per la loro struttura chimica a catena lunga): l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluoroottanosolfonico (PFOS).

Dai risultati è emerso che il PFOA è cancerogeno per l’uomo (Gruppo 1), il PFOS è probabilmente cancerogeno per l’uomo (Gruppo 2B). Gli effetti dell’esposizione umana ai PFAS comprendono cancro renale, cancro testicolare, malattia tiroidea, danni epatici e una serie di effetti sullo sviluppo a carico dei feti.

Nel luglio 2020, l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha fissato, per un gruppo di quattro PFAS più persistenti che si accumulano nell’organismo (PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS), una soglia settimanale tollerabile di 4,4 ng/kg di peso corporeo. Su tali indicazioni, la Commissione Europea ha emanato il Regolamento (UE) 2022/2388 che fissa dei valori limite negli alimenti (ad esempio, per le uova e le carni ovine stabilisce un valore max di PFOS pari a 1 μg/kg di peso fresco).

La Direttiva sull’acqua potabile o DIRETTIVA (UE) 2020/2184, entrata in vigore il 12 gennaio 2021, prevede un limite di 0,5 µg/l (500 ng/l) per tutti i PFAS.

Le alternative ecologiche alle cannucce in plastica

C’era una volta la plastica, la cannuccia monouso in plastica. Era diffusissima, te la davano ovunque anche se non richiesta. Solo il cappuccino si salvava, tutte le altre bevande – dal succo di frutta, al frullato, al cocktail – erano servite pedissequamente con una cannuccia in plastica. Poi arrivò la presa di coscienza del problema ambientale, l’invasione dei mari e la minaccia alle specie acquatiche fauna e pesci. In Costarica fu trovata e salvata una tartaruga con una cannuccia conficcata nelle narici e un’altra con una forchetta.

Si diffuse presto un’ondata d’indignazione globale che pose alla ribalta la questione ambientale dei rifiuti della plastica (ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che via siano più di 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani). L’Europa, con la Direttiva (UE) 2019/904 decise di proibirne la vendita, aprendo la strada a nuove alternative ecologiche. Anche l’Italia si è adeguata alla Direttiva SUP (Single Use Plastic) e, dal 14 gennaio 2022, ha detto stop alla plastica monouso, con l’esclusione di quelli biodegradabili e compostabili.

Le alternative ecologiche alle cannucce in plastica

Proibita la plastica monouso, cannucce di ogni forma, materia e dimensione hanno invaso il mercato: cartone, vetro, bambù, Bioplastiche, acciaio inox; colorate o al naturale.

Grazie ad uno studio di recente pubblicazione, indaghiamo la presenza degli PFAS all’interno delle cannucce biodegradabili di origine vegetale (carta e bambù) e più generalmente ecologiche (vetro e acciaio inox) che possono essere riutilizzate e riciclate, nate per sostituire le cannucce in plastica monouso messe al bando dall’Unione Europea per arginare il problema ambientale della diffusione della plastica.

Pfas nelle cannucce biodegradabili ed ecologiche

Pochi mesi fa, ad agosto 2023, è stato pubblicato uno studio belga (Boisacq et al., 2023), il primo in Europa e secondo al mondo; l’altro (Timshina et al., 2021), era stato fatto negli USA. Questa più recente ricerca estende il campo di analisi a nuovi materiali: oltre alle già indagate cannucce di carta, plastica e bioplastica va ad aggiungere quelle in vetro e acciaio inossidabile (inox).

I risultati europei confermano quelli americani di due anni prima, aggregando nuovi preziosi dati.

Pfas nelle cannucce biodegradabili ed ecologiche

Lo studio belga esamina le concentrazioni di PFAS in 39 diverse marche di cannucce, realizzate con cinque materiali (ovvero carta, bambù, vetro, acciaio inossidabile e plastica) disponibili in commercio sul mercato belga. Queste, sono state sottoposte a un’analisi approfondita e mirata per 29 singoli composti PFAS.

I risultati delle concentrazioni di PPFAS sono stati confrontati in base ai continenti in cui sono state prodotte le cannucce e tra i tipi di cannucce.

Carta e cartone

Venti cannucce di carta sono state sottoposte ad analisi per 29 diversi tipi di PFAS. L’ipotesi da cui sono partiti i ricercatori era che le cannucce di carta avessero maggiori probabilità di essere contaminate da PFAS rispetto ad altri tipi di cannucce, poiché i produttori mirano a rendere la carta idrorepellente.

I PFAS sono stati rilevati in quasi tutte le cannucce di cartone, con concentrazioni altamente variabili tra i marchi, che vanno da < LOQ a 7,15 ng/g. Il PFOA è stato il componente rilevato più frequentemente, mentre il PFOS è presente in un solo caso a valori bassissimi (ed è l’unica tra le 39 cannucce analizzate).

I PFAS rilevati nelle cartucce di carta
Cannucce di carta e PFAS (Boisacq et al., 2023)

Solo due cannucce di carta su 20 (il 10%) non hanno mostrato tracce di PFAS. Le restanti 18 avevano qualche traccia di almeno uno dei PFAS analizzati.

Dalla tabella sono mostrati quelli più rilevanti per valore in termini di peso sul totale (ng/g). La sigla “<LOQ” sta ad indicare quando gli inquinanti sono assenti o se il loro valore è irrilevante perché irrisorio (al di sotto di una certa soglia).

Se consideriamo solo i valori massimi di ogni PFAS rilevato abbiamo:

  • PFOA = 3,38 ng/g
  • PFBS = 6,23 ng/g
  • 6:2 FTS = 2,12 ng/g
  • 8:2 FTS = 5,067

Il valore in assoluto più alto è 6,23 ng/g (PFBS), mentre gli PFOA si fermano alla cifra di 3,83 ng/g.

Bambù

Cinque cannucce di bambù sono state sottoposte ad analisi per 29 diversi tipi di PFAS. L’ipotesi da cui sono partiti i ricercatori era che le cannucce di origine vegetale (come bambù e carta) contenessero PFAS (per renderle resistenti all’acqua).

I PFAS nelle cannucce di bambù
Cannucce di bambù e PFAS (Boisacq et al., 2023)

Solo una cannuccia (sulle 5 analizzate) è totalmente priva di PFAS. Il PFOS si conferma di nuovo assente (e lo sarà per tutte le restanti cannucce in bambù, plastica e acciaio). Tra quelli rilevati, spiccano per valori dominanti il PFTeDA (1,068 ng/g) e PFDoDA (1,495 ng/g). Una cannuccia ha tracce di PFOA (0,41 ng/g). PFHpS e 4:2 FTS sono stati rilevati solo nelle cannucce in legno, ma ancora una volta per un solo marchio.

Per entrambe le cannucce di origine vegetale (carta e bambù), si ipotizza che la contaminazione da PFAS potrebbe già essersi verificata durante la crescita delle piante su terreni contaminati.

Vetro

Cinque cannucce di vetro sono state sottoposte ad analisi per 29 diversi tipi di PFAS. L’ipotesi da cui sono partiti i ricercatori era che, a differenza della carta che ha bisogno di un trattamento idrorepellente, il vetro lo era di natura. Perciò si credeva assente ogni possibile traccia di PFAS. Ma, a torto.

I PFAS nelle cartucce in vetro
Cannucce di vetro e PFAS (Boisacq et al., 2023)

Due cannucce su cinque hanno infatti mostrato concentrazioni superiori al LOQ per cinque tipi di PFAS su 29. I famigerati PFOS e PFOA sono risultati sempre assenti, con il PFTeDA dominante nelle cannucce di vetro (3,32 ng/g).

Come si motiva la presenza di PFAS nelle cannucce in vetro, dunque? Alcune di esse sono realizzate in vetro borosilicato, quindi la presenza di PFAS in queste cannucce potrebbe essere dovuta all’assorbimento da parte di minerali di silice. Tuttavia, i ricercatori confessano che servirebbero ulteriori approfondimenti per capire l’origine del contaminamento da PFAS.

Acciaio inossidabile (inox)

Cinque cannucce di acciaio inossidabile (inox) sono state sottoposte ad analisi per 29 diversi tipi di PFAS.

L’ipotesi da cui sono partiti i ricercatori era: premesso che i PFAS vengono utilizzati per conferire idrorepellenza alle macchie e all’acqua, e che l’acciaio inossidabile, essendo spesso costituito da ossido di cromo o altri ossidi metallici (e quindi senza carica netta sulla superficie delle cannucce), si suppone non abbia inquinanti o siano assai limitati. L’acciaio inox infatti non ha bisogno di alcun trattamento aggiuntivo per resistere all’acqua o alla corrosione.

Cannucce di acciaio inox  e PFAS
Cannucce di acciaio inox e PFAS (Boisacq et al., 2023)

E le previsioni non sono state tradite: in tutte e cinque le cannucce in acciaio inossidabile analizzate, non è stata osservata alcuna concentrazione di PFAS superiore al LOQ in nessuna delle marche analizzate. L’acciaio inox è un materiale privo di PFAS.

Plastica

Quattro cannucce di plastica sono state sottoposte ad analisi per 29 diversi tipi di PFAS. Per le cannucce di plastica era difficile prevedere la presenza di PFAS a causa della varietà di plastiche e additivi utilizzati.

Cannucce di plastica e PFAS
Cannucce di plastica e PFAS (Boisacq et al., 2023)

Tre marche di cannucce su quattro (il 75%) contenevano PFAS, in concentrazioni comprese tra <LOQ e 0,924 ng/g. Il PFOA è la sostanza dominante nelle cannucce plastica (così come in quelle di carta).

Conclusioni e risultati: PFAS si, PFAS no?

L’ipotesi iniziale, che quei materiali di origine vegetalecarta e bambù – che necessitavano di trattamenti idrorepellenti, contenessero PFAS, è stata accertata da questo studio. L’imprevisto è stato constatare la presenza di inquinanti anche nelle cannucce in vetro (forse dovuta all’assorbimento da parte di minerali di silice). La plastica era più difficile da prevedere, per la sua varietà di materia e additivi usati. L’acciaio inossidabile, non ha invece tradito: PFAS non pervenuti, assenti, zero.

Dei 29 tipi di PFAS analizzati, circa la metà (16) sono stati osservati al di sopra del valore LOQ (limite di quantificazione): PFHxA, PFOA, PFNA, PFUnDA, PFDoDA, PFTrDA, PFTeDA, PFBS, PFPeS, PFHpS, PFOS, PFDS, 4:2 FTS, 6:2 FTS, 8:2 FTS e NaDONA.

Contributo relativo di PFAS alla concentrazione di PFAS nelle cannucce
Figura 1. Contributo relativo di PFAS alla concentrazione di PFAS in ciascuno dei tipi di cannucce. I valori < LOQ sono stati considerati 0 nel calcolo della somma delle concentrazioni. carta (N ¼ 20), bambù (N ¼ 5) vetro (N ¼ 5), plastica (N ¼ 4).

I PFAS sono stati rilevati in quasi tutte le cannucce di carta, con concentrazioni altamente variabili tra i marchi, che vanno da < LOQ a 7,15 ng/g (Figura 1). Il PFOA è stato il componente rilevato più frequentemente, ad esclusione delle cannucce in vetro e acciaio. In generale, il PFOA è dominante nelle cannucce di carta e plastica e il PFTeDA è dominante nelle cannucce di vetro e bambù.

Presenza di PFAS nei vari tipi di cannucce

Tra tutti quelli testati, l’unico materiale per cannucce no PFAS, ovvero senza inquinanti, è risultato essere l’acciaio inox: tutte delle cinque cannucce analizzate ne sono risultate prive.

Sono stati inoltre identificati due composti che non erano inclusi nell’analisi target: l’acido trifluoroacetico (TFA) – un derivato fluorurato dell’acido acetico – e l’acido trifluorometansolfonico (TFMS). Classificati come PFAS a catena ultracorta, sono sostanze persistenti, mobili e tossiche. Oltretutto entrambe le sostanze chimiche sono altamente solubili in acqua: è perciò possibile che migrino dalla cannuccia alla bevanda e vengano ingeriti e assorbiti dall’organismo. Il TFA è stato rilevato in cinque cannucce di carta su otto e in una cannuccia di bambù. Il TFMS è stato rilevato in sei cannucce di carta e in una cannuccia di bambù.

Ininfluente il Paese di origine delle cannucce: dai risultati emerge che non c’è una significativa differenza di PFAS riscontrati tra le cannucce in cartone prodotte in Asia, da quelle europee (in accordo con lo studio di “Timshina et. al, 2021” sulle cannucce disponibili in commercio negli Stati Uniti).

È stato riscontrato che i PFAS sono presenti in quasi tutti i tipi di cannucce, ad eccezione di quelle in acciaio inossidabile. La presenza di PFAS nelle cannucce di origine vegetale dimostra che non sono necessariamente biodegradabili e che l’uso di tali cannucce contribuisce potenzialmente all’esposizione umana e ambientale ai PFAS.

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