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Indice degli argomenti: Professor Valentini, può illustrarci ruolo e valore dell’IPCC nello studio dei cambiamenti climatici? Se non dovessimo fare nulla per centrare gli obiettivi per il clima cosa accadrebbe da qui al prossimo futuro? A proposito del suo ruolo di esperto di ecologia forestale, quanto è importante il ruolo delle foreste per il nostro Pianeta? Greta Thumberg che ruolo ha avuto e ha nel dare peso al lavoro degli scienziati per il clima? Nel 2050 due terzi della popolazione mondiale vivrà in città. Che aiuto può fornire il verde urbano al loro sviluppo sostenibile? Su cosa sta lavorando oggi? La sfida al climate change è aperta: «siamo in un momento importante e abbiamo davanti a noi una grande sfida: ridurre le emissioni di gas serra e puntare ad avere entro il 2050 un pianeta a emissioni zero. Sarà possibile raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento sotto 1,5 °C, come richiesto dalla COP21 di Parigi, soltanto grazie all’aiuto delle foreste». Riccardo Valentini non ha dubbi: il Premio Nobel per la Pace come membro del consiglio di amministrazione dell’IPCC (Intergovernamental Panel of Climate Change) indica la strada della sostenibilità come necessaria per sperare di ridurre quanto più possibile gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, conseguenza di un progressivo riscaldamento globale, la cui causa è l’aumento delle emissioni di anidride carbonica. È intervenuto a Klimahouse, dove ha detto di «sentirsi a casa», data l’importanza del legno nell’edilizia di qualità ed ecologica, «fornendo al legno una prospettiva nuova in termini di sostenibilità». Per questo i temi al vaglio dell’attenzione della comunità scientifica internazionale vertono sulla riforestazione, «ma anche tenere in vita questo legno, che è una risorsa rinnovabile, ma da tutelare, oltre che da recuperare e riciclare, in pieno rispetto dell’economia circolare». Per far comprendere l’importanza del legno come cattura-carbonio fa l’esempio di un tavolo: «pensate che questo oggetto di legno è costituito per il 50% da CO2», ricordando che al suo interno, il legno conserva per secoli l’anidride carbonica. Ricorda chi sia uno scienziato, «un servitore della società, che ha il dovere al meglio delle proprie capacità di fornire informazioni» dimostrate su base strettamente oggettiva, basate sui dati e comprovate. Nel suo dialogo con il meteorologo e climatologo Luca Mercalli nello spazio “ISOLA URSA“ ha parlato di climate change e di efficienza energetica, elemento imprescindibile in tema di sostenibilità ambientale. Ed è proprio in questa occasione che abbiamo incontrato Riccardo Valentini, per comprendere con lui lo stato del clima e l’importanza della scienza. Professor Valentini, innanzitutto può illustrarci ruolo e valore dell’IPCC nello studio dei cambiamenti climatici? L’Intergovernamental Panel of Climate Change è un organismo delle Nazioni Unite formato da circa 120 scienziati di tutto il mondo selezionati in base ai loro curricula e specializzazioni. Il tema dei cambiamenti climatici in realtà non è solo un problema fisico, ovvero dei mutamenti nella dinamica del sistema clima del pianeta, ma gli impatti prodotti dal climate change anche a livello economico e sociale, in termini di perdita di produzione agricola, di risorse idriche, di disastri idrogeologici, di impatto sulle persone più vulnerabili… Perciò IPCC studia questi fenomeni, analizzando la letteratura scientifica prodotta sul tema. È un punto fondamentale: non possiamo fare ipotesi personali, ma dobbiamo attenerci a quanto è stato sperimentato, pubblicato e rivisto, frutto di attenta valutazione e di analisi di altri scienziati. A nostra volta, quali membri del Panel, li rivalutiamo per ulteriore certezza che possano essere concordi nel fornire informazioni e per darci la possibilità di giungere a conclusioni certe. Un esempio? Il responsabile dei cambiamenti climatici è l’uomo. Se non dovessimo fare nulla per centrare gli obiettivi per il clima cosa accadrebbe da qui al prossimo futuro? Lo scenario possibile potrebbe essere un riscaldamento globale di 4/4,5 °C a fine secolo i danni sono svariati: per esempio, da modelli previsionali, i ghiacci della Groenlandia si scioglieranno, causando un importante innalzamento del livello dei mari, mettendo a rischio la vita di 200 milioni di persone che vivono sulle coste e che saranno costrette a emigrare. Ma già a 3/3,5°C la Foresta Amazzonica scomparirà a causa dei danni provocati dagli incendi, un po’ come accaduto in questi giorni in Australia; inoltre l’aumento della temperatura porterà all’estinzione di massa di molte specie animali e vegetali. A proposito del suo ruolo di esperto di ecologia forestale, quanto è importante il ruolo delle foreste per il nostro Pianeta? Lo scorso agosto IPCC ha pubblicato Special Report on Climate Change and Land, sul cambiamento climatico e il territorio, dedicato allo stato del suolo, alle foreste e al clima, cui ho dato il mio contributo. Da qui si evidenzia l’importanza delle foreste nell’assorbire la CO2 attraverso la fotosintesi. L’utilità di riforestare è legata proprio a questa preziosa funzione. Il problema è però dove andare a piantare gli alberi: oggi il 73% delle terre sono consumate dall’uomo, resta un restante 27% a disposizione per sfamare la popolazione presente e futura. Dove quindi destinare spazio agli alberi? Di sicuro, nei terreni degradati è possibile fare riforestazione, ma non si possono toccare aree destinate all’agricoltura. C’è quindi un problema di gestione delle superfici. Tuttavia, possiamo trovare modi possibili per sfruttare il legno, trattenendo così al suo interno la CO2. Per esempio, utilizzandolo nell’edilizia, privilegiandolo al cemento, la cui produzione è un’importante fonte di emissioni. Il Premio Nobel per la Pace all’IPCC che contributo ha dato allo studio e all’impegno per il clima? Premesso che il clima è uno degli elementi di tensione più forti nella geopolitica mondiale, le crisi climatiche sono fonti di guerra, per le risorse idriche, per il cibo. Per questo l’impegno per ridurre i problemi climatici nel mondo può garantire condizioni favorevoli per la pace. Il Nobel ha costituito un importante riconoscimento per il lavoro quasi “invisibile” ai governi: essi, a loro volta, hanno dovuto accettare una realtà e una verità scomoda con cui prima o poi avrebbero dovuto fare i conti. Ma siamo ancora agli inizi. Greta Thumberg che ruolo ha avuto e ha nel dare peso al lavoro degli scienziati per il clima? Da scienziato riconosco che la nostra comunità ha dei limiti nella comunicazione, nel senso che abbiamo svolto il lavoro al meglio, impegnandoci a fornire tutte le informazioni possibili, ma non riusciamo a convincere l’opinione pubblica e politica. Il merito di Greta è stato di toccare l’anima delle persone e per questo, oltre a ringraziarla, sottolineo quanto sia necessario che sociologi, artisti, uomini di cultura, umanisti in questa grande battaglia per l’umanità. C’è bisogno di persone capaci di toccare altre corde e in questo senso lei ha dato un importante contributo. Ma c’è altrettanto bisogno di tutti nell’affrontare questa battaglia che noi, comunità scientifica, non solo abbiamo portato avanti e affrontiamo tuttora, non solo denunciando il problema, ma anche proponendo soluzioni. Nel 2050 due terzi della popolazione mondiale vivrà in città. Che aiuto può fornire il verde urbano al loro sviluppo sostenibile? Siamo sempre più disaccoppiati dalla natura e le nuove generazioni vivranno sempre più in ambienti urbani, arrivando a non conoscere l’origine del cibo che hanno nel piatto. È molto importante, quindi, ricostruire questo rapporto: per questo ha una grande utilità il verde urbano e la sua gestione. Occorre lasciargli spazio in città, alla sua capacità di sviluppo, non relegandolo sempre in forme geometriche. Bisogna favorire il green, lo sviluppo di ecosistemi naturali, per la nostra salute psico-fisica. È un tema centrale quello dell’organizzazione delle città, favorendo un migliore rapporto con la natura. Quanto pensa sia importante costruire con un approccio diverso, più attento all’ecologia e al benessere di chi vive gli edifici? Posso solo congratularmi con chi, come Klimahouse, porta avanti il tema della casa ecologica perché è l’esempio più concreto e di successo che abbiamo oggi di applicazione di tecniche di sostenibilità, anche a livello di risparmio energetico. In edilizia c’è ancora molto da fare specie sui materiali e sull’economia circolare: oltre a costruire con materiali attenti all’ambiente, dobbiamo pensare alla corretta gestione del loro fine vita, alle modalità di recupero. È cruciale pensare in modo circular: non può bastare lo sviluppo delle energie rinnovabili, pure importanti, ma dobbiamo ragionare che le risorse sono limitate e occorre mettere ordine alla comunità umana, facendo più attenzione a quanto abbiamo e a come impiegarlo. Su cosa sta lavorando oggi? Su progetti pratici legati alla sostenibilità della produzione agricola e della catena agroalimentare; in particolare mi sto interessando di sistemi di intelligenza artificiale e di tecnologie innovative per il monitoraggio della natura e degli ecosistemi. Sono convinto che occorrono informazioni più puntuali e precise per gestirla e tutelarla al meglio e l’innovazione tecnologica si rivela molto utile a questo fine. Riccardo Valentini, breve biografia Riccardo Valentini è professore ordinario di Ecologia Forestale all’Università della Tuscia. Le sue competenze riguardano il ruolo dei cambiamenti di destinazione d’uso del suolo e della silvicoltura nel ciclo del carbonio, la biodiversità e la bioenergia. È anche coinvolto, attraverso l’IPCC e gli enti governativi, nelle politiche sul ciclo globale del carbonio e sul ruolo dei cambiamenti di destinazione d’uso del suolo e della silvicoltura. È coordinatore di diversi progetti dell’UE che mirano a comprendere e quantificare il bilancio del carbonio terrestre e le emissioni di gas serra. È coordinatore del progetto europeo CARBOAFRICA. È il Dottor Honoris Causa Faculté Universitaire des Sciences Agronomiques de Gembloux, Belgio. È Premio Nobel per la Pace come membro del consiglio di amministrazione dell’IPCC. È Direttore della Divisione Impatti del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e membro del Comitato di Biogeoscienza del Consiglio Europeo delle Ricerche. 2009: Presidente del Programma del Sistema Mondiale di Osservazione Terrestre, sponsorizzato da FAO/UNESCO/UNEP/ICSU/WMO. 2010: Coordinatore del progetto UE CLIMAFRICA. 2010: Assegnazione della Advanced Senior Grant del European Research Coucil. 2010: Membro della Fondazione Aurelio Peccei – Club di Roma 2011 – Coordinatore del progetto UE GEOCARBON. (Fonte: CMCC) Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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