Smart city in Italia: un mercato da 1 miliardo. Luci, ombre, prospettive

Cresce il mercato della smart city in Italia, ma con un tasso dimezzato. Solo 1 Comune su 5 ha attuato almeno un progetto, ma 6 su 10 intendono farlo nei prossimi 12 mesi. Tecnologia, strumenti incentivanti, opportunità e interesse: ecco i temi abilitanti messi in luce dall’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano.

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Smart city in Italia: un mercato da 1 miliardo. Luci, ombre, prospettive

Indice degli argomenti:

Il mercato delle smart city in Italia ha toccato quota 1 miliardo di euro nel 2023. Buona notizia, ma non ottima, se si considera che nel 2022 aveva raggiunto 900 milioni, ma soprattutto l’anno scorso ha evidenziato un tasso di crescita sensibilmente ridotto rispetto al 23% rispetto all’anno precedente.

Presentazione dell'Osservatorio Smart City in Italia 2024 del Politecnico di Milano

Come ha rilevato l’Osservatorio Smart City – parte degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano – nella terza edizione dello studio sulle città intelligenti in Italia, la crescita nel 2023 è stata dell’11%. «È un tasso dimezzato non solo a livello nazionale, ma anche rispetto allo scenario internazionale: se consideriamo gli altri Paesi europei, il Far East o il mercato americano il tasso di crescita si aggira tra +20 e +22%. Quindi, c’è molta strada da fare», ha affermato Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Smart City.

Il mercato delle Smart City in Italia

Questa situazione di luci e ombre caratterizza l’intero andamento dello sviluppo del mercato in Italia.
Tra i punti critici: solo un quinto (22%) dei Comuni ha avviato progetti smart city nel triennio 2021-2023. Per le note positive, va segnalato che il 58% dei Comuni sondati ha intenzione di avviare un progetto nei prossimi 12 mesi e il 28% nei prossimi due tre anni. «Si tratta di un +10% di incremento rispetto a quanto osservato un anno fa».

Le ombre sulle smart city in Italia

Quali sono gli ostacoli che frenano lo sviluppo della smart city in Italia? Dall’indagine svolta dall’Osservatorio e che ha coinvolto oltre 500 Comuni italiani, al primo posto col 52% di preferenze si pone la mancanza di personale. «Soprattutto nei piccoli Comuni sotto i 10-15mila abitanti, non ci sono persone che possono seguire e gestire progetti spesso complessi come possono essere quelli di smart city», ha sottolineato ancora Salvadori.

Il secondo fattore limitante riguarda la mancanza di risorse economiche, lamentata dal 48% del campione. Il PNRR e altri fondi di finanziamento a livello nazionale e internazionale hanno attenuato questo fenomeno, ma non l’hanno ancora eliminato. C’è poi la mancanza di conoscenze e competenze (47%), lacuna che può essere colmata con una necessaria formazione oppure attingendo a professionalità esperte esterne.

Ostacoli allo sviluppo delle smart city in Italia

Proprio quest’ultima direzione dovrebbe essere imboccata con maggiore decisione, dando spazio ai privati, sfruttando maggiormente le potenzialità offerte dal Partenariato Pubblico Privato (PPP), come ha segnalato Stefano De Capitani, amministratore Delegato di Municipia, società del Gruppo Engineering nata e specializzata per la digital transformation delle città, tra le aziende partecipanti al dibattito.

Quali sono le conoscenze/competenze mancanti? Al 67% sono quelle legate all’utilizzo di tecnologie innovative: intelligenza artificiale, Internet of Things, cloud. Al secondo posto, col 47%, si ravvisa la mancanza di competenze di project management; subito dopo c’è la necessità di contare su know-how riguardante l’analisi dei dati, fondamentali all’interno di un progetto di smart city.

Il divario di interesse tra piccoli e grandi Comuni

Solo il 22% dei Comuni ha avviato almeno un progetto di smart city in Italia nel triennio 2021-2023. Va detto che, nel solo 2023, sono aumentati i Comuni che hanno avviato progetti legati alla Smart City: 12%, contro il 10% del 2022. Considerando gli investimenti pubblici nel 2023, il 23% del valore di mercato è dato da iniziative legate all’illuminazione pubblica e il 21% alla smart mobility, a seguire smart metering e smart grid.

Se la quota dei Comuni che hanno varato almeno un progetto negli ultimi tre anni è bassa, c’è però da segnalare un’elevata quota di soddisfazione (80%) in chi ne ha varato almeno uno. È una buona notizia, insieme alla consapevolezza che c’è nei cittadini: il 69% ha sentito parlare di smart city, percentuale in crescita.

Smart city: Il divario di interesse tra piccoli e grandi Comuni

C’è maggiore partecipazione e lo si nota anche con il dato in forte crescita (+31%) di Comuni che hanno risposto all’indagine dell’Osservatorio Smart City rispetto al 2022.

Il tema delle città intelligenti è rilevante più per le città maggiori di 15mila abitanti: per quasi l’80% lo è. Tuttavia, la percentuale si riduce al 32% nei Comuni più piccoli.

La stessa disparità tra grandi e piccoli Comuni la si nota nel dato riguardante i Comuni che hanno attivato almeno un progetto negli ultimi tre anni considerati: 22%. Se si suddivide il dato secondo la dimensione dei Comuni si vede che quelli over 15mila abitanti sono il 34%, mentre gli under 15mila si riducono al 17%.

I temi più gettonati nel presente: nel futuro crescono le CER

Per quanto riguarda il triennio 2021-23 cominciano ad aumentare i progetti che coinvolgono direttamente i cittadini. Per quanto riguarda i comparti, la sicurezza e sorveglianza (65%) è quella più richiesta tra i progetti smart city in Italia, in salita rispetto al triennio 2020-22 in cui era seconda.

Al secondo posto ci sono i progetti riguardanti proprio il coinvolgimento attivo dei cittadini (55%), mentre l’illuminazione (52%) scende dal primo al terzo posto. Se si considera i desiderata per il futuro, nel triennio 2024-2026 al primo posto ci sarà ancora sicurezza/sorveglianza (76%), ma al secondo posto si pongono le comunità energetiche rinnovabili (66%), un tema molto sentito soprattutto nei piccoli Comuni grazie al traino del Decreto Legge che prevede per l’avvio delle CER quasi 6 miliardi di euro per i Comuni sotto i 5mila abitanti. Al terzo posto si posizionano i progetti riguardanti il coinvolgimento dei cittadini (63%).

Si è detto che l’intenzione di buona parte dei Comuni è investire in progetti sulla smart city in Italia. Ma su quali tecnologie c’è maggiore interesse? Anche in questo caso l’analisi dell’Osservatorio fornisce una risposta: «tra le tecnologie di frontiera, i Comuni dichiarano che le preferenze più sentite vanno al cloud computing e i pagamenti innovativi, con – rispettivamente – il 37 e il 34% di utilizzo in progetti attuali e un interesse a tendere comunque abbastanza elevato (26 e 27%, quindi più di un Comune su quattro). L’Internet of Things rivela uno stato di adesione attuale pari all’11% e un interesse a tendere che arriva al 28%. C’è poi l’intelligenza artificiale: se oggi solo il 2% dei progetti la contempla, l’intenzione di interesse futuro raggiunge il 31%».

Come ha sottolineato Matteo Risi, direttore dell’Osservatorio Smart City, «il futuro dei centri urbani intelligenti passerà anche da due trend che, seppur in ambiti diversi, stanno raccogliendo un grande interesse da parte dei comuni italiani. Da una parte, la volontà di collaborare tra comuni per creare un ecosistema intelligente più ampio in un’ottica di smart land, un approccio ancora poco diffuso (23%), ma prospettato dal 59% di coloro che hanno sviluppato progetti. La seconda tendenza riguarda l’Intelligenza Artificiale. Circa un comune su tre, infatti, intende lavorare nel prossimo futuro utilizzando l’AI a supporto dei propri processi e delle proprie decisioni, sfruttandone la potenza e la versatilità, ma con un occhio attento alla gestione dei rischi e alle regole imposte dal nuovo AI Act”.

Le città alla ricerca di una strategia

I Comuni devono far fronte alle oggettive difficoltà ravvisate e citate in precedenza. Come possono portare avanti progetti di smart city in Italia stante queste difficoltà? Innanzitutto, possono adottare strategie efficaci, che passano proprio dalla collaborazione.

Anche in questo caso c’è molto da fare. Come ravvisa l’Osservatorio Smart City, quasi metà delle 44 città italiane con più di 100.000 abitanti possiedono una strategia o un approccio che presuppone un pensiero strategico riguardo alle Smart City. 9 comuni possiedono una strategia formalizzata e pubblica, mentre altri 12 hanno in corso e/o hanno concluso iniziative che si inseriscono in un approccio strategico non formalizzato o, se formalizzato, non di pubblico dominio. Non c’è, invece, alcuna parvenza di un piano strutturato per i restanti 23 comuni sopra ai 100.000 abitanti. Considerando tutti i comuni Italiani, sono il 7% le realtà locali che hanno dichiarato di adottare una strategia incentrata su questi temi, una scelta che ha poi garantito ottimi risultati dall’implementazione dei progetti di Smart City (oltre le loro aspettative nel 33% dei casi contro l’11% della media).

Inoltre devono sapere di poter contare su due attori fondamentali: le nazioni e le regioni. È quanto emerge dalla stessa analisi dell’Osservatorio Smart City. «Le nazioni possono creare un ambiente regolatorio favorevole caratterizzato da una governance efficace e con misure incentivanti e infrastrutture abilitanti (come il PNRR, per esempio)», ha segnalato ancora Risi. A questo proposito ha segnalato, come strumento utile in ottica di strategia nazionale, il Piano triennale perl’Informatica, pubblicato tre mesi fa dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che contempla – in un sottopunto – misure previste per la Smart Area.

Le regioni sono un altro attore fondamentale: hanno un ruolo essenziale nel connettere i livelli nazionale e internazionale a quello locale, facendo da collettore e permettendo di creare le condizioni perché i fondi dedicati possano essere convogliati agli enti locali. Le stesse regioni stanno mettendo a punto degli strumenti ad hoc: l’Agenda digitale, una Strategia Regionale o Leggi regionali dedicate; piattaforme per la Smart City; connessione e integrazione di uno o più strumenti.

A proposito di Agenda digitale, il piano di digitalizzazione degli enti regionali, 12 regioni su 19 (e le 2 Province autonome) citano al loro interno temi legati alla smart city.

Per quanto riguarda Strategia Regionale o Leggi regionali dedicate, l’esempio viene dalla Lombardia (legge regionale) e dal Friuli Venezia Giulia (strategia regionale).

Regione Toscana e Veneto hanno attuato piattaforme per la Smart City; l’Emilia Romagna ha predisposto iniziative di connessione e integrazione di uno o più strumenti.


4/03/2024

Smart city in Italia: le risorse ci sono, servono competenze

Sullo sviluppo delle smart city in Italia il PNRR stanzia 10 miliardi di euro. Il mercato è vivo, i progetti ci sono, ma servono persone competenti in grado di usare i dati e di sfruttare le potenzialità della tecnologia

Smart city in Italia: le risorse ci sono, servono competenze

Indice degli argomenti:

Lo sviluppo delle smart city in Italia, in Europa, nel mondo costituirà il punto di svolta per garantire ai cittadini una maggiore qualità di vita all’interno delle città dove, da qui al 2050, vivrà quasi il 70% della popolazione mondiale, secondo le Nazioni Unite. Già oggi vi risiede il 55%.

Le città, oltre a essere attrattive, contribuiscono per oltre l’80% al PIL globale, ma non sono sostenibili: esse, infatti, costituiscono la principale fonte di inquinamento al mondo e contribuiscono per il 70% alle emissioni globali di gas serra.

Oltre alla sostenibilità ambientale, dovranno garantire una maggiore sostenibilità sociale, tenendo conto che – specie in Italia – si va incontro a una progressiva crescita della popolazione anziana. Istat prevede che nel 2050 la popolazione nazionale sarà costituita per almeno un terzo (il 34,5%) da over 65 e già nel 2041 10,2 milioni di persone saranno destinate a vivere sole.

Le città, quelle europee in particolare, sono chiamate a svolgere un ruolo fondamentale nel raggiungimento del traguardo net zero (neutralità climatica) entro il 2050, obiettivo del Green Deal europeo.

Come sarà possibile pensare a città più sostenibili ed efficienti? Occorrerà contare su un’attenta progettazione, ma soprattutto su persone competenti oltre che sull’impiego attento di ciò che offre l’innovazione tecnologica e digitale. Serviranno investimenti: il PNRR stanzia oltre 10 miliardi di euro per progetti smart city, nel complesso.

Smart city in Italia: il convegno di Prospecta Formazione e Infobuildenergia a KEY 2024

Ma già oggi le iniziative non mancano, come è emerso dal convegno “Come realizzare una smart city: idee, progettualità ed esempi” organizzato da Prospecta Formazione a KEY – The Energy Transition Expo.

Smart city in Italia: un mercato da 900 milioni

I numeri non mentono: le smart city in Italia, in termini economici, costituiscono un mercato da 900 milioni di euro, ha ricordato Matteo Risi, direttore dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano proprio in occasione del convegno.

Matteo Risi, direttore dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano al convegno sulle Smart City organizzato da Prospecta Formazione

Sono dati (relativi al 2022), che evidenziano una crescita del 23% rispetto all’anno precedente. Ma le cifre economiche non dicono tutto. Perché le città intelligenti sono un tema complesso. Come evidenzia la Commissione Europea, la smart city va oltre l’uso delle tecnologie digitali per un migliore utilizzo delle risorse e minori emissioni. Ciò significa: reti di trasporto urbano più intelligenti, migliori strutture per l’approvvigionamento idrico e lo smaltimento dei rifiuti e modi più efficienti per illuminare e riscaldare gli edifici.

Questa complessità sembra un po’ sfuggire alle amministrazioni pubbliche chiamate a ragionare in termini prospettici in città: lo dimostra il fatto che nel comparto dell’illuminazione pubblica (il comparto che da solo comprende un quarto circa del mercato smart city in Italia) Il 39% dei rispondenti ha avviato solo progetti di illuminazione LED, senza attivare illuminazione adattiva, telecontrollo o funzionalità integrate (utilizzando i lampioni come hub).

Va un po’ meglio con gli altri due comparti più rappresentativi del mercato, ovvero smart mobility e sicurezza. Ma quello che traspare è che spesso «i progetti smart city continuano ad essere troppo verticali. Inoltre pochi programmi mirano a un ecosistema urbano integrato», ha sottolineato Risi, mettendo in luce in particolare la mancanza di competenze, anche per valorizzare i dati. Comprendere il loro potenziale può sprigionare opportunità ancora oggi poco o per niente sfruttate. C’è da guardare ora alle opportunità che passano dalla leva del PNRR, lavorando sul valore propositivo che traspare dall’indagine condotta dall’Osservatorio: il 41% dei Comuni del campione afferma di voler investire sulle città intelligenti e si nota come «chi ha investito in smart city continuerà a farlo nei prossimi anni, segnale della soddisfazione rispetto ai risultati ottenuti», ha concluso Risi.

La leva del PNRR e il ruolo dell’intelligenza artificiale

Il Piano nazionale Ripresa e Resilienza può davvero rappresentare la spinta per lo sviluppo delle smart city in Italia? Sì, se si considerano alcuni aspetti rilevati da Samantha Battiston, avvocata specialista proprio del tema delle città intelligenti:

il concetto di Smart city nell’ambito e alla luce del PNRR lascia progressivamente spazio a quello di Next Generation City, ovvero un contesto urbano che diventa ancor più intelligente nella misura in cui si dimostra capace di sfruttare le risorse messe in campo dal Next Generation UE per giungere ad una piena transizione energetica, verde e digitale». Per tale ragione «sono stati assegnati ai progetti Smart City per il periodo 2022-2026 nel complesso oltre 10 miliardi di euro di cui quasi 2,5 miliardi di euro, in attuazione della linea progettuale “Piani Integrati – M5C2 – Investimento 2.2”, nell’ambito del Piano nazionale ed è stato avviato il complesso percorso della pianificazione urbanistica sostenibile e partecipata con lo scopo di recuperare spazi urbani e valorizzare la persona e la sua identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche».

I progetti finanziabili nell’ottica della pianificazione urbana smart dovranno essere finalizzati: al miglioramento delle aree degradate o a rischio di spopolamento; alla creazione di nuovi e innovativi servizi alla persona, alla riqualificazione delle infrastrutture attraverso la funzionalizzazione ecosostenibile delle aree pubbliche e delle strutture edilizie; al miglioramento del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale; allo sviluppo e potenziamento territoriale dei servizi sociali e delle attività culturali e sportive; alla razionalizzazione e l’efficientamento dei trasporti e del consumo energetico con introduzione di tecnologie digitali.

Il ruolo dell'Intelligenza artificiale nello sviluppo delle Smart City

«Occorre ragionare su quali tecnologie debbano essere impiegate le risorse, per valorizzare e garantire una più elevata qualità della vita perché il fine della smart city è porre le persone al centro», ha sottolineato Battiston. In questo senso l’intelligenza artificiale può e deve diventare uno strumento per migliorare diversi aspetti. Sul valore e ruolo della AI ha puntato l’attenzione Alberto Gerli, founder e Ceo di Tourbillon Tech nonché smart city consultant di City Green Light: «occorre rilevare il valore dei Large Language Models per potenziare le smart city, conferendo alle città i cinque sensi. Si dovrà ragionare su un’evoluzione delle città che da “pensanti” diventino “senzienti”; solo così sarà possibile pensare a uno sviluppo delle città nelle quali il benessere delle persone sia posto al centro».

Digitalizzazione e inclusività: da qui si progetta e si modella la smart city

Per contare su città intelligenti, il ruolo dei dati – come detto – è fondamentale. Serve affrontare una transizione digitale, a partire da un singolo quartiere. A questa finalità opera Planet Smart City, realtà italiana che da anni opera per l’applicazione di soluzioni sociali, tecnologiche e innovative nell’edilizia residenziale sociale.

Alberto Cancelli, head of project management advisory, ha illustrato qualche esempio dei benefici sottesi al suo impiego. Il Quartiere Giardino, a Cesano Boscone (Milano), è un esempio di come un quartiere immobiliare degli anni Settanta del secolo scorso sia potuto evolvere in uno smart district grazie all’integrazione di soluzioni digitali, ambientali e sociali, trasformandosi così in un ecosistema urbano intelligente che ha saputo cambiare in meglio la vita dei residenti. In un’area di 150mila metri quadri i 600 residenti che vivono da 1500 unità abitative hanno potuto sperimentare e apprezzare l’adozione di soluzioni tecnologiche che spaziano dall’apertura della porta all’irrigazione intelligente. La soddisfazione è anche confermata dal fatto che prima della smart transformation le unità sfitte erano 220, mentre dopo si sono azzerate e oggi si arriva a una lista d’attesa di sei mesi.

L’impiego delle soluzioni digitali comprende anche la parte di monitoraggio e di gestione intelligente dell’energia del distretto, come ha messo in luce Adriano Bergese, product manager per le soluzioni energetiche di Planet Smart City, che ha illustrato il valore della soluzione Smart Energy per semplificare la gestione energetica di quartieri, edifici, uffici e di comunità di energia rinnovabile.

La digitalizzazione è una leva da sfruttare per ottenere informazioni e prendere decisioni più accurate per servizi in grado di fare evolvere le città intelligenti: in Italia spesso le città sono elementi contraddittori, i cui problemi potrebbero essere affrontati e risolti proprio grazie alla transizione digitale. Si pensi al ruolo dei digital twin, repliche digitali delle città in cui «gli stessi cittadini sono un elemento attivo», ha spiegato Adriano Bisello, smart city senior manager Jakala Civitas, realtà che opera nel settore privato a servizio della digitalizzazione del settore pubblico. Nel suo intervento ha messo in evidenza le possibilità offerte dai dati: pensiamo solo ai lavori pubblici – che impegnano le città – o al traffico spesso caotico. In entrambi i casi conoscere, grazie ai dati e agli strumenti abilitanti, la situazione permette di snellire tempi e migliorare situazioni altrimenti poco gestibili.

Su un substrato digitale è incentrato anche il progetto, brevettato, alla base di Worm, illustrato dall’amministratore Roberto Pirani, per la raccolta differenziata a misura di smart city, che si fonda su una gestione razionale e intelligente dei rifiuti in città, ottenendo risparmi economici sensibili e una migliore organizzazione dei servizi alla città. Non solo: permette di creare anche un clima più collaborativo e consapevole tra gli stessi cittadini. Un’attuazione pratica di Worm – e Wormapp – la si potrà vedere nella città siciliana di Augusta, dove nell’occasione del convegno è stato annunciato l’avvio prossimo dell’applicazione.

Progetti ed esempi di città intelligenti

Nel convegno non sono mancati anche interventi che hanno messo in luce buoni esempi di città intelligente: è il caso del Comune di Padova, ben illustrato dall’assessora Margherita Cera (che, tra le deleghe, si occupa del Programma Agenda Digitale), a partire dal progetto Padova Smart City alla creazione del gemello digitale del centro della città. La conferma del lavoro fatto passa anche dal riconoscimento di Padova tra le finaliste, insieme a Cork (Irlanda), Linköping (Svezia), del premio Città europea dell’innovazione, finalizzato al riconoscimento di Capitale europea dell’innovazione.

Anche i piccoli Comuni sono capaci di grandi cose in tema di smart city in Italia: lo dimostra l’esempio del borgo sardo di Serrenti dove negli anni sono stati avviati con successo – e illustrati con cura da Maurizio Musio, tecnico manutentore del Comune – diversi progetti che hanno riguardato la gestione efficiente e intelligente dell’illuminazione pubblica fino alla realizzazione di microgrid e oggi guarda all’avvio di una comunità energetica nonché di un Laboratorio dell’Energia, dell’Innovazione e della Sostenibilità ambientale nella PA, mettendo al centro sempre l’attenzione verso i propri cittadini e stimolando l’attenzione dei ragazzi e dei giovani sui temi più innovativi.

Infine, ma non certo per importanza, l’Assessora Francesca Mattei del Comune di Rimini (nel cui quartiere fieristico è andata in scena la fiera KEY – The Energy Transition Expo) ha spiegato i vari progetti nel segno dell’intelligenza e della sostenibilità che la città romagnola sta portando avanti e che toccano vari ambiti, dimostrando – se ce ne fosse ancora bisogno – che il modello smart city, in Italia, è possibile e attuabile e produce sempre ottimi risultati.


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