Transizione energetica: i nuovi alleati e alleanze dell’idrogeno verde

Dagli Usa alla Cina, dal mondo politico alle alleanze tra imprese, ecco come le strategie pubbliche e private stanno promuovendo lo sviluppo dell’idrogeno ricavato dalle rinnovabili

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Nel processo di transizione energetica, l’idrogeno verde non è più solo una suggestione. Diversi fattori fanno pensare che nel mondo siano sempre più i segnali che indicano l’interesse e la volontà di promuovere lo sviluppo dell’idrogeno prodotto mediante elettrolisi impiegando l’elettricità da fonti rinnovabili quali energia solare ed eolica.

Secondo IRENA, potrebbe essere economicamente competitivo entro il 2030. È quanto traspare da un report pubblicato pochi giorni fa. In esso si ammette che l’idrogeno verde oggi è 2-3 volte più costoso dell’idrogeno blu e che il costo di produzione è determinato dal prezzo dell’elettricità da rinnovabili, dal costo di investimento dell’elettrolizzatore e dalle sue ore di funzionamento. Ma si sottolinea anche come le rinnovabili siano già diventate la fonte di energia elettrica più economica in molte parti del mondo. Resta la necessità di una diminuzione sensibile dei costi di investimento per gli impianti di elettrolisi. Ma su questo sta lavorando da tempo la ricerca.

Proprio l’R&D sarà strategica per trasformare in un’ipotesi concreta e quanto più prossima la possibilità di contare sul green hydrogen competitivo su larga scala. Tra i fattori fondamentali che vengono in aiuto, in particolare, c’è l’impegno degli Stati Uniti, le strategie della Cina (primo produttore al mondo di idrogeno) e di diversi altri Paesi, ma anche le strategie di alcuni big energetici mondiali. Vediamo cosa sta accadendo.

Idrogeno verde: la strategia degli USA e il “fattore” Joe Biden

Negli USA il vento a favore della transizione energetica sta soffiando sempre più forte. Pur contando oggi su una quota decisamente minoritaria di energia da rinnovabili come fotovoltaico ed eolico, il tasso di crescita di queste due fonti è notevole. Il solo fotovoltaico ha registrato un incremento medio annuo del 49%.

In ambito ricerca, l’attenzione degli USA si nota anche sull’idrogeno. Lo conferma quanto ha messo in luce, in termini di strategia, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti pubblicando l’Hydrogen Program Plan. Un piano che descrive i passi necessari per consentire un uso più ampio dell’idrogeno, tra cui la riduzione dei costi, i protocolli di sicurezza e gli investimenti infrastrutturali. Spetterà al nuovo presidente Joe Biden e alla sua eventuale scelta del Segretario per l’energia decidere come attuare i piani di investimento sul futuro energetico più sostenibile, tenendo conto che il DOE ha già investito nella ricerca e nello sviluppo dell’idrogeno negli ultimi due decenni più di 4 miliardi di dollari. Ma gli elementi di speranza ci sono: basti prendere il testo del programma elettorale del futuro presidente USA.

In esso è scritto che

si assicurerà anche che il mercato possa accedere all’idrogeno verde allo stesso costo dell’idrogeno convenzionale entro un decennio – fornendo una nuova fonte di combustibile pulito per alcune centrali elettriche esistenti”.

I piani della Cina: perché il colosso dell’idrogeno potrebbe virare al green

La Cina è il più grande produttore di idrogeno del mondo, con oltre 20 milioni di tonnellate all’anno, ossia un terzo circa della produzione totale mondiale. Tuttavia, la maggior parte dell’idrogeno cinese proviene dal carbone; per la produzione da elettrolisi la quota è assai marginale (3%). A oggi la maggior parte dell’idrogeno prodotto nella Repubblica Popolare è attualmente utilizzato per processi industriali e chimici.

Negli ultimi cinque anni il Governo cinese ha mostrato un sensibile supporto, a livello normativo, per l’industria dell’idrogeno. Solo nel 2019, sono stati pubblicati dieci documenti politici che menzionano l’idrogeno. Ma la Cina potrebbe decidere di virare al green hydrogen?

Una delle ragioni che possono spingere a fare il passo ha a che fare con la necessità di decarbonizzare le infrastrutture di trasporto commerciale. Ricordiamo che la Cina ha lanciato nel 2013 la Belt and Road Initiative. Altrimenti conosciuta come la Nuova Via della Seta, è un’iniziativa strategica per migliorare i collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia. Il solo giro d’affari commerciali della Cina con i paesi che partecipano BRI ha superato i 1300 miliardi di dollari nel 2019.

Questa iniziativa potrebbe essere un ottimo strumento per ridurre l’impatto dei trasporti. Poiché molti investimenti cinesi nei Paesi interessati al progetto sono destinati alle infrastrutture di trasporto, e dato che uno degli obiettivi della BRI è accelerare il commercio, le opportunità di incorporare la logistica dell’idrogeno nei trasporti marittimi, nei treni, nei camion e negli autobus potrebbero essere notevoli.

Intanto, lo scorso agosto Siemens Energy ha fatto sapere di aver firmato un accordo con la Beijing Green Hydrogen Technology Development, filiale della società energetica China Power, per fornire un sistema di produzione di idrogeno per una stazione di rifornimento. Situata nel distretto di Yanqing, Pechino, una delle tre principali aree dove si disputeranno le Olimpiadi 2022, “la soluzione di produzione di idrogeno verde fornita da Siemens Energy contribuirà a garantire la fornitura di idrogeno per il trasporto pubblico durante e dopo l’evento”, ha fatto sapere Siemens in una nota.

Resta il fatto che la Cina non abbia ancora definito una strategia nazionale per l’idrogeno, nonostante si sia già impegnata a garantire l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2060.*

Le strategie istituzionali e la coalizione tra i colossi dell’energia

Tuttavia, evidenzia Bloomberg NEF, Quando la Cina annuncerà la sua strategia per l’idrogeno – e la società di analisi se ne aspetta una – riceverà un’attenzione molto forte sia dal settore dell’energia pulita che dalle economie rivali. Basterà quanto sta facendo l’Europa con il Green Deal e con le recenti iniziative tra cui la Renewable Hydrogen Coalition?

Occorre ricordare che anche Giappone e Corea del Sud hanno stabilito l’obiettivo della carbon-neutrality tra 2050 e 2060, mentre altri Paesi hanno strategie dedicate sull’idrogeno, per esempio Australia, Cile, Nuova Zelanda.

Ma non ci sono solo i piani nazionali: nella strategia di sviluppo emerge la volontà delle più grandi società energetiche a puntare sull’idrogeno verde. La più importante e recente strategia si chiama Green Hydrogen Catapult e raggruppa sette tra le più grandi aziende del settore energetico al mondo. La coalizione, fa sapere Snam che ne fa parte è stata sancita per accelerare la scala e la produzione di idrogeno verde di circa 50 volte nei prossimi sei anni e contribuire a decarbonizzare alcuni dei settori a più elevate emissioni di CO2 quali la generazione elettrica, l’industria chimica, la produzione di acciaio e la navigazione. L’intenzione è arrivare allo sviluppo di 25 GW di capacità produttiva di idrogeno verde al 2026 e dimezzare gli attuali costi, portandoli sotto i 2 $/Kg.

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