Biogas e biometano: l’alternativa italiana sostenibile al gas fossile c’è

Da biogas e biometano, prodotti da biomasse e rifiuti organici, l’Italia può ricavare una parte importante di energia, contando già oggi sulla seconda filiera più grande d’Europa

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Biogas e biometano: l’alternativa italiana sostenibile al gas fossile c’è
Impianto di Bio Industria L&L

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Alla ricerca di gas alternativo a quello russo, biogas e biometano possono rappresentare alternative più sostenibili e prodotte “in casa”. Secondo EBA, il settore del biometano fornirà il 20% delle attuali importazioni di gas dell’UE dalla Russia entro il 2030. Inoltre entro il 2050 questo potenziale può triplicare, “crescendo ben oltre i 100 miliardi di metri cubi”.

A questo proposito CIB – Consorzio Italiano Biogas ha fatto sapere che l’immediata applicazione delle misure previste dal PNRR potrebbe garantire la produzione di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano al 2026, pari a circa il 30% dell’obiettivo del nostro Governo di sostituzione delle forniture di gas naturale importato dalla Russia.

Può essere questa un’alternativa percorribile? È bene comprenderlo, partendo da una prospettiva privilegiata: la filiera italiana del biogas e del biometano in agricoltura è la seconda per grandezza in Europa e tra le principali al mondo.

Biogas e biometano in Italia: numeri, prospettive e limiti da superare

Oggi in Italia biogas e biometano rappresentano già una realtà significativa. Gli impianti di biogas attivi sono più di duemila e di questi quelli agricoli sono più di 1700 (che corrispondono all’84% degli impianti biogas Italiani) per una potenza installata agricola di 1014 MW e una produzione di circa 7 TWh (ovvero l’84,4% della produzione di energia rinnovabile da biogas in Italia è da agricoltura). Nel nostro Paese si producono circa 5 miliardi di metri cubi di biogas.

Ma il prossimo futuro cosa si prospetta? Quali sono i passi concreti da fare per riuscire a realizzare gli obiettivi previsti? «Per sbloccare il settore e raggiungere allo stesso tempo gli ambiziosi obiettivi Ue di decarbonizzazione è necessario continuare in fretta sulla strada delle riforme – afferma lo stesso CIB –. Il nostro Paese deve lavorare sul percorso di semplificazione normativa e accelerare l’emanazione del decreto di attuazione delle misure previste dal PNRR per il biometano. Un ulteriore step da compiere è emanare al più presto il decreto FER2 per la prosecuzione elettrica di tutti gli impianti esistenti che per ragioni oggettive tecniche ed economiche non potranno riconvertirsi a biometano».

Ci sono ancora diversi ostacoli e limiti burocratici da rimuovere. Per questo «dobbiamo continuare a lavorare con i territori per comunicare le ricadute positive delle iniziative di biogas e biometano in agricoltura e superare i fenomeni e i pregiudizi che possono ancora rallentare lo sviluppo del settore». Lo stesso Consorzio sottolinea la necessità di operare sulla semplificazione dei processi di qualifica degli impianti per la loro messa in esercizio commerciale «poiché attualmente i tempi sono insostenibili per le imprese».

Biometano made in Italy: gli esempi più recenti dell’innovazione

La filiera italiana del biogas e del biometano in agricoltura, come scritto, è la seconda per grandezza in Europa e tra le principali al mondo. «Tutte le tecnologie e la componentistica legata al gas naturale sono un’eccellenza del nostro “Made in Italy” e le nostre aziende rappresentano una leadership a livello mondiale nella fornitura di soluzioni per la produzione, la cogenerazione e l’upgrading del biogas e la sua distribuzione. Questo know-how si lega alla capacità di sviluppare modelli agricoli e agroindustriali di qualità e ha permesso di potenziare l’innovazione nelle fasi a monte e a valle dell’impianto di digestione anaerobica», rileva sempre il CIB.

C’è poi un’altra strada percorribile: la produzione di biogas e biometano dai rifiuti organici. Anche in questa direzione l’Italia si sta muovendo. Proprio di recente in Puglia è stato inaugurato il primo impianto di digestione anaerobica per la produzione di biometano, il cui primo metro è stato immesso nella rete Snam.

Il primo impianto a biometano in Puglia inaugurato da Tersan
Img by Tersan Puglia

L’impianto sarà in grado di produrre 1,9 milioni di metri cubi all’anno, “il che permetterà una riduzione di emissioni di CO2 in atmosfera di circa 3700 tonnellate l’anno”, segnala la stessa Regione Puglia che ha sostenuto la realizzazione dell’impianto.

Sempre di recente è stato presentato in provincia di Milano, l’impianto di Sorgenia per la produzione di biometano. Basata su un processo brevettato da Agatos che combina diverse tecnologie per la produzione rinnovabile – biodigestione, biomasse e fotovoltaico – e la valorizzazione di tutti i materiali introdotti, la centrale trasformerà 35mila tonnellate annue di frazione organica urbana e altri materiali biodegradabili in circa 4 milioni di metri cubi di biometano in forma gassosa, direttamente immesso nella rete nazionale gestita da Snam.

Dai grandi impianti ai mini, l’innovazione c’è per tutte le esigenze

Lo scorso anno Asja aveva inaugurato il primo impianto di produzione di biometano da gas da discarica su scala industriale in Italia, all’interno del polo impiantistico della discarica di Monte Scarpino a Genova. La stessa società aveva curato la riconversione del preesistente impianto di produzione di energia elettrica in uno più avanzato di produzione di biometano, in grado di produrre – a regime – 5 milioni e mezzo di metri cubi di biometano l’anno, utili a soddisfare il fabbisogno di quasi 3.700 famiglie, evitando di impiegare 4.510 tonnellate equivalenti di petrolio.

La stessa società ha inaugurato lo scorso mese di marzo a Legnano (Milano) un impianto di produzione di biometano e compost di qualità dalla digestione anaerobica della frazione organica della raccolta differenziata. Capace di trattare 52.400 tonnellate all’anno di rifiuti totali, può produrre a regime 4 milioni di metri cubi annui di biometano.

Oltre a lavorare su grandi quantità, ci sono anche interessanti opportunità generate da piccoli impianti, come quelli proposti dalla torinese Future Power per smaltire scarti organici in quantità tra le 1500 e le 3000 tonnellate annue. In questi mini impianti, ottimi per aziende o piccole amministrazioni comunali, si possono trattare fino a 80 ingredienti diversi ricavati da residui organici agricoli e zootecnici, oppure industriali derivati da lavorazione alimentari, fino alla frazione organica dei rifiuti da raccolta differenziata, oltre a sfalci, potature e persino alghe che si accumulano su tratti litoranei di mare, fiumi o laghi.


15/02/2022

Biometano italiano: una possibilità in più per la transizione energetica

L’Italia punta molto sul biometano: il PNRR stanzia quasi 2 miliardi. Si stima una forte crescita di questa fonte rinnovabile, che richiede però un processo produttivo di elevata qualità

Biometano italiano: una possibilità in più per la transizione energetica

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Il biometano italiano è ritenuto strategico per la transizione energetica nazionale. Lo evidenzia in modo esplicito il PNRR che stanzia 1,92 miliardi per il suo sviluppo, ottenuto “massimizzando il recupero energetico dei residui organici” e ritenuto “strategico per il potenziamento di un’economia circolare basata sul riutilizzo ed è un elemento rilevante per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione europei”. Lo stesso Piano nazionale reputa che, se veicolato nella rete gas, esso potrà contribuire a raggiungere gli obiettivi al 2030 “con un risparmio complessivo di gas a effetto serra rispetto al ciclo vita del metano fossile tra l’80 e l’85%”.

Si punta molto sul biometano, incentivando sia la creazione di nuovi impianti sia la riconversione di quelli già esistenti a biogas, su cui l’Italia è già oggi il secondo produttore europeo da matrice agricola.

Biometano italiano: gli obiettivi del PNRR

L’investimento per rafforzare lo sviluppo del biometano italiano passa attraverso il PNRR dal raggiungimento di quattro obiettivi:

  • la riconversione e il miglioramento dell’efficienza degli impianti biogas agricoli esistenti;
  • il supporto e la realizzazione di nuovi impianti per produrre biometano, attraverso un contributo del 40% dell’investimento;
  • la promozione della diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas per ridurre l’uso di fertilizzanti sintetici e aumentare l’approvvigionamento di materia organica nei suoli;
  • la promozione della sostituzione di veicoli datati e poco efficienti con mezzi alimentati a metano/biometano

Inoltre, si punta a migliorare l’efficienza in termini di utilizzo di calore e di riduzione delle emissioni di impianti agricoli di piccola scala esistenti per i quali non è possibile accedere alle misure di riconversione.

Secondo quanto scritto nel PNRR

Attraverso questo intervento sarà possibile incrementare la potenza di biometano da riconversione da destinare al greening della rete gas pari a circa 2,3-2,5 miliardi di metri cubi.”

Il biometano, quindi, potrebbe essere un elemento fondamentale per affrancare l’Italia dalla dipendenza dei fossili, contando anche sul fatto che il nostro Paese è già uno dei produttori più importanti in Europa, che a sua volta è il principale produttore mondiale. Insieme a Cina e Stati Uniti, produce il 90% del totale mondiale.

Tale quota è destinata a crescere sensibilmente. L’EBA, associazione europea di categoria, ha stimato nell’ultimo report che entro il 2030, i settori europei del biogas e del biometano combinati potranno quasi raddoppiare la loro produzione e più che quadruplicarla entro il 2050. La produzione potenziale di biogas e biometano calcolata per il 2030 potrebbe raggiungere i 44 miliardi di metri cubi, equivalenti a 467 TWh.

Biometano: cos’è e come si produce

Il biometano è annoverato tra le fonti energetiche rinnovabili. È un gas composto da metano ottenuto in due modi: o tramite purificazione del biogas mediante un processo che rimuove CO2 e altri contaminanti presenti o attraverso la gassificazione di biomassa solida seguita da metanazione.

Il biogas è una miscela di metano (variabile dal 45% al 75%) e CO2, mentre il biometano è una fonte quasi pura di metano. Come spiega la IEA, è indistinguibile dal gas naturale e quindi può essere usato, debitamente trattato e odorizzato, nelle infrastrutture di trasmissione e distribuzione o nelle attrezzature degli utenti finali, ed è pienamente compatibile per l’uso nei veicoli a gas naturale.

Processo di realizzazione biogas e biometano

Il processo per produrre biometano da biogas è chiamato upgrading. È il processo di conversione che richiede la rimozione della CO2 e un trattamento di purificazione suddiviso in diverse fasi – deidratazione, desolforazione, rimozione di componenti indesiderate.

Una volta pronto, il biometano può essere utilizzato sia come carburante per i trasporti oppure per il riscaldamento, veicolato nella rete di distribuzione del gas naturale.

Quello impiegato per i trasporti si presenta sotto forma di Gas Naturale Compresso (CNG), oppure Liquefatto (LNG).

Biometano di qualità: da cosa si deve partire

Come detto, il biometano sfrutta la tecnologia consolidata del biogas. La principale criticità tecnica è legata proprio alla parte relativa al biogas e all’osservanza della parte biologica. «Per la produzione di biogas è fondamentale ottenere matrici naturalmente fermentescibili in cui i batteri svolgono una funzione cruciale. Per questo, tra gli aspetti più importanti da considerare, va posta particolare attenzione al monitoraggio della flora batterica all’interno dei digestori in modo da verificare che ci siano le condizioni ideali per lo sviluppo costante e florido di batteri “buoni” per sviluppare il biogas». A spiegarlo è Sara Lazzari, Direttore Operativo di Lazzari&Lucchini, azienda che proprio l’anno scorso – insieme a Green Arrow Capital – ha inaugurato a Verolanuova (Brescia) un altro impianto biometano, precisamente di bio LNG, ovvero biometano liquefatto, grazie ai sottoprodotti della filiera agro-zootecnica.

Impianto biometano liquefatto

Per contare su biometano di ottima qualità occorre partire da biogas contenente una quantità sostanziosa di CH4. «Per questo è necessario monitorare al meglio tutti gli aspetti utili per contare su una buona base di partenza e su un approccio qualitativamente più attento specie nella fase di purificazione e upgrading del biogas in biometano», processi che considerano la desolforazione, la rimozione di ammoniaca gassosa, di mercaptani e dell’anidride carbonica per raggiungere la qualità del gas naturale.

«C’è poi da considerare tutta la gestione di un impianto a biometano, da monitorare ancora più attentamente e con un più puntuale dettaglio, che richiede per la sua complessità un approccio metodologico più industriale», evidenzia Lazzari.

Inquinamento e cattivo odore del biometano: facciamo chiarezza

Ci sono due temi spesso sollevati quando si parla di biometano: l’inquinamento e l’odore. «Sono due aspetti al centro di quasi tutte le conferenze dei servizi, parti integranti dell’iter autorizzativo per ottenere l’ok alla realizzazione di un impianto a biometano. Nel momento in cui si ottiene l’autorizzazione vengono descritte e chiarite le prescrizioni e gli obblighi da rispettare a livello ambientale, dagli interventi strutturali e costruttivi alle osservazioni nella gestione quotidiana dell’impianto», specifica la responsabile Lazzari & Lucchini. Un esempio, a quest’ultimo proposito, è il monitoraggio periodico e l’invio dei dati relativi alle emissioni in atmosfera, la gestione delle acque e dei reflui, le emissioni odorigene che devono restare al di sotto di determinati parametri.

A proposito di inquinamento, va detto che gli impianti industriali ad hoc – come quelli progettati, realizzati e gestiti da Lazzari&Lucchini – possono accedere agli incentivi del GSE, come previsto per i produttori di biometano immesso in consumo nei trasporti, tramite impianti di distribuzione stradali, autostradali o privati, mediante il rilascio dei Certificati di Immissione in Consumo (CIC). Per poterlo fare, devono seguire una trafila che comporta, una volta realizzato l’impianto e ottenuta la qualifica in esercizio da parte del GSE, l’invio mensile di una comunicazione riguardante la sostenibilità del biometano prodotto, in termini di riduzione di emissioni climalteranti (GHG saving) pari ad almeno il 65% (per gli impianti attivati dal 2021 in poi) rispetto al carburante fossile di riferimento. «Significa che il risparmio di emissioni in atmosfera di CO2 e di altri climalteranti (CH4 ed N2O) impiegando questo biocarburante per autotrasporti si conta su una percentuale significativamente inferiore di inquinanti. Tra l’altro, i nostri impianti garantiscono una quota ancora più elevata, pari all’80-82% di GHG saving». Quindi è decisamente meno inquinante rispetto a carburanti tradizionali.

Biometano sostenibile: ecco perché

Oltre a essere una fonte rinnovabile e un’alternativa decisamente meno impattante rispetto ai combustibili fossili, è possibile considerare il biometano sostenibile? Se si quanto? «Il concetto di sostenibilità, secondo la direttiva RED I e la RED II, recepita dall’Italia a fine 2021, è quanto mai chiaro: produrre biometano o bioenergie sostenibili significa contare su colture o residui agricoli non derivanti da terreni a elevato contenuto di carbonio, come possono esserlo foreste primarie, aree sottoposte a tutela, zone boschive, torbiere ecc. In questo senso la filiera del biogas agricolo italiano è notoriamente una filiera corta, quindi la materia prima (principalmente scarti, residui e colture sostenibili) proviene da terreni coltivati da sempre» afferma Lorella Rossi, responsabile dell’Area tecnica del CIBConsorzio Italiano Biogas.

Inoltre il biometano è considerato sostenibile quando per la sua produzione le emissioni sono di gran lunga inferiori a quelle associate al combustibile fossile di riferimento. «Il valore di questo risparmio è diverso a seconda della destinazione: già col decreto del 2018 incentivante il biometano, per i trasporti il risparmio di emissioni climalteranti da garantire era almeno del 60%; con il recepimento della RED II, per gli impianti entrati in funzione dal 2021 la quota di risparmio deve essere di almeno il 65%».

La richiesta del rispetto dei requisiti di sostenibilità con la RED II è stata estesa anche agli impianti che produrranno energia elettrica e biometano per altri usi: quindi il concetto di sostenibilità si allarga progressivamente a tutte le bioenergie perché, garantendo una riduzione così marcata delle emissioni, è possibile costituire un’alternativa decisamente più green dei fossili. In Italia sappiamo che il consumo di energia da fonti fossili rappresenta la fonte più importante delle emissioni di CO2 equivalente.

Il biometano italiano diventa interessante anche per l’impiego nei trasporti, specie per i trasporti pesanti, per il suo ridotto impatto ambientale soprattutto rispetto alle alternative come gasolio e metano. Lo mette in luce anche uno studio del Cnr-Iia, promosso da Cib e Iveco che ha preso come contesto di riferimento il mercato italiano, tra i primi in Europa per numero di veicoli alimentati a metano e per la presenza di stazioni di rifornimento di CNG e LNG, analizza 11 scenari diversi, differenziati per materia prima per la produzione di biogas e per la presenza o meno di cattura della CO2 durante il processo di upgrading.

Biometano: inaugurazione impianto bio LNG Verolanuova
Impianto bio LNG a Verolanuova

“I risultati ottenuti dimostrano che nel settore della mobilità, il bioLNG permette la riduzione delle emissioni di gas serra fino al 121,6% rispetto all’impiego di gasolio e una diminuzione del 65% di biossido di azoto. Lo sviluppo del biometano liquefatto rappresenta oggi l’unica alternativa all’utilizzo dei carburanti fossili immediatamente disponibile nel comparto del trasporto pesante di difficile elettrificazione”.

Le potenzialità del biometano italiano

Il biometano italiano può rappresentare anche una fonte importante anche nel riscaldamento. «L’agricoltura italiana al 2030 è in grado di arrivare a produrre poco più di 6 miliardi di metri cubi di biogas/biometano – specifica Rossi –. Oggi siamo a circa 2,5 miliardi. Il PNRR spinge per raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi, ma allo stato attuale la potenzialità è questa, comunque significativa. Il biometano made in Italy potrà contribuire a ridurre la dipendenza da fossili», che pesa così tanto oggi sulle bollette.

Non solo: tra i pregi del biometano e del biogas vi è quello di fornire un’alternativa decisamente più green per impieghi agricoli. «Il grande pregio della digestione anaerobica, oltre alla produzione di biogas e biometano è la produzione di digestato, impiegabile come fertilizzante/ammendante organico in grado di andare a sostituire concimi chimici». Oltre che molto più ecologico, è anche più economico: si consideri che l’urea, concime per eccellenza, ha visto triplicare il proprio prezzo, superando 100 euro al quintale.

Tutto quindi concorre all’opportunità di moltiplicare la produzione del biometano italiano, contando già sul fatto che l’Italia è il secondo produttore europeo di biogas agricolo.


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