Impianti vecchi, perdite fisiologiche e cambiamento climatico: perchè in Italia si spreca così tanta acqua

La crisi idrica in Italia è resa più grave da siccità, alluvioni e una gestione inefficace delle risorse. Esistono soluzioni, ma è essenziale affrontare questo problema con consapevolezza per rinnovare il nostro approccio alla gestione dell’acqua.

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Impianti vecchi, perdite fisiologiche e cambiamento climatico: perchè in Italia si spreca così tanta acqua

L’acqua rappresenta un tema complesso e articolato, spesso affrontato dalla politica e dai media di emergenza in emergenza.

Secondo i dati Istat relativi agli anni 2020-2023, nel 2022, il prelievo giornaliero d’acqua è stato di 25 milioni di metri cubi, corrispondenti a 424 litri per abitante. Cifre molto alte, se non fosse però che la quantità di acqua dispersa in distribuzione è quantificabile con 157 litri al giorno per abitante.

Per capire, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno, che corrisponde a circa il 75% della popolazione italiana.

Perché l’acqua viene persa

Di fronte a questi dati, sorge spontanea la domanda sulle motivazioni alla base di un notevole spreco di questa risorsa vitale, specialmente in un contesto di crisi climatica.

Crisi idrica e spreco d'acqua lungo la rete

Secondo l’Istat, le perdite totali della rete sono attribuibili a diversi fattori: uno è un fattore fisiologico, che è presente in tutte le infrastrutture idriche, poiché non esiste un sistema che possa garantire perdite zero. Ma anche e soprattutto la rottura delle condotte e vetustà degli impianti, che contribuiscono in modo significativo al deterioramento della rete.

Le città più sprecone

Legambiente, nel suo rapporto Ecosistema Urbano 2024 presentato a ottobre, traccia il punto sulla rete idrica nazionale.

Il nostro Paese è tra quelli che consumano più acqua in Europa (la media continentale è di 220 litri pro-capite), i soli capoluoghi considerati in Ecosistema Urbano “consumano” 147 litri per abitante al giorno. Purtroppo, le perdite nella rete di distribuzione possono arrivare mediamente fino al 60% dell’acqua distribuita. Basti pensare che un foro di 3 millimetri di larghezza in una condotta può portare a una perdita fino a 340 litri d’acqua al giorno, ovvero al consumo medio di una famiglia.

Perdite d'acqua lungo la rete idrica

Situazione assai frequente, dal momento che le reti idriche italiane sono generalmente vecchie e scarsamente manutenute: il 60% delle infrastrutture è stato messo in posa oltre 30 anni fa (la percentuale sale al 70% nei grandi centri urbani) e il 25% di queste ha più di mezzo secolo di vita.

Considerando che è da ritenersi fisiologica una dispersione idrica inferiore al 10-15% dell’acqua immessa in rete, secondo il report le città con meno dispersione sono Pavia (10,2%), Milano (10,9%) e Lecce (11,8%). Sotto al 15% ci sono anche Monza (12,5%) Alessandria (14,7%) Macerata (14,8%), Pordenone (14,9%) e Livorno (15,0%). Solo 8 su 105; tra le peggiori ci sono Chieti con il 70% di perdite, Belluno con il 69,2% e L’Aquila a 68,8%.

Insomma, l’Italia ha un problema con l’acqua e c’è necessità di una gestione più sostenibile delle risorse idriche in un contesto sempre più instabile, aggravato dai cambiamenti climatici. Ma da dove si può partire?

Gli sprechi nell’agricoltura

Per esempio dall’agricoltura; secondo il SNPA – Sistema nazionale protezione ambiente, il settore agricolo è il maggior consumatore, utilizzando il 57% delle risorse idriche totali, seguito dagli usi civili (31%) e industriali (12%). Solo il 46% dei terreni irrigati impiega acque reflue depurate, segnalando un potenziale ancora inespresso in termini di efficienza idrica. Inoltre, l’agricoltura è particolarmente esposta alla crisi climatica: negli ultimi quattro anni, sono stati registrati 96 eventi meteorologici estremi legati all’acqua, tra cui grandinate (58%), siccità (27%) e allagamenti (10%), che hanno compromesso gravemente le coltivazioni italiane.

Acqua: gli sprechi in agricoltura

Della possibilità di un’agricoltura meno dipendente dall’acqua ha parlato il commissario straordinario nazionale per l’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua alla Fieragricola di Verona tenutasi quest’anno. “Gli agricoltori stanno già risparmiando acqua – ha riconosciuto il commissario straordinario – servono però pianificazioni e serve tempo, perché non si può chiedere all’agricoltura di risparmiare il 50% di acqua o chiedere agli agricoltori di cambiare le colture del Paese”.

Secondo Dell’Acqua, un modo è quello di sviluppare agricolture conservative e rigenerative che stanno prendendo piede: “Dobbiamo cambiare l’agricoltura e incrementare la quantità di sostanza organica nel terreno, così trattiene più acqua ed è meno idro-esigente”. 

Mancata manutenzione e dighe troppo vecchie, quanta acqua si può recuperare

A proposito della vecchiaia degli impianti, nelle grandi dighe italiane quasi 6,5 miliardi di metri cubi di acqua, fondamentali per gestire i mesi estivi, rimangono inutilizzati a causa di mancata manutenzione e ostacoli burocratici, stando al Libro Bianco 2024 Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti.

Mancata manutenzione e dighe troppo vecchie, quanta acqua si può recuperare

Attualmente, i 532 grandi invasi italiani hanno una capacità potenziale di raccogliere fino a 13,8 miliardi di metri cubi d’acqua, a cui si aggiungono circa 800 milioni di metri cubi dai piccoli invasi.

“Tuttavia, mediamente il 33% del loro volume, equivalente a 4,3 miliardi di metri cubi, si perde a causa dell’accumulo di detriti nei fondali (interrimento), con punte che arrivano fino al 48% nei territori del fiume Po – spiega il Libro Bianco – In questo contesto, l’incertezza normativa riguardo alle concessioni idroelettriche ha limitato gli investimenti degli operatori negli ultimi anni. Inoltre, vi sono ulteriori 1,9 miliardi di metri cubi di capacità di raccolta già disponibili nel sistema infrastrutturale attuale di dighe in Italia, ma non ancora autorizzati”.

Dighe che peraltro sono vecchie; queste 532 hanno un’età media di oltre 60 anni e alcune sono vicine a compiere addirittura il secolo di vita, come Liguria (92 anni di età), Valle d’Aosta (84) e Piemonte (82).

Sempre secondo il The European House – Ambrosetti, grazie a investimenti mirati di 33 miliardi di euro, l’Italia potrebbe recuperare 9,5 miliardi di metri cubi di acqua attraverso misure come la riduzione delle perdite, l’aumento del riuso e la raccolta delle acque meteoriche.

Come la crisi climatica influisce sulla gestione idrica

Non solo malagestione, ma a mettere i bastoni tra le ruote c’è anche il cambiamento climatico.

Si prevede che questo influenzerà significativamente la disponibilità di acqua in tutta Europa, a causa di un andamento delle precipitazioni sempre più imprevedibile e di tempeste più intense. Questa situazione porterà a un incremento della carenza idrica, soprattutto nell’Europa meridionale e sudorientale, insieme a un aumento del rischio di inondazioni in gran parte del continente. Le conseguenze interesseranno numerose regioni costiere e interne, così come vari ambienti naturali e specie.

Come la crisi climatica influisce sulla gestione idrica

Alcune conseguenze si sono viste anche in Italia: nel 2022, il Paese ha affrontato una crisi idrica senza precedenti, con una perdita di acqua potabile equivalente al fabbisogno necessario per irrigare circa 641mila ettari di terreno, corrispondente all’intera superficie agricola del Lazio.

Questo quantitativo è paragonabile anche all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, un numero che equivale alla popolazione di Lombardia e Piemonte, nonché a quella necessaria per supportare 82mila imprese manifatturiere, rappresentative del tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.

La disponibilità di acqua quell’anno era di soli 67 km^3, un calo del 52% rispetto alla media del periodo 1951-2022.

Non solo Italia: il caso del Lago Ciad e Aral

Tutte le riserve idriche stanno vivendo un periodo di crisi, dai ghiacciai montani ai corsi d’acqua e ai bacini superficiali (fiumi, laghi, mari) fino alle falde sotterranee, che si stanno riducendo di massa e volume, arrivando in alcuni casi a scomparire. Esempi drammatici di questa situazione sono il Lago di Ciad e il Lago d’Aral.

Il Lago di Ciad, uno dei principali sistemi idrografici del continente africano, non ha emissari significativi e si affida esclusivamente alle piogge per ricaricarsi. La trentennale siccità ha causato una massiccia evaporazione delle acque, portando a una riduzione del bacino lacustre del 90% negli ultimi decenni, secondo l’Onu.

Il Lago d’Aral, situato al confine tra Uzbekistan e Kazakistan, una volta il quarto lago più grande al mondo, è ormai sulla via dell’estinzione, con una riduzione della sua superficie del 75% dal 1960 a oggi.

Migliora il trattamento idrico, ma è ancora troppo poco

Intanto il mercato delle tecnologie per il trattamento delle acque ha chiuso il 2023 con una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente. Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Anima Confindustria, il settore rappresentato da Aqua Italia – Associazione costruttori trattamenti acque primarie federata Anima – ha raggiunto un fatturato di 334 milioni di euro entro la fine dell’anno, con un incremento dell’1,2% rispetto ai 330 milioni di euro del 2022. Anche l’export mostra una timida crescita, attestandosi a 131 milioni di euro, con un aumento di 0,8 punti percentuali rispetto ai 130 milioni registrati nel 2022.

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