Minieolico per l’industria e l’agricoltura: una risorsa intelligente, ma va sostenuta

Oltre al fotovoltaico, anche l’eolico di piccola taglia è un’opportunità interessante per produrre energia green e a buon prezzo. Ma occorrono regole certe e tempi congrui, sottolinea Marcantonio Cascini di ANEV

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Minieolico per l’industria e l’agricoltura: una risorsa intelligente, ma va sostenuta

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Nella crescente crisi energetica, puntare al minieolico per l’industria e l’agricoltura può essere un’opzione da considerare con attenzione. Proprio contare su un impianto di dimensioni contenute finalizzato all’autoconsumo (e quindi con produzioni inferiori a 1 MW), che richiede un investimento di poco superiore al milione di euro, considerato l’elevato prezzo della componente energia e i crediti fiscali messi a disposizione dal Governo diventa interessante, tenendo conto dei ritorni economici stimabili in pochi anni.

Minieolico in Italia: una realtà, tra alti e bassi

Il mini eolico ha rappresentato un mercato fiorente in Italia. Poi, complice il vuoto normativo, ha subito grossi cali e poi, con l’emanazione del DM FER del 4 luglio 2019, “le tariffe incentivanti assegnate al minieolico sono state diversamente articolate e soprattutto sensibilmente ridotte rispetto ai precedenti decreti di incentivazione del 2012 e del 2016”, segnala ANEV. La stessa Associazione nazionale aggiunge come lo stesso decreto non ha previsto più per tutte le fonti rinnovabili e quindi anche per il mini eolico, “una modalità di accesso diretto all’incentivo che rimane pertanto subordinata alla procedura di iscrizione in posizione utile ai registri previsti dal DM”.

Minieolico in Italia: una realtà, tra alti e bassi

Un peccato perché le potenzialità produttive erano e sono molto elevate: ANEV, sulla base della valutazione dei dati anemometrici disponibili sul territorio nazionale, stima un potenziale energetico per impianti eolici di piccola taglia pari a circa 1,5 TWh/anno, corrispondente a una potenza installata di circa 850 MW, “raggiungibile necessariamente solo attraverso una semplificazione reale dei processi autorizzativi e perseguendo un’economicità nella fase precedente all’installazione”.

Oggi quale situazione si pone per il minieolico? Lo abbiamo chiesto a Marcantonio Cascini, di ANEV, esperto di mini eolico, tecnologia di cui è specializzata l’azienda che gestisce, MCWind, sviluppatrice di mini-parchi eolici in Italia.

Marcantonio Cascini, quali opportunità offre il mini eolico per l’industria e non solo?

Marcantonio Cascini, ANEV, esperto di minieolicoDal micro eolico, utilizzato dalle barche per alimentare i servizi ausiliari presenti a bordo, con potenze generate nell’ordine di 250 e i 500 watt, al minieolico per industria e agricoltura, con capacità inferiore a 1 MW il ventaglio tecnologico è ampio come le opportunità che questa fonte rinnovabile è in grado di creare. Pensiamo alle isole minori, che potrebbero essere alimentate, sostituendo il gasolio, con fotovoltaico ed eolico, magari collocati su impianti flottanti, creando possibilità di generazione elettrica nel periodo estivo, quando c’è necessità di soddisfare esigenze energetiche moltiplicate dato l’afflusso turistico.

Con impianti di questa taglia, inferiore al megawatt, abbiamo realizzato 44 impianti in tre anni in tre diverse regioni.

Considerato il sistema normativo semplificato, specie rispetto a impianti eolici – il cui iter autorizzativo è di 6/7 anni – è possibile avviare e concludere l’iter di un mini eolico in meno di due anni. In più è possibile contare su una semplicità di accesso alla rete. Quando si realizza una centrale industriale viene creata anche una sottostazione di trasformazione energetica cui si immette la rete in alta tensione. Quando, invece, si lavora con impianti di piccola taglia, si opera in bassa tensione (per impianti sotto i 100 kW) oppure in media tensione (fino a 1 MW di potenza). Non va a innescarsi nelle cabine primarie di smistamento dell’energia, ma sulla rete stessa, contribuendo alla generazione distribuita e ai soggetti passivi presenti.

A livello normativo e regolatorio a cosa si assiste?

In questi giorni si è aperta l’ultima asta del meccanismo incentivante che regola l’erogazione di incentivi per impianti FER. Da qui in poi saremo sprovvisti di decreto dedicato. A oggi l’incentivo ha un valore pari a un terzo del prezzo di mercato (220 €/MWh): quindi si arriva a 85 €/MWh.

Ma la questione più importante è la programmazione e la possibilità di contare su previsioni sul medio e lungo periodo per gli investimenti sono cruciali, molto più importanti del valore incentivante. Nonostante il prezzo di mercato sia elevato, gli operatori preferiscono contare su un meccanismo di protezione e di tutela dell’andamento del prezzo. Così, infatti, è più facile contare su opportunità di finanziamento, perché un fondo di investimento infrastrutturale può supportare l’investimento, perché è possibile ragionare su tariffe bloccate anche al di sotto del prezzo di mercato.

Negli anni passati il sistema incentivante aveva sostenuto la crescita del minieolico. Come è stato possibile?

Il Decreto FER-2012 ha riguardato anche il mini eolico, ha sviluppato un enorme contingente di lavoro soprattutto per impianti fino a 60 kW, perché era presente un accesso diretto al meccanismo incentivante che ha fatto sorgere un mercato, non c’erano registri e aste – che, come sappiamo, sono andati quasi del tutto deserte – favorire la nascita di una sessantina di aziende specializzate su impianti mini eolici di questa taglia, installare quasi duemila impianti nel periodo, salvo poi decidere nel 2016 di bloccare anche questo sistema incentivante.

Stare tre anni senza un decreto (si è ripartiti nel 2019) ha di fatto contribuito al fallimento dell’80% delle aziende del minieolico e l’industria conseguente. Con l’emanazione del nuovo decreto incentivante, nell’estate di tre anni fa, si è ripartito con la costruzione di impianti anche di piccola taglia ma anche in questo caso il ventaglio temporale messo a disposizione dal Governo è stato troppo breve e non ha consentito un riavvio della filiera industriale.

A oggi il 90% dei manufatturieri eolici sono fuori dal territorio nazionale, principalmente in India e Cina. Ancora una volta questo decreto incentivante del 2019 ha fatto emergere in tutta la sua grandezza il problema del rilascio dei titoli autorizzativi soprattutto per i grandi impianti. Basta osservare gli esiti deludenti degli ultimi registri e delle aste: su 3300 MW banditi, gli unici contingenti attivi sono stati quelli di piccola taglia, 100 MW occupati da mini, mentre 300 MW riguardano impianti di taglia industriale. C’è qualcosa che non sta funzionando.

Per quali contesti è favorevole il minieolico?

Eolico e fotovoltaico di piccola taglia sono ideali per chi deve creare progetti di piccole dimensioni, come possono esserlo le comunità energetiche. Pensiamo alle opportunità energetiche di contare su una generazione da piccoli impianti da vento, sole e magari anche da biogas a supporto, così da aggiungere anche il contesto di economia circolare oltre a contare su una produzione rinnovabile praticamente capace di coprire l’intero arco della giornata.

Il minieolico rientra nella definizione di produzione distribuita di energia ed è quindi tra le fonti perfette per creare energia dove non ce n’è e dove è anche difficile portarla.

La filiera italiana del minieolico che fine ha fatto?

Era molto attiva la filiera nel minieolico e l’industria relativa. Poi, complice la già citata situazione di incertezza sul fronte incentivante ci sono state parecchie defezioni. Eppure si sono create condizioni favorevoli, anche dalla riconversione di altri settori.

Penso, per esempio, al settore nautico: una parte delle aziende produttrici di componenti in fibra di vetro si è specializzata in parti per impianti eolici come pale, carene o le torri. Era una realtà fiorente, specie nel mini eolico. Poi la crisi ha causato il collasso di buona parte del mercato. Per fare industria serve continuità, sotto forma di regole certe e tempi medio-lunghi.

È possibile pensare a un’integrazione del minieolico dal contesto industriale a quello agricolo? Penso, per esempio, alle potenzialità di abbinamento con l’agrivoltaico…

Sono stato tra i primi a credere alle potenzialità di abbinare il fotovoltaico con l’agricoltura, avendo anche avviato nel 2018 un’attività dedicata. L’idea di sfruttare l’ombreggiamento – o meglio evitare l’esposizione diretta al sole – di impianti fotovoltaici più elevati da terra per coltivare frutta o verdura ha dimostrato di funzionare. Oltre al solare, abbiamo scommesso sul minieolico, e la Puglia è la regione che più crede in questa opportunità di produzione energetica di piccola taglia.

Pensiamo alle potenzialità di combinare eolico e fotovoltaico, insieme anche a un impianto mini di biogas, facilmente alimentabile con gli scarti della produzione agricola. Dalla loro sinergia produttiva è possibile rendersi energeticamente auto sufficienti.  Basta anche una minima gestione computerizzata e un accumulatore (anche idraulico o termico) per contare su un’autonomia dal punto di vista energetico.

Occorre quindi crederci sulle potenzialità delle rinnovabili, specie quelle mini. Opportunità che possono ancora subire un nuovo stop: a ottobre il rischio che il minieolico si fermi è alto. Senza certezze normative, più che misure incentivanti, è difficile scommettere sulla sua tenuta.

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