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Indice degli argomenti: Gli ostacoli alla transizione energetica e i possibili sviluppi La questione incentivi Il Decreto Sostegni Ter Transizione energetica, nodi e prospettive Per quanto riguarda lo sviluppo delle rinnovabili, sembra che spesso ci si dimentichi che – come ha evidenziato Legambiente nel rapporto Scacco matto alle rinnovabili – da qui al 2030 serve installare almeno 70 GW di potenza da fonti rinnovabili “se si vogliono rispettare gli obiettivi fissati a livello europeo che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica”. Eppure lungo il percorso di sviluppo delle diverse tecnologie pulite si frappongono tanti, troppi scogli che rischiano di essere – appunto – uno scacco matto alla loro crescita. Lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni (…) Regole e procedure che portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tutto questo scenario, unito anche ai veti posti dalla sindrome NIMBY, ha prodotto blocchi autorizzativi piuttosto corposi. La stessa Legambiente annota che a fine 2020 le richieste giacenti di connessione alle reti di distribuzione di Terna da parte di impianti alimentati da FER raggiungevano cumulativamente i 110 GW tra alta tensione, medio/bassa tensione ed eolico off-shore a cui si aggiungono i 6 GW per gli impianti di accumulo. “Tra le prime criticità che investono lo sviluppo delle Fonti Energetiche Rinnovabili, nel nostro Paese, c’è la mancanza di un quadro normativo unico e certo in grado di mettere ordine e di ispirare le decisioni di tutti gli attori coinvolti nei processi di valutazione e autorizzativi”. Tra i problemi che si pongono c’è anche il Decreto Interministeriale del 10 settembre 2010, sulle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. “Un testo che ha ormai quasi 12 anni e risulta obsoleto”, non manca di annotare l’associazione ambientalista. Ma non è l’unico. Gli ostacoli alla transizione energetica e i possibili sviluppi «Ci sono due tipi di blocchi: uno riguarda la struttura del mercato, l’altro è di carattere autorizzativo. Quest’ultimo è quello più critico: a oggi quasi tutte le Regioni non hanno sbloccato l’emissione di autorizzazioni per nuovi impianti a fonte rinnovabile», evidenzia Emilio Sani, avvocato che opera nel settore energetico nonché coordinatore del Gruppo di Lavoro Legislazione e normativa di Italia Solare. Preso atto di questa empasse, il Governo ha deciso di accentrare la valutazione di impatto ambientale sugli impianti a fonte rinnovabile e proprio da febbraio è partita l’operatività della Commissione VIA nazionale. «Ora sarà determinante valutare quanto rapida e favorevole alle rinnovabili: nel giro di due-tre mesi si chiarirà e si comprenderà così se l’ostacolo alla transizione energetica è stato superato o no». Uno dei nodi che finora hanno bloccato lo sviluppo è legato ai vincoli in materia paesaggistica che venivano posti dalle Soprintendenze. «Ora si spera che la Commissione VIA nazionale possa fare una sintesi tra interesse ambientale e paesaggistico». L’ulteriore nodo da superare guarda ora a giugno 2023: in quella data dovrà essere fatta la ripartizione per regioni della potenza rinnovabile da installare entro il 2030. «A quel punto, a seconda degli obiettivi fissati, dovranno essere tenute a tenere una politica coerente – sottolinea ancora Sani – Quindi non si potranno porre veti come invece accade oggi, ma dovranno attenersi alla necessità di rispettare quello che è l’obiettivo indicato dal decreto ministeriale». La questione incentivi Oltre a questi due aspetti, c’è l’elemento riguardante il mercato con gli attesi incentivi garantiti per cinque anni, a partire da quest’anno, che crea prospettive di medio periodo agli investitori intenzionati a sviluppare impianti agrovoltaici, ovvero in aree industriali o aree dismesse. Per gli impianti fotovoltaici in aree agricole non sono previsti strumenti incentivanti. Per questi c’è l’alternativa dei PPA (Power Purchase Agreement, contratto di acquisto/vendita di energia elettrica a lungo termine, stipulato tra due parti: una che genera elettricità e l’altra come acquirente – nda) «e a quel punto ci si dovrà confrontare con necessarie modifiche della struttura del mercato italiano, non adatta a contratti di vendita di energia a lungo termine – sottolinea ancora il legale –. L’Italia presenta molte zone di mercato che oggi hanno tutte un prezzo quasi uguale, dato che il sistema energetico attuale è centralizzato. Quando invece l’energia elettrica sarà prodotta prevalentemente in maniera decentrata ci potranno essere differenziali di prezzo fra le zone, che quando negativi possono creare costi tariffari addizionali per gli operatori di mercato che operano in zone dove il valore di mercato dell’energia è inferiore al prezzo medio nazionale. Il pagamento di questi possibili oneri tariffari è un fattore che può influire negativamente sui PPA soprattutto nelle zone dove c’è minore consumo energetico, come il Sud Italia. Per risolvere questo problema, nelle norme di attuazione della direttiva mercati è previsto che venga superato il prezzo unico nazionale utilizzato come riferimento per l’acquisto di energia all’ingrosso e che vi siano gli stessi meccanismi di prezzo per l’acquisto e per la vendita di energia nei mercati all’ingrosso. Questo dovrebbe facilitare la possibilità di stipulare dei contratti di energia a lungo termine anche se la struttura centralizzata di mercato italiana rispetto a quella degli altri Paesi europei rimane più complicata per fare accordi PPA». Il Decreto Sostegni Ter Tra i vari ostacoli alla transizione energetica c’è anche il Decreto “Sostegni Ter”. I motivi sono chiari: la norma vorrebbe “stabilizzare il trattamento degli impianti di rinnovabili finora incentivati (con l’esclusione di quelli considerati piccoli, ovvero fino a 20 kW), “vincolando gli operatori a restituire gli extraprofitti guardando alla vendita dell’energia rispetto ad un prezzo ‘equo’ ante-crisi”. La stima viene definita “ragionevolmente conservativa”. Da quanto si legge nella relazione tecnica al provvedimento, ammonta a 1,5 miliardi l’incasso stimato dalla Ragioneria generale dello Stato dalla ‘restituzione’ introdotta nel decreto Sostegni-ter dei cosiddetti “extraprofitti” delle rinnovabili. Elettricità Futura e altre associazioni hanno sollevato il problema e fatto una richiesta al Governo Draghi: L’articolo 16 del decreto legge italiano 04/2022 (“DL Sostegni ter”) introduce misure discriminatorie tra i produttori di energia elettrica in base alla tecnologia di generazione, crea distorsioni di mercato che minano la fiducia degli investitori e rischia di rallentare il processo di transizione energetica. Le principali associazioni che rappresentano il settore elettrico in Italia e in Europa sono unite nel chiedere al governo italiano di ritirare l’art.16 e di avviare un dialogo costruttivo per definire soluzioni efficaci ed equilibrate per affrontare gli alti prezzi dell’energia. «Per gli investitori, nazionali ed esteri, qualsiasi misura che vada a modificare la situazione di mercato imponendo nuovi oneri solo sulle rinnovabili è certamente distorsiva. Si possono comprendere le esigenze di carattere economico e produttivo alla base del provvedimento tali da giustificare interventi di emergenza. Ma il provvedimento si è orientato in modo pressoché esclusivo sulle rinnovabili, senza prevedere nulla sulla restituzione dei prelievi oggi imposti. Meglio sarebbe stato pubblicare il provvedimento solo dopo aver avviato una consultazione con gli operatori del mercato delle rinnovabili Transizione energetica, nodi e prospettive La strada verso il pieno sviluppo delle fonti rinnovabili è lastricata da impedimenti di vario tipo: «ci vorrebbe una maggiore consapevolezza a livello amministrativo e politico della necessità di rimuovere gli ostacoli burocratici all’autorizzazione degli impianti – ipotizza Sani –. Ci dovrebbe essere un principio di favore verso queste tecnologie, mentre invece spesso ogni altra esigenza viene considerata prevalente rispetto a quella ambientale di installare rinnovabili. Al di là delle singole leggi, manca proprio questa volontà di facilitare l’iter realizzativo». In questo 2022 che sarà caratterizzato dai primi via libera agli interventi del PNRR quali prospettive si possono immaginare per la transizione energetica? «Il funzionamento della Commissione VIA, gli obiettivi alle Regioni sono già due passi avanti potenzialmente determinanti per il progresso delle rinnovabili, insieme alle nuove regole incentivanti per le Comunità energetiche che – secondo il PNIEC – dovrebbero assicurare un terzo della produzione energetica da rinnovabili che viene consumata, oltre a essere la modalità più concreta per coinvolgere i cittadini nella produzione di energia, aiutando anche a superare le barriere e i veti posti nell’accettare gli impianti. Spero infine che tutto il complesso di regole e di provvedimenti approvati durante l’anno per dare seguito alla transizione ecologica traggano spunto dalla necessità concreta che abbiamo di sviluppare fonti energetiche rinnovabili, da vedere come elementi prioritari del sistema energetico oltre che componenti essenziali per abbassare il costo dell’energia», conclude. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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