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Indice degli argomenti A proposito di transizione energetica in montagna, partiamo dalla produzione energetica. Il fotovoltaico può bastare?Le green communities, previste dal PNRR, quali opportunità costituiscono?La transizione energetica in montagna può contribuire a evitare lo spopolamento dei borghi? Promuovere la transizione energetica in montagna significa mettere in moto e coinvolgere un territorio che comprende oggi 4.176 Comuni totalmente o parzialmente montani sul totale dei 7.904 che si contano in Italia. Significa promuovere lo sviluppo delle rinnovabili nella maggior parte del tessuto pubblico locale nazionale e anche contribuire alla promozione delle comunità energetiche. Solo che oggi ci sono diversi punti interrogativi: il decreto MASE sulle CER, il rinnovo delle concessioni idroelettriche: quest’anno scadono (o sono già scaduti) il 17% delle concessioni; il 68% scadrà nel 2029 e dopo tale anno occorrerà rinnovare il 14%. «Sulle comunità energetiche si è detto di tutto e di più, con professionisti che corrono nei Comuni per proporre fantomatici progetti per l’avvio di CER e sindaci interessati e attratti dalle potenzialità del PNRR. Personalmente sono preoccupato e l’ho detto al ministro Gilberto Pichetto Fratin con cui ci conosciamo da anni. Serve una regolamentazione sul tema. Le comunità energetiche sono un’ottima occasione se svolgono la loro azione non solo per la produzione di energia ma anche come elemento di coesione sociale, attraverso l’azione di cooperative nate per avviare anche servizi pubblici, costruire opportunità in aree periferiche. Ma finora noto tanta fibrillazione, tante risorse spese o pronte a esserlo, ma poca “sostanza” e una cornice non chiara in termini di regolamentazione. Le CER trovano senso e un contesto se vengono accompagnate da scelte politiche oculate e dalle istituzioni regionali e locali». A dirlo è Marco Bussone, presidente di Uncem (Unione nazionale Comuni Comunità Enti montani), che non nasconde i dubbi sul futuro delle comunità energetiche, nei borghi montani e non solo. È un parere importante, il suo, dato che l’organizzazione nazionale che presiede raggruppa e rappresenta Comuni e comunità montane e le Unioni di Comuni montani, oltre ad associare varie amministrazioni ed enti operanti in montagna, per un bacino territoriale pari al 54% di quello nazionale e nel quale risiedono oltre 10 milioni di abitanti. A proposito di transizione energetica in montagna, partiamo dalla produzione energetica. Il fotovoltaico può bastare? “Il fotovoltaico non è sufficiente in montagna, ci spiega Marco Bussone. O meglio, occorre contemplarne la presenza in maniera complementare ad altre forme di produzione energetica, come la tecnologia di cogenerazione a biomasse. Sarebbe auspicabile avviare un percorso di sviluppo sulle abitazioni mono e bifamiliari basato sul fotovoltaico con accumulo: già questo potrebbe contribuire a creare in molti piccoli Comuni energia elettrica sufficiente per soddisfare anche i bisogni della mobilità elettrica e per creare un fattore abilitante una futura comunità energetica, che non può essere limitato alla produzione energia – ribadisco – ma legato alla attivazione di servizi per chi abita il territorio”. “Se vogliamo creare comunità attorno all’energia occorre parlare del rinnovo delle concessioni idroelettriche, ma anche del valore dei parchi eolici laddove ci sono le comunità. Occorre fare in modo che oltre ad avere comunità energetiche termiche, oltre che elettriche, con reti di teleriscaldamento adeguate e incentivate, in modo da creare una valida alternativa al metano”. Le green communities, previste dal PNRR, quali opportunità costituiscono? “Sono del parere, come ho scritto solo qualche mese fa, che le green communities siano lo strumento ideale, per i territori colpiti da incendi, da grandi calamità naturali, da fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico – considerando geograficamente un territorio ampio, con più Comuni insieme, dunque a livello di Comunità montana piuttosto che di Unione montana di Comuni – per definire un processo di rigenerazione del territorio, non solo ambientale, ma anche sociale ed economico. Che tenga insieme le risposte alla crisi climatica, alla crisi economica e anche alla crisi pandemica”. “L’idea alla base delle “comunità verdi” unisce tanti aspetti diversi, dal turismo all’agricoltura, dall’efficienza energetica alla produzione. Essi sono in grado di promuovere il territorio per com’è e per come dovrebbe essere. In una green community le comunità energetiche possono trovare spazio, come una componente; essa non basta da sola se non c’è un sistema agricolo presidiato, un’attenta gestione dei rifiuti e altri temi che devono essere pensati in maniera differente nei territori montani rispetto alle aree urbane. Per questo occorre avere una visione di lungo periodo, pensando più in là del 2030, mettere insieme diversi aspetti oggi concepiti in maniera verticale e promuovere il lavoro sinergico di area, non di singolo Comune”. La transizione energetica in montagna può contribuire a evitare lo spopolamento dei borghi? “La transizione energetica in montagna potrebbe, ma solo se venisse tradotta in maniera concreta, non solo come slogan. Mi spiego: se si intende promuovere il rinnovo delle concessioni idroelettriche, occorre farlo coinvolgendo davvero le comunità locali anche a livello economico, comportando opportunità consistenti. Ho plaudito al Fondo Montagna 2023 e ai 200 milioni stanziati dall’Italia; ma questa cifra è minima in confronto a quello che c’è in ballo con l’idroelettrico. Se i rinnovi delle concessioni verranno pensati a vantaggio dei territori allora si apriranno opportunità importanti. Questo è il momento di fare scelte giuste e in prospettiva, ed è anche giunto il momento di lavorare in sinergia tra Comuni e con le Regioni, obbligando queste ultime a fare scelte importanti”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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