Rubinetto o bottiglia? Qualità, sicurezza e sostenibilità: guida alla scelta consapevole delle acque potabili naturali e minerali

Abbiamo ragione di essere i maggiori consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia? Con l’ausilio di dati, ricerche e inchieste, passiamo al setaccio ragioni e paradossi, confrontando qualità, sicurezza e sostenibilità con l’acqua potabile pubblica che esce dal rubinetto

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Rubinetto o bottiglia? Qualità, sicurezza e sostenibilità: guida alla scelta consapevole delle acque potabili naturali e minerali

L’Italia è prima in Europa per consumo di acqua potabile (9 miliardi di mc l’anno) e prima al mondo per consumo di acqua in bottiglia: ogni anno ognuno di noi ne beve e consuma più di 252 litri. Che equivalgono a 17 kg di rifiuti di plastica a persona l’anno.

Sicuramente le acque minerali sono ben presentate e pubblicizzate, con claim accattivanti e seducenti. Chi non ricorda l’uccellino di Uliveto con Del Piero o Rocchetta, l’acqua che fa “fare tanta plin plin” o Vitasnella, “l’acqua che elimina l’acqua” o la tenera particella di sodio in cerca di compagnia dell’acqua Lete? Ci sono quelle povere di sodio, ricche di calcio, adatte agli sportivi, per la digestione, la cellulite, l’idratazione, che aiutano a contrastare problemi e malesseri. Ma davvero tutte le acque in bottiglia (ne esistono in vendita circa 300 marchi) sono così distanti per qualità e benefici, dalle acque potabili che sgorgano dal rubinetto di casa, tali da giustificare la spesa per le tasche e l’ambiente? Sapevate che le acque del rubinetto sono generalmente oligominerali, contengono calcio, magnesio e altri elementi benefici e che all’85% provengono da falde sotterranee e quindi di ottima qualità? E che i costi per l’estrazione, la produzione e la commercializzazione delle acque minerali in bottiglia tolgono risorse che potrebbero migliorare l’accesso all’acqua potabile sicura, considerando che oltre 2 miliardi di persone al mondo ne sono prive?

Certamente l’acqua minerale in bottiglia ha la virtù di portare acqua potabile in molte aree del mondo che, per scarsità della risorsa e mancanza di igiene, ne hanno immane bisogno. E sicuramente possono vantare delle proprietà benefiche riconosciute dal Ministero della Salute.

A pochi giorni dalla Giornata Mondiale dell’Acqua, con l’ausilio dei dati statistici, di inchieste giornalistiche e autorevoli ricerche si vuole indagare le ragioni del consumo record di un paese come l’Italia che ha viceversa, acqua pubblica in abbondanza, di elevata qualità e a costi bassissimi.

Acqua potabile: credenze, pregiudizi e miti

Solo 3 italiani su 10 bevono l’acqua del rubinetto, 9 su 10 sovrastimano la bolletta idrica. L’anteprima del Libro Bianco 2023 “Valore Acqua per l’Italia” svela i paradossi celati dietro le abitudini degli italiani. Ad allontanare gli italiani del rubinetto sono soprattutto le (false) preoccupazioni legate alla qualità dell’acqua: il 42,6% ha il timore che non sia sicura e controllata, mentre il 37,8% dice di non gradirne il sapore. Tuttavia, se guardiamo i dati Eurostat, l’acqua potabile in Italia è una delle migliori nel Vecchio continente e l’85% proviene da falde sotterranee (le acque migliori per qualità, più sicure dal punto di vista igienico e ricche di minerali).

I falsi miti sull'acqua del rubinetto

Se è vero che esiste nel Mondo un’enorme disparità e oltre due miliardi di persone non hanno accesso a fonti d’acqua sicure che giustifica l’acquisto ed il consumo di acqua in bottiglia, certamente più salubre, altrettanto non può dirsi in generale dei Paesi occidentali, Europa e Stati Uniti su tutti.

Acqua in bottiglia nei paesi che soffrono gravi siccità

La conferma arriva anche dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), “In Italia ci si può fidare a bere l’acqua potabile del rubinetto di casa perché ha una buona qualità”. Questo perché “prima di arrivare nel rubinetto è sottoposta a un rigoroso sistema di prevenzione e di controlli da parte delle Autorità di controllo ambientale, delle Autorità Sanitarie e dei gestori dei servizi idrici”. Il risultato è che “la percentuale di campioni ‘conformi’ ai limiti di legge per i parametri di controllo ordinario è superiore al 99%… più alta della media europea”.

Perché allora sempre più persone temono l’acqua del rubinetto, preferendo quella in bottiglia?

Certamente la pubblicità massiccia a cui siamo sottoposti quotidianamente, ha la sua buona fetta di responsabilità. Ragazze e ragazzi bellissimi, sportivi e in forma smagliante, claim altisonanti e slogan pubblicitari che attribuiscono proprietà e benefici insuperabili alle acque minerali, attirano e seducono il consumatore. Ma non sempre corrispondono al vero e spesso si attribuiscono virtù tipiche di ogni acqua potabile. Non tutti sanno, ad esempio, che anche le acque dell’acquedotto comunale che escono dal rubinetto di casa sono generalmente oligominerali (residuo fisso tra 50 e 500 mg/l), come la maggior parte delle acque in bottiglia in commercio (che rappresentano oltre il 70% del totale dei consumi).

È pur vero d’altra parte che, le recenti cronache del rilevamento di PFAS nelle acque del Veneto, parte della Lombardia e, perfino in Piemonte, non aiutano i cittadini a fidarsi. Dopo anni di “battaglie” e, “grazie” all’emergere della problematica, l’ultima normativa sulle acque potabili – il dlgs 18/2023 – ha finalmente regolamentato la presenza di PFAS, limitandone i più pericolosi a 0,1 ug/l.

Ma le acque minerali non sono da meno. Una recente inchiesta di Le Monde e Radio France (come riporta Il Fatto Quotidiano) ha scoperto che grandi marchi di acqua minerale francese come Vittel, Contrex e Perrier, quelle del gruppo Nestlé Waters e Alma hanno per anni attuato trattamenti illegali alle loro acque. Alma mescolava acque provenienti da più fonti, anche con l’acqua del rubinetto. Muriel Lienau, presidente di Nestlé, nell’ammettere gli errori ha incolpato il cambiamento climatico che minerebbe la qualità microbiologica delle acque di sorgente e costringendo a trattamenti analoghi all’acqua del rubinetto. La giornalista Marie Dupin osserva amareggiata come “I consumatori spendono ingenti somme per acquistare acqua in bottiglia che credono migliore per la salute” quando “In realtà quest’acqua è stata trattata con lo stesso tipo di trattamenti dell’acqua del rubinetto”.

Vedremo più avanti altri esempi di celebri acque minerali multate dall’Antitrust per slogan e pubblicità ingannevoli, come Ferrarelle (per il claim “prodotto a impatto zero”) e i marchi Rocchetta e Uliveto (per la promessa di prevenire la calcolosi renale e l’osteoporosi tra le altre motivazioni).

La scelta di rinunciare all’acqua in bottiglia si conferma oltretutto la più sostenibile, perché permette di evitare circa 17 kg di rifiuti di plastica a persona l’anno. E l’inquinamento da plastiche, sono ormai un’epidemia globale, onnipresente dagli alimenti alle acque che consumiamo ogni giorno. Secondo una ricerca australiana commissionata dal Wwf, ogni settimana mangiamo 5 grammi plastica, come una carta di credito. E nell’acqua in bottiglia ne sono state contate centinaia di migliaia, tra microplastiche e nanoplastiche. Ma attualmente, in Italia, sono commercializzate circa 300 marche di acque minerali in bottiglia (fonte: Mineracqua). E, guardando ai consumi pro capite, siamo imbattibili: medaglia d’oro, i primi al mondo, ben 252 litri l’anno a testa.

Italia prima in Europa per consumo d’acqua

Secondo il Report 2023 di Italy for Climate, che riporta i valori pubblicati nel database europeo Eionet all’ultimo anno completo disponibile, il 2017, l’Italia detiene anche il record in Europa per prelievi di acqua, con 39 miliardi di m3 all’anno, con l’agricoltura che si conferma il settore più idrovoro, seguito dagli usi civili, dalla produzione industriale e dalla produzione di elettricità.

Italia prima in Europa per consumo d’acqua

Con oltre 9 miliardi di mc ogni anno (+70% rispetto al 2000), l’Italia vanta il record europeo di acqua prelevata a usi civili (quasi il doppio di Germania, Francia e Spagna). Uno dei motivi va ricercato nel cattivo stato delle infrastrutture idriche, che sono vecchie e vantano perdite record del 42%. D’altro canto, il consumo pro capite di un cittadino italiano è il più alto d’Europa, con quasi 220 litri al giorno.

Prelievi di acqua in Italia per uso potabile, per tipologia di fonte
Prelievi di acqua per uso potabile, per tipologia di fonte: pozzo, sorgente, corso d’acqua superficiale, lago e mare (ISTAT)

Nel 2020, l’85% circa del prelievo deriva da acque sotterranee (48,9% da pozzo e 35,8% da sorgente), il 16,1% da acque superficiali (9,6% da bacino artificiale, 5,0% da corso d’acqua superficiale e 0,5% da lago naturale) e il restante 0,1% da acque marine o salmastre (dati ISTAT). Per garantire la qualità dell’acqua fino al rubinetto, il 27,9% dei volumi prelevati nel 2020 è sottoposto alla potabilizzazione per la rimozione delle sostanze contaminanti (come nel caso della filtrazione) e il restante 72,1% alla disinfezione o nessun trattamento.

Il primato italiano nel consumo dell’acqua in bottiglia

L’Italia è il primo Paese al mondo per numero di persone che bevono acqua in bottiglia, consumando così enormi quantità di plastica, ma non ci sono giustificazioni. La rete idrica italiana è sicura e controllata: l’85% dell’acqua potabile proviene da fonti sotterranee (+20 punti percentuali rispetto alla media europea), naturalmente protette e di qualità e che richiedono limitati processi di trattamento. Eppure, meno di un italiano su 3, appena il 29,3%, beve abitualmente acqua del rubinetto (dati Istat 2022).

Il primato italiano nel consumo dell’acqua in bottiglia

Con 252 litri di acqua in bottiglia pro capite all’anno ne consumiamo più del doppio della media europea (88 litri pro capite annui). Il consumo complessivo nel 2022 è pari a 14,9 miliardi di litri di acque confezionate, con una crescita di quasi il 9% su base annua (dati Acquitalia – Beverfood.com). Se consideriamo che circa l’81% è venduta in confezioni di plastica, ipotizzando solo confezioni da 1,5 litri abbiamo oltre 8 miliardi di bottiglie in plastica, solo in Italia.

Consumo procapite acqua minerale bottiglia in Europa nel 2022
Consumi di acqua minerale nei Paesi Europei (fonte: Global Data Unesda – Beverfood.com)

In appena cinque anni, sono aumentate in modo significativo le estrazioni delle acque minerali naturali del Belpaese. In alcune regioni, come Lazio, Puglia e Sicilia, sono più che raddoppiate. Il primato lo ha la Puglia (+141,3%), che è passata dai 62.280 metri cubi del 2015 ai 150.293 del 2020. L’aumento medio a livello nazionale è pari al 21,9 %. Il maggior prelievo attuale in assoluto lo ha invece totalizzato il Nord Italia con un’intensità di estrazione pari a 92 mc/kmq. La regione Lombardia, seppur in linea con i dati di cinque anni prima, con 3.608.091 metri cubi d’acqua minerale prelevata, non ha rivali.

Estrazione delle acque minerali in Italia

Tuttavia, l’Italia può vantare acqua abbondante e di qualità, ben più della media europea. E la sua capitale non fa eccezione. Roma Regina Aquarum era definita una volta la Città Eterna, quando all’epoca degli antichi romani, l’abbondanza di acqua garantita dai numerosi acquedotti romani, garantiva ai cittadini acqua in abbondanza per tutti gli usi. Ancora oggi, Roma con le sue miriadi di fontane, fontanelle e nasoni zampilla acqua per dissetare turisti, cittadini e bestie.

Ma allora perché si consuma tanta acqua in bottiglia?

La ragione di questo paradosso è la semplice ignoranza. Secondo il libro bianco Il valore dell’acqua per l’Italia 2022 di European House Ambrosetti: “Si sconta una carenza informativa sulle fasi della filiera estesa dell’acqua, che deve essere colmata per assicurare un monitoraggio costante di tutti i fenomeni che impattano sul comparto”. Dall’indagine effettuata nel settembre scorso su mille cittadini, scelti all’interno di un campione rappresentativo del panorama nazionale, emergono luci e ombre sulla percezione di questo settore.

L’acqua minerale in bottiglia: virtù e vizi

Il mercato italiano delle acque confezionate è composto per il 98% dalle acque minerali (distinte in base ai sali minerali contenuti e al tipo di frizzantezza). Le acque minerali leggere (oligominerali e minimamente mineralizzate) nell’assieme rappresentano oltre il 70% del totale consumi. A parte, si sta sviluppando il segmento delle acque “arricchite” che comprende le acque aromatizzate e le acque funzionali (con aggiunta di vitamine, minerali, proteine, estratti vegetali).

La norma che regola l’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali è il Dlgs 176/2011. Secondo l’art. 2, le acque minerali naturali si distinguono dalle ordinarie acque potabili per la purezza originaria, la conservazione, il tenore di sali minerali e per i loro effetti. Hanno origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratteristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute. Per ottenere il riconoscimento (e poter essere commercializzata), un’acqua minerale naturale deve essere approvata dal Ministero della salute. Sono vietati i trattamenti (art. 8) di potabilizzazione, l’aggiunta di sostanze battericide o batteriostatiche e qualsiasi altro trattamento suscettibile di modificare il microbismo dell’acqua minerale naturale.

Da una ricerca del Censis, su un campione nazionale rappresentativo di 2.000 italiani, emerge con chiarezza il sublime valore intrinseco che gli italiani attribuiscono all’acqua minerale, nell’averne “sempre e comunque ampliato il consumo, collocandola nel ristretto novero dei beni da non tagliare e sui quali, semmai, spendere qualche euro in più. Considerata buona, salutare e sicura gli viene implicitamente riconosciuto il merito di rendere migliore la qualità della vita quotidiana.” Per la maggioranza degli italiani la ragione principale del consumo è il “gusto e il piacere” seguite dal “salutismo, la sicurezza o la caccia alla convenienza economica”.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Pubblicità, slogan e messaggi altisonanti, a volte ingannevoli e fuorvianti, contribuiscono e alimentano mirabolanti aspettative sull’acqua imbottigliata oscurando la qualità delle acque comunali potabili che è, in generale, sicura e salubre.

L’artificiosa fiducia del consumatore: slogan e pubblicità ingannevoli

È vero che l’acqua minerale naturale presenta alcune caratteristiche peculiari, quali una costanza di composizione nel tempo, una purezza originaria ed eventuali effetti salutistici (riconosciuti dal Ministero della Salute). Ma le pubblicità, per attrarre il consumatore, si tingono di magia e promesse galattiche. Le acque minerali talvolta vantano effetti e proprietà non così speciali: comuni a tutte le acque, appaiono come qualità rare. Ad esempio la capacità di idratazione e depurazione, il potere detossicante, la regolazione dell’equilibrio idrico, lo stimolare la diuresi o l’eliminazione delle tossine, sono caratteristiche proprie dell’acqua, in misura più o meno rilevante. Bombardato di informazioni, il comune cittadino, che normalmente non possiede una preparazione specifica sull’argomento, riesce difficilmente a cogliere gli aspetti che caratterizzano e distinguono un’acqua da un’altra.

Oltre alle inchieste menzionate in apertura, una menzione speciale merita la vicenda delle acque Ulive e Rocchetta, come ricorda IlFattoAlimentare: la società Cogedi, proprietaria dei celebri marchi Rocchetta e Uliveto, è stata sanzionata per pubblicità ingannevole su segnalazione di Altroconsumo.

L’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), si esprime con la sentenza n. 37/13 del 20/3/2013, giudicando la Comunicazione commerciale ingannevole, ai sensi dell’art. 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. “Visti i messaggi pubblicitari “La Federazione Italiana Medici di Famiglia e Uliveto e Rocchetta insieme per la salute della famiglia”, oltre ai claim specifici (“aiuta a combattere l’osteoporosi” e “aiuta a prevenire la calcolosi urinaria”), con “riferimento alla Federazione Italiana Medici di Famiglia (F.I.M.M.G.) che è un’associazione di natura prevalentemente sindacale – inducendo il pubblico a fare affidamento su qualità curative dei prodotti che essi non possiedono, e attribuendo a Uliveto e Rocchetta un quid pluris di caratteristiche che al limite sono comuni ad altri prodotti dello stesso genere.”

Anche l’Autorità Antitrust (AGCM), si è pronunciata il 16 ottobre 2013, ritenendo la pratica commerciale scorretta (Bollettino n. 49/2013) ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lettere a), b) e c), 22 e 23, comma 1, lettera d), del Codice del Consumo. “Il ricorrente richiamo alla collaborazione fra FIMMG e le acque Uliveto e Rocchetta – cui non è collegato il vaglio di un riscontro scientifico – si traducono in una specifica attestazione, validazione, suggerimento salutistico relativo ai prodotti, di carattere non veritiero e, dunque, ingannevole.” Inducendo così il consumatore a ritenere che “sussista un processo di validazione svolto dalla Federazione dei medici di famiglia sui prodotti, subendo un’alterazione della propria decisione commerciale circa l’esistenza di particolari caratteristiche salutistiche delle acque pubblicizzate.” E commina una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000 € a COGEDI e di 30.000 € a FIMMG.

La società presenta ricorso al TAR del Lazio (n. 1723 del 2014) per l’annullamento del Provvedimento del 6 novembre 2013, n. 24608. Il TAR con la sentenza N. 05115/2019, rigettando il ricorso ricorda come “la sanzione, in particolare, è scaturita dal riferimento alla capacità dell’acqua Uliveto di prevenire l’osteoporosi, e dell’acqua Rocchetta di ristabilire il giusto tenore di sali minerali e di prevenire la calcolosi renale”.

Uliveto e Rocchetta: pubblicità ingannevole

Altro caso controverso è la campagna “impatto zero” di Ferrarelle. L’Antitrust, con Provvedimento n. 23275 presente nel Bollettino 6/2012 del 27/02/2012, nell’elogiare l’iniziativa della compensazione delle emissioni inquinanti con la creazione e tutela di nuove foreste, riconosce la mancanza di chiarezza del messaggio per il consumatore che ignora il carattere temporaneo dell’iniziativa (solo due mesi) e che riguarda solo una minima parte di tutte le bottiglie prodotte (circa il 7% della produzione annua totale) e irroga una sanzione amministrativa pecuniaria alla società Ferrarelle S.p.A. pari a 30.000 €.

Altroconsumo insieme all’organizzazione europea dei consumatori (BEUC) ha di recente segnalato alle autorità europee e nazionale, i produttori di alcune marche di acqua minerale che utilizzano ingannevoli slogan ambientali del tipo “100% riciclato” o “100% riciclabile” facendo leva sulla sostenibilità del prodotto. Etichette e tappi non sono infatti realizzati in PET (unica plastica che, per legge, una volta riciclata può essere messa a contatto con gli alimenti e bevande) e, neanche lui al momento viene interamente riciclato. È vero che riciclare al 100% una bottiglia “Tecnicamente è possibile”, come afferma Andrea Minutolo il responsabile scientifico di Legambiente, ma ad oggi solo una minima parte delle bottiglie in PET viene riciclata (circa 1/3), come emerge da un report di Greenpeace. Vedremo come andrà a finire.

L’inesorabile inquinamento della Plastica

La plastica è tra i rifiuti più diffusi: ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che via siano più di 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani). L’Europa ha tentato di arginare il problema con la Direttiva SUP (Single Use Plastic) dicendo stop alla plastica monouso, come le cannucce in plastica, volgendosi a nuove alternative biodegradabili ed ecologiche. Ma esistono Paesi nel mondo che soffrono in mondo particolare l’accumulo dei rifiuti tanto da essere considerati le discariche dell’occidente: secondo i dati OCSE pubblicati dal Global Plastics Outlook dell’OECD, entro il 2060 produrremo il triplo della plastica e, solo in Africa, si accumuleranno fino a 116 milioni di tonnellate di rifiuti da plastica all’anno, rispetto ai 18 milioni del 2019.

Ogni minuto nel mondo vengono acquistate un milione di bottiglie di plastica, mentre ogni anno vengono utilizzati fino a cinquemila miliardi di sacchetti di plastica. In totale, la metà di tutta la plastica prodotta è progettata per scopi monouso, usa e getta (fonte: UNEP). Le materie plastiche, incluse le microplastiche che ne rappresentano il naturale deterioramento, sono ormai onnipresenti nel nostro ambiente naturale, dall’acqua all’aria, al cibo che consumiamo. L’acqua potabile tutta, sia che fuoriesca dal rubinetto della nostra abitazione, sia che sgorga dalle bottiglie in commercio, non è immune alle particelle di plastica che, a seconda della grandezza vengono definite micro e nanoplastiche. Un virus, in questo senso, è rappresentato anche dalla piaga del cosiddetto fast fashion.

inquinamento della Plastica

Altroconsumo nei suoi test sulle acque potabili (n. 359, giugno 2021) ha rilevato la presenza di microplastiche, infatti, oltre che nelle acque minerali in bottiglia (che in parte derivano anche dal deterioramento della stessa bottiglia in PET che la contiene) anche nelle fontanelle dell’acquedotto pubblico di 15 città (Ancona, Aosta, Bari, Brescia, Cagliari, Ferrara, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Trento, Torino, Verona).

Microplastiche e nanoplastiche: ingerite a migliaia

Un litro d’acqua in bottiglia può contenere fino a 370.000 minuscoli frammenti di plastica. Un recente studio (Naixin Qian et al., 2024), pubblicato sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), pone alla ribalta il tema dell’inquinamento da plastica nell’acqua in commercio. I ricercatori, nell’analizzare tre note marche d’acqua in bottiglia vendute negli Stati Uniti, hanno individuato da 110 mila a 370.000 particelle per litro che, disciolte nell’acqua, sono ingerite ad ogni sorso.

Microplastiche e nanoplastiche: ingerite a migliaia

Oltre al materiale delle bottiglie stesse, il PET che è presente in abbondanza e che deriverebbe da stress termici e meccanici della bottiglia (esposizioni al calore, schiacciamenti, apertura e chiusura del tappo), la plastica più comune trovata è la poliammide (un tipo di nylon che deriva forse dai filtri utilizzati per purificare l’acqua prima dell’imbottigliamento).

Lo studio si è avvalso di un’innovativa tecnica che ha permesso di scovare anche le particelle più piccole, le cosiddette nanoplastiche, che sono la stragrande maggioranza, ben il 90%. E che sembrano essere le più pericolose per la salute, talmente microscopiche da penetrare i tessuti dell’intestino e arrivare nel sangue e da lì agli organi, placenta inclusa. Tuttavia, gli effetti sulla salute a lungo termine non sono ancora del tutto chiari (l’OMS ha promosso, in merito, nuove ricerche).

Negli ultimi anni è cresciuta la preoccupazione intorno alle microplastiche, che sono state trovate praticamente ovunque sulla Terra, dal cibo al suolo ma anche in posti più remoti e distanti come i ghiacciai nostrani e fino al Polo Nord (trasportati dall’aria), e i cui effetti sulla salute e sull’ecosistema sono ancora in buona parte sconosciuti. L’universo delle nanoplastiche, invece, è rimasto finora praticamente inesplorato: mentre le microplastiche hanno dimensioni comprese tra 5 millimetri e 1 micrometro (1 milionesimo di metro), le nanoplastiche scendono oltre questa soglia e raggiungono i miliardesimi di metro.

Il paradosso: l’acqua in bottiglia asseta il mondo

Ogni anno in tutto il mondo vengono vendute oltre 500 miliardi di bottiglie d’acqua. Il consumo annuo mondiale dei tre principali tipi di acqua in bottiglia – trattata, minerale e naturale – è stimato a 350 miliardi di litri. Cinque società: PepsiCo, Coca-Cola, Nestlé SA, Danone SA e Primo Corporation hanno un fatturato combinato di 65 miliardi di dollari, oltre il 25% del totale globale.

Come ricorda il rapporto UNU-INWEH 2023, dell’Istituto universitario delle Nazioni Unite per l’ambiente idrico e la salute, la crescita vertiginosa dell’industria globale dell’acqua in bottiglia porta in secondo piano quello che è un problema mondiale paralizzante: l’incapacità dei sistemi pubblici di fornire acqua potabile affidabile per tutti.

L’espansione dell’industria dell’acqua in bottiglia – sostiene Kaveh Madani, direttore dell’UNU-INWEH – non è allineata strategicamente con l’obiettivo di fornire l’accesso all’acqua potabile, anzi tende a rallentare i progressi globali in tal senso, reindirizzando gli sforzi di sostenibilità verso un’alternativa meno affidabile e meno conveniente per i consumatori, e altamente redditizia per i produttori.

In buona sostanza, l’analisi rileva che la crescita del settore influisce negativamente sugli investimenti e sullo sviluppo e sul miglioramento delle infrastrutture pubbliche di approvvigionamento idrico a lungo termine. Gli investimenti che avrebbero potuto essere destinati al miglioramento dei sistemi idrici pubblici vengono deviati verso l’industria dell’acqua in bottiglia, con conseguenti e limitati progressi nella fornitura di acqua pulita e affidabile a coloro che ne hanno più bisogno. Non solo un forte incremento dei rifiuti in plastica, quindi, il rapporto suggerisce che la metà di ciò che il mondo spende ogni anno per l’acqua in bottiglia potrebbe fornire acqua pulita a milioni di persone.

Analizzando i dati relativi a 109 Paesi, il rapporto afferma che in soli cinquant’anni l’acqua in bottiglia si è trasformata in “un settore economico importante ed essenzialmente autonomo”, registrando una crescita del 73% in soli dieci anni, dal 2010 al 2020. E le vendite dovrebbero quasi raddoppiare entro il 2030, da 270 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari.

Il report conclude che l’espansione illimitata dell’industria dell’acqua in bottiglianon è allineata strategicamente con l’obiettivo di fornire l’accesso all’acqua potabile o almeno rallenta i progressi globali in questo senso, distraendo gli sforzi di sviluppo e reindirizzando l’attenzione verso un’opzione meno affidabile e meno conveniente per molti, pur rimanendo altamente redditizia per i produttori”.

Secondo il rapporto, infatti, fornire acqua potabile a circa 2 miliardi di persone che ne sono sprovviste richiederebbe un investimento annuale inferiore alla metà dei 270 miliardi di dollari attualmente spesi ogni anno per l’acqua in bottiglia. È palese la globale ingiustizia sociale: miliardi di persone in tutto il mondo non hanno accesso a servizi idrici affidabili mentre altri godono del lusso dell’acqua.

Il paradosso della sicurezza e salute

La sicurezza sulla qualità dell’acqua è il 1° timore che ostacola la scelta di bere acqua del rubinetto, eppure l’acqua potabile italiana è una delle migliori nel Vecchio continente (dati Eurostat) e l’85% proviene da falde sotterranee (le acque migliori per qualità, più sicure dal punto di vista igienico e ricche di minerali).

Sicurezza sulla qualità dell’acqua potabile

La nostra salute non può prescindere da quella dell’ambiente nel quale viviamo. E un tale consumo di plastica che per la gran parte diverrà rifiuto (circa l’85% delle bottiglie nel mondo), andrà ad inquinare le terre, i mari, i fiumi, l’aria, il cibo e l’acqua di cui ci nutriamo. Tutto questo, prima o poi, tornerà inevitabilmente indietro con gravi conseguenze per la salute di tutti.

D’altronde, come abbiamo visto, sebbene è vero che le acque potabili del rubinetto sono talvolta saltate alle cronache per i parametri fuorilegge, le acque minerali in bottiglia non sono esenti da casi controversi.

Sebbene infatti non mancano casi di inquinamento delle acque domestiche (come gli PFAS trovati nell’acqua potabile di alcune aree del Veneto, Piemonte o Lombardia), il rapporto dell’UNU (Global Bottled Water Industry, 2023) presenta prove documentate contro la percezione fuorviante secondo cui l’acqua in bottiglia è una fonte di acqua potabile indiscutibilmente pura e sicura. “Sebbene la contaminazione possa essere occasionale, analogamente a quella dell’acqua del rubinetto, è chiaro che l’acqua in bottiglia non è immune da tutti i possibili tipi di contaminanti.”

L’acqua in bottiglia non è ben regolamentata” – conferma Vladimir Smakhtin, ex direttore dell’UNU-INWEH – “e viene testata meno frequentemente e attraverso parametri diversi rispetto agli standard di qualità necessari alla fornitura di acqua corrente. Per questo è fondamentale rafforzare la legislazione relativa all’industria dell’acqua in bottiglia.”

Il paradosso economico e ambientale

Secondo il sondaggio riportato nel Libro Bianco 2023, la quasi totalità dei cittadini italiani dichiara di adottare comportamenti sostenibili. Tuttavia, bere acqua del rubinetto, una delle attività più sostenibili con riferimento alla gestione della risorsa, è un’attività poco diffusa: meno di 1 su 3 beve abitualmente acqua del rubinetto. Questo perché, sebbene il cambiamento climatico è un problema molto sentito (la 3° priorità del Paese per i cittadini italiani), si percepisce come lontano dal proprio territorio. Si conferma un approccio «NIMBY» («Not In My Back Yard») verso il fenomeno, che esiste ma i cui effetti sembrano ancora lontani dalla propria area di residenza.

Impatto economico ambientale consumo acqua bottiglia
Impatto economico e ambientale dell’acqua in bottiglia (fonte: Commissione europea)

Sebbene l’acqua possa essere confezionata in bottiglie di vetro, lattine di alluminio e scatole di cartone, i contenitori di plastica rappresentano l’imballaggio più comune. Ogni minuto, nel mondo vengono vendute oltre 1.000.000 di bottiglie (Plastics Europe 2020, UNEP 2022) e circa l’85% di tutte le bottiglie di plastica vendute diventano rifiuti (UNEP 2022). Ogni anno vengono prodotte circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica (UNEP 2022). La plastica utilizzata dall’industria dell’acqua in bottiglia è principalmente polietilene tereftalato (PET), che costituisce il 5,5% della produzione globale di plastica (OCSE 2022). Dagli anni ’50, solo il 6,5% di tutta la plastica prodotta è stata riciclata (Statista 2021b) e oggi solo il 14% viene riciclato (World Economic Forum 2022).

Le macroplastiche, di cui il PET fa parte, rappresentano oltre l’80% dell’inquinamento annuale da plastica nell’ambiente, circa 22 milioni di tonnellate nel 2019 (OCSE 2022). Il PET, come la maggior parte delle materie plastiche, si degrada in minuscoli pezzi invisibili, detti microplastiche

Ci sono altre sostanze pericolose rilasciate dalle bottiglie di plastica, derivati del petrolio e sostanze chimiche tossiche, comunemente noti come inquinanti organici persistenti (POP), che possono essere trasferiti ai tessuti animali attraverso l’ingestione di microplastiche, soprattutto in ambienti marini, e contaminano le catene alimentari animali e umane. Le microplastiche possono anche essere vettori di altri inquinanti ambientali come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e i metalli pesanti (zinco, piombo, cadmio, rame, ecc.).

L’inquinamento da anidride carbonica è un altro importante problema ambientale globale, al quale sta contribuendo l’industria dell’acqua in bottiglia. Nel 2019, le emissioni derivanti dal ciclo di vita di tutta la plastica sono state pari a 860 milioni di tonnellate di CO2 in tutto il mondo (come l’emissione di 189 centrali a carbone a piena regime). Si prevede che questa cifra triplicherà entro il 2050 (Statista 2021c).

Tariffe dell'acqua pubblica in Europa, anno 2023
Tariffe dell’acqua pubblica in Europa, anno 2023 (fonte: The European House Ambrosetti)

In aggiunta a una sottostima dei propri consumi giornalieri, 9 italiani su 10 sovrastimano la reale spesa in bolletta per l’acqua, nonostante l’Italia sia il quarto Paese con la tariffa meno cara d’Europa. L’Italia presenta una delle tariffe più basse in Europa per l’acqua potabile, circa il 40% in meno della media europea.

Come conseguenza, esiste la percezione che l’acqua minerale in bottiglia abbia un costo, tutto sommato, esiguo. Sebbene per litro può costare da 150 a 1.000 volte di più del prezzo che un comune applica all’acqua del rubinetto (fonte: UNU). E non tutti i cittadini sanno che, inclusa nella bolletta, si paga tutta una serie di servizi collaterali che riguardano tutte le fasi della gestione dell’acqua da monte a valle, fognature incluse: il cosiddetto Servizio Idrico Integrato.

La qualità delle acque potabili

La qualità delle acque destinate al consumo umano è regolata in Italia dal Dlgs 18/2023 che recepisce, a livello nazionale, la direttiva (UE) 2020/2184 e apporta ulteriori elementi innovativi, dopo oltre vent’anni dalla precedente direttiva 98/83/CE. La nuova norma contiene sostanziali novità rispetto alla precedente (DLgs 31/2001), con profonde riforme che interessano i gestori d’acquedotto, gli operatori del settore trattamento acque ed anche direttamente i cittadini.

La qualità delle acque destinate al consumo umano è regolata in Italia dal Dlgs 18/2023

Tutte le acque naturali (acque meteoriche, acque superficiali, acque sotterranee ecc.), nel loro percorso attraverso l’atmosfera e il suolo, si arricchiscono di gas, minerali, sali, ioni, microrganismi. L’acqua potabile è acqua destinata al consumo umano e animale e, pertanto, occorre evitare che in essa si concentrino particolari sostanze che possono essere pericolose per la salute. Per l’uso potabile, essa deve possedere determinate caratteristiche: incolore, insapore, inodore, priva di particelle sospese, chimicamente pura (priva di sostanze tossiche in quantità nocive per l’organismo) e batteriologicamente pura (priva di batteri patogeni). Al tempo stesso, però, i diversi elementi disciolti nelle acque fanno parte degli “oligoelementi” indispensabili per il nostro corpo: come ad esempio il calcio, il magnesio e il potassio.

Le norme sanitarie vigenti attribuiscono al gestore idrico e all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) con il supporto dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA), ognuno per le proprie competenze, il compito del controllo sulla qualità delle acque potabili, delle opere di acquedotto e delle acque reflue.

Parametri qualitativi a confronto

Le normative che regolano i parametri qualitativi delle acque potabili sono diverse. Mentre le acque minerali in bottiglia, devono rispondere ai requisiti previsti dal DECRETO 10 febbraio 2015 del Ministero della salute, le acque potabili comunali sono assoggettate al più stringente e attuale Dlgs18/2023. Questo si riflette nei diversi limiti e parametri da rispettare: mentre le acque minerali hanno limiti normativi su 16 sostanze, le acque potabili comunali devono essere valutate rispetto a oltre 40 elementi che non devono superare il valore di soglia imposto dalla normativa. I famigerati PFAS, ad esempio, non vengono ricercati. Una bella differenza. E, se è vero che il cambiamento climatico minerebbe la qualità microbiologica delle acque di sorgente, forse è arrivato il momento di analisi più radicali.

Esclusa la presenza di elementi nocivi (metalli pesanti, arsenico, pfas, batteri e virus), le acque naturali minerali e del rubinetto possono confrontarsi su una serie di parametri e caratteristiche qualitative che ne manifestano i benefici. Il residuo fisso (che ne determina la categoria: oligominerale, minerale, ricca di sali minerali), la durezza (calcio e magnesio), sodio, potassio, fluoruri, nitrati, nitriti, silice, solfati, bicarbonati.

Caratteristiche acqua: confronto rubinetto minerale

La tabella presenta il confronto, rispetto ai parametri di legge per le acque potabili, le analisi qualitative e quantitative rispetto ai parametri che si trovano nelle etichette di alcune note marche di acque minerali in bottiglia con le analisi delle acque di un quartiere di Roma svolte dal gestore idrico locale, ovvero Acea. Emerge come non siano sempre predominanti le virtù delle acque minerali. Quella del rubinetto ha una maggior quantitativo di potassio, calcio, magnesio e bicarbonati rispetto a Levissima, Eva e Rocchetta, meno sodio rispetto ad Uliveto e Ferrarelle. Su altri parametri è invece in deficit.

Tutto sommato per un’acqua sempre disponibile, ecologica, economica, e in assenza di elementi dannosi per la salute, non è male. Le “carenze” di alcuni minerali nelle acque possono sempre integrarsi con l’alimentazione. Qualora ciò sia impedito, per particolari patologie o diete, l’acqua minerale potrebbe, viceversa, rivelarsi un valido alleato.

La fiducia dell’acqua

Gli italiani, primi al mondo, bevono più acqua in bottiglia rispetto a quella dell’acquedotto comunale che fuoriesce comodamente dal rubinetto della propria abitazione, ben 252 litri a testa ogni anno. Come se ogni abitante, bevesse ogni giorno 700 cl di acqua minerale producendo 17 kg l’anno di plastica. Sebbene, la qualità delle acque potabili domestiche sia in generale sicura e controllata.

La fiducia dell’acqua

È una questione di fiducia. Gli italiani non si fidano della qualità dell’acqua che sgorga dal rubinetto di casa propria. Eppure il Gestore idrico, l’ASL e l’ARPA, effettuano analisi periodiche nei punti di prelievo pubblici – i cui dati sono pubblici e liberamente consultabili. E, se proprio non si è certi della bontà delle tubazioni domestiche, un’alternativa sicura ed economica, potrebbe essere l’andare a prendere l’acqua potabile alle fontanelle pubbliche, rifornendosi con damigiane e contenitori vari, come si faceva una volta, o rifornendosi alle cosiddette “case dell’acqua” sparse nei vari comuni. O, altrimenti, si può far analizzare l’acqua del rubinetto da appositi laboratori, rivolgendosi all’Arpa della propria Regione o tramite Altroconsumo.

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