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Indice degli argomenti Toggle Lo stato del clima globaleIl clima in EuropaI cambiamenti climaticiGli effetti dei cambiamenti climaticiRiscaldamento globale e aumento delle temperatureScioglimento dei ghiacciaiSurriscaldamento dei mari e acidificazioneAumento del livello dei mari ed erosione delle costePerdita della biodiversitàRiduzione delle riserve idricheSicurezza alimentareEventi estremi, inondazioni e siccitàMigranti climatici, povertà e conflittiLe cause dei cambiamenti climaticiGas Effetto serra e combustibili fossiliSovrasfruttamento delle risorse naturaliRifiuti e inquinamentoDeforestazioni e incendiCementificazione e consumo di suoloGuerre e conflitti globaliIngiustizia climaticaSoluzioni ai cambiamenti climatici Dopo aver introdotto il tema dei cambiamenti climatici, analizzando lo stato del clima globale attraverso i suoi indicatori climatici chiave (Key Climate Indicators), i dati che ne permettono di capire l’evoluzione del clima nel tempo, oggi ne tratteremo gli aspetti dal punto di vista delle cause e degli effetti. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti: ondate di calore e siccità, tempeste ed alluvioni, scioglimento dei ghiacciai, aumento delle temperature e del livello dei mari, perdita della biodiversità (specie a rischio estinzione), riduzione delle riserve d’acqua, danni all’agricoltura e ai raccolti, vittime e feriti. Le cause dei cambiamenti climatici sono più tacite ma hanno a che fare con l’inquinamento di aria, acque e terre, l’uso dei combustibili fossili, l’urbanizzazione (cementificazione e consumo di suolo), lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali, la deforestazione. Partiamo dall’analizzare effetti e conseguenze dei cambiamenti climatici, per poi passare in rassegna le cause che ne sono all’origine e, infine, ci concentreremo sulle possibili soluzioni e misure che ne possano mitigare l’entità e le dimensioni (che approfondiremo meglio in un futuro articolo ad hoc). Non prima di una breve prefazione che svelerà lo stato del clima globale attuale. Lo stato del clima globale Per monitorare lo stato del clima globale viene utilizzata un’ampia gamma di variabili, che include la rendicontazione su scale temporali annuali, come ad esempio la serie “State of the Climate” dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, i rapporti sullo stato del clima pubblicati tramite il BAMS (Blunden et al. 2024), nonché i Rapporti di Valutazione sistematici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), a cui si rimanda per approfondimenti (la bibliografia completa è in fondo all’articolo). Il rapporto State of the Global Climate 2024 della World Meteorological Organization (WMO), pubblicato il 19 marzo 2025, evidenzia il rapido impatto del cambiamento climatico. A livello globale, il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato (su 175 anni di registrazioni), il primo anno con una temperatura media globale superiore a 1,5 °C rispetto al livello preindustriale. Dal 2022 al 2024, i ghiacciai hanno registrato la più grande perdita triennale mai registrata. Secondo il World Glacier Monitoring Service (WGMS), i ghiacciai al di fuori della Groenlandia e dell’Antartide hanno perso oltre 9.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio dal 1975, equivalenti a un blocco di ghiaccio spesso 25 metri delle dimensioni della Germania. Nel solo 2024, i ghiacciai hanno perso complessivamente 450 miliardi di tonnellate. Il clima in Europa Dagli anni ’80, l’Europa si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale, diventando il continente con il riscaldamento più rapido sulla Terra. Ciò è dovuto a diversi fattori, tra cui la porzione di territorio europeo nell’Artico (la regione che si scalda più velocemente), i cambiamenti nella circolazione atmosferica che favoriscono ondate di calore estive più frequenti e una riduzione delle emissioni di aerosol. Le ondate di calore stanno diventando più frequenti e intense e l’Europa meridionale sta attraversando siccità diffuse. I ghiacciai in tutte le regioni europee continuano a sciogliersi. Sono stati osservati cambiamenti nel modello delle precipitazioni, incluso un aumento dell’intensità degli eventi più estremi. Nel 2024, tempeste e inondazioni hanno colpito circa 413.000 persone, causando la perdita di almeno 335 vite. Si stima che i danni causati da tempeste e inondazioni in tutta Europa durante l’anno siano costati almeno 18 miliardi di euro. A settembre, la tempesta Boris ha colpito centinaia di migliaia di persone, con inondazioni, morti e danni in alcune zone di Germania, Polonia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Italia. Alla fine di ottobre, in Spagna si sono verificate precipitazioni eccezionali e inondazioni che hanno provocato impatti devastanti e vittime nella provincia di Valencia e nelle regioni limitrofe. A luglio, l’Europa sudorientale ha registrato la più lunga ondata di caldo mai registrata, durata 13 giorni consecutivi e che ha interessato il 55% della regione. I ghiacciai della Scandinavia e delle Svalbard hanno registrato la più alta perdita di ghiaccio mai registrata: una perdita media di spessore pari a 1,8 m in Scandinavia e 2,7 m alle Svalbard. Secondo il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), un riscaldamento globale di 1,5°C potrebbe causare 30.000 morti all’anno in Europa a causa del caldo estremo. I cambiamenti climatici Che cosa sono i cambiamenti climatici? Per “cambiamenti climatici” si intendono i cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici. Questi cambiamenti possono avvenire in maniera naturale, ad esempio tramite variazioni del ciclo solare. Tuttavia, a partire dal 19° secolo, le attività umane sono state il fattore principale all’origine dei cambiamenti climatici, imputabili essenzialmente alla combustione di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas (per approfondire: UNRIC). L’uso dei combustibili fossili è una delle principali fonti di emissione di gas effetto serra che agiscono come una coltre avvolta intorno alla Terra, trattenendo il calore del sole e innalzando le temperature. Le maggiori emissioni si registrano nel settore dell’energia, trasporti, industria, edilizia, rifiuti, agricoltura e nella attività legate allo sfruttamento dei combustibili (estrazione, trasformazione e raffinazione del combustibile, compresi lo sfiato e la combustione). Per quanto riguarda i cambiamenti climatici su larga scala, il Sesto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha concluso che: È inequivocabile che l’influenza umana ha riscaldato l’atmosfera, l’oceano e la terra. Si sono verificati cambiamenti rapidi e diffusi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera. La portata dei recenti cambiamenti nel sistema climatico nel suo complesso, e lo stato attuale di molti aspetti del sistema climatico, non hanno precedenti nel corso di molti secoli o migliaia di anni. Il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta già influenzando molti eventi meteorologici e climatici estremi in ogni regione del mondo (eventi estremi come ondate di calore, forti precipitazioni, siccità e cicloni tropicali). I cambiamenti climatici possono incidere sulla salute, sulla capacità di coltivare cibo, sulla disponibilità di acqua, sull’alloggio, sulla sicurezza e sul lavoro di tutti noi. Alcune persone sono già più vulnerabili agli effetti climatici, ad esempio coloro che vivono nelle zone costiere, piccole isole e nei paesi in via di sviluppo. Fenomeni quali l’innalzamento del livello del mare e l’intrusione salina si sono intensificati tanto da indurre intere comunità a trasferirsi e siccità prolungate stanno esponendo le persone al rischio di carestia. In futuro si prevede un aumento dei “migranti climatici”. Gli effetti dei cambiamenti climatici All’aumento dei gas serra in atmosfera corrisponde un aumento della temperatura globale (le temperature nell’Artico sono aumentate con una velocità più che doppia rispetto alla media globale). In quasi tutte le aree del pianeta assistiamo a ondate di calore, siccità e riduzione delle riserve d’acqua. Le conseguenze e gli effetti dei cambiamenti climatici sono direttamente legati al fenomeno del surriscaldamento globale. L’aumento delle temperature provoca lo scioglimento dei ghiacciai che fa aumentare il livello dei mari, e minaccia le comunità costiere. I ghiacciai sono una grande riserva d’acqua per i momenti di necessità e, in mancanza di essa, la riduzione e il razionamento dell’acqua per usi potabili o destinata al settore agricolo, è e sarà sempre più inevitabile. L’assorbimento di grandi quantità di CO2 da parte degli oceani poi, ne aumenta l’acidità minacciando la vita marina. Eventi estremi come ondate di calore e siccità, da una parte, e tempeste e alluvioni, dall’altra. Due facce della stessa medaglia, quell’anomalia o crisi del clima, il cambiamento climatico. Riscaldamento globale e aumento delle temperature L’Organizzazione meteorologica mondiale (World Meteorological Organization o WMO) conferma, sulla base di autorevoli dati internazionali, che il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato: circa 1,55°C al di sopra del livello preindustriale. Per la prima volta nella storia si è superata la soglia del + 1,5 °C di temperatura. Media annuale delle anomalie di temperature, anni 1991-2020 (fonte: WMO). Sebbene superare la soglia di 1,5 °C stabilita dagli Accordi di Parigi, per un singolo anno, non ne compromette la validità, in quanto basata sulla media di una decade, questa è una magra consolazione. Infatti guardando ai dati la tendenza è in aumento dal 1850 (anno delle prime misurazioni) e in modo particolare negli ultimi vent’anni, sia come emissioni di gas serra, che come temperature. Un trend che pare destinato a non interrompersi, salvo radicali cambiamenti. Warming stripes: le strisce del riscaldamento globale, anni 1850-2023 (fonte: ShowYourStripes). La temperatura media globale della superficie terrestre è in costante aumento e, ogni incremento del riscaldamento, si traduce in pericoli in rapida escalation. Ondate di calore più intense, piogge più intense e altri eventi meteorologici estremi aumentano ulteriormente i rischi per la salute umana e gli ecosistemi. Si prevede che l’insicurezza alimentare e idrica causata dal clima aushowyourstripes.infomenterà con l’aumento del riscaldamento. Quando i rischi si sommano ad altri eventi avversi, come pandemie o conflitti, diventano ancora più difficili da gestire. Scioglimento dei ghiacciai I ghiacciai di tutto il mondo si stanno ritirando a ritmi impressionanti. I dati sul bilancio di massa dei ghiacciai indicano che è stato un altro anno estremamente negativo a livello mondiale. Secondo uno studio pubblicato su Nature, i ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide si stanno riducendo rapidamente, alterando l’idrologia regionale, innalzando il livello globale del mare e aumentando i pericoli naturali. Si stima che, nel periodo 2000-2019, i ghiacciai abbiano subito una perdita di massa superiore a 250 gigatonnellate l’anno, equivalenti a circa il 20% dell’innalzamento del livello del mare osservato. In un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica The Cryosphere, un team di ricercatori elvetici ha ricostruito la topografia di tutti i ghiacciai svizzeri nel 1931. Sulla base di queste ricostruzioni e dei confronti con i dati degli anni 2000, i ricercatori hanno ricostruito per la prima volta l’entità della perdita di ghiaccio dei ghiacciai svizzeri nel XX secolo: il volume del ghiacciaio si è dimezzato tra il 1931 e il 2016. LO scioglimento e ritiro sta avvenendo a un ritmo sempre più rapido. A titolo di paragone, mentre in quasi un secolo (tra il 1931 e il 2016) i ghiacciai hanno perso metà del loro volume, tra il 2016 e il 2021, in appena sei anni, ne hanno perso un ulteriore 12%. Cambiamenti della massa dei ghiacciai regionali: evoluzione 2000-2019 (fonte: Nature). Per quanto riguarda i ghiacciai alpini, i dati sulla superficie delle Alpi ricoperta dal ghiaccio: 474 km quadrati nel 1850; 902 km quadrati nel 1970; 272 km quadrati nel 2000. La media delle perdite nel corso di una decade tra il 1850 e il 1970 è del 2,9%, tra il 1970 e il 2000 invece è dell’8,2%, (Fonte: World Glacier Monitoring Service). E non va meglio l’estensione del ghiaccio marino. Surriscaldamento dei mari e acidificazione Le acque oceaniche assorbono la maggior parte del calore derivante dal riscaldamento atmosferico globale. Il ritmo del loro riscaldamento è fortemente aumentato negli ultimi due decenni, un fenomeno riscontrato a tutte le profondità. Aumentando il calore aumenta anche il volume delle acque con conseguente innalzamento dei livelli che, accompagnati dal progressivo scioglimento delle calotte glaciali, determinano una reale minaccia per le comunità costiere e insulari. Ad aggravare la situazione concorre anche l’assorbimento della anidride carbonica sottratta all’atmosfera da parte delle acque oceaniche con conseguente acidificazione delle stesse, proliferazione di alghe e pericolo per la vita marina e le barriere coralline. Uno studio pubblicato su Advances in Atmospheric Sciences ha scoperto che il riscaldamento degli oceani nel 2024 ha avuto un ruolo chiave nelle temperature record. L’oceano è il più caldo mai registrato dagli esseri umani, non solo in superficie ma anche per i 2000 metri superiori, secondo lo studio che ha coinvolto un team di 54 scienziati di sette paesi e 31 istituti. Circa il 90% del calore in eccesso dell’atmosfera è immagazzinato nell’oceano, rendendo il contenuto di calore dell’oceano un indicatore critico del cambiamento climatico. Un altro impatto dell’aumento della concentrazione di CO2 è l’acidificazione degli oceani. L’oceano assorbe circa il 25% delle emissioni annuali di CO2 antropogenica nell’atmosfera, contribuendo ad alleviare gli impatti del cambiamento climatico ma a un costo ecologico elevato per l’oceano. La CO2 reagisce con l’acqua di mare e ne aumenta l’acidità. Mette in pericolo gli organismi e i servizi ecosistemici, tra cui la sicurezza alimentare, mettendo a repentaglio la pesca e l’acquacoltura e le barriere coralline. Man mano che il pH dell’oceano diminuisce e la sua acidità aumenta, diminuisce anche la sua capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera. Il pH medio globale dell’oceano è in costante calo a tassi mai visti negli ultimi 26.000 anni. Aumento del livello dei mari ed erosione delle coste Dal 1900 il livello medio dei mari in tutto il mondo è aumentato di circa 20 cm. I motivi sono principalmente due: innanzitutto, l’acqua si espande man mano che si riscalda, e dunque occupa più spazio. In secondo luogo, il riscaldamento globale accelera lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali in Groenlandia e in Antartide, per cui altra acqua viene riversata negli oceani. La crescita del livello medioglobale del mare ha effetti devastanti come l’erosione costiera e inondazioni che mettono in pericolo la vita marina e quella delle comunità che vi abitano. Punti critici in Europa sono, ad esempio, Venezia e la laguna veneta (Italia), le aree del delta del Nilo (Egitto) e del Rodano (Francia). Ma tutte le zone costiere e le isole del Pianeta sono minacciate. E preoccupa che l’innalzamento del livello del mare sta accelerando: dal 2014 al 2023, il livello medio globale del mare è aumentato a un ritmo di 4,77 mm all’anno. È più del doppio rispetto al decennio 1993-2002 (2,13 mm/anno). E questo è niente: secondo l’IPCC da qui al 2100 il livello marino globale potrà raggiungere e superare un metro. Perdita della biodiversità La diversità biologica, o biodiversità, è la varietà della vita sulla Terra, in tutte le sue forme, dai geni e batteri a interi ecosistemi come foreste o barriere coralline. La biodiversità che vediamo oggi è il risultato di 4,5 miliardi di anni di evoluzione, ed è sempre più influenzata dagli esseri umani. Il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature mette a rischio la sopravvivenza delle specie sulla terraferma e negli oceani. Nel mondo si stanno perdendo specie a un ritmo 1000 volte superiore di qualsiasi altro momento della storia dell’uomo. Un milione di specie sono a rischio di estinzione nei prossimi decenni. Incendi boschivi, condizioni meteo estreme, parassiti infestanti e malattie sono tra le molte minacce legate al cambiamento climatico. Alcune specie riusciranno a spostarsi e sopravvivere, altre no. Dalla biodiversità dipendono tante cose: cibo, acqua, medicine, un clima stabile, crescita economica, tra le altre. Oltre la metà del PIL globale dipende dalla natura (si stima che 44 trilioni di dollari di valore aggiunto globale, siano generati in settori che dipendono dalla natura e dai suoi servizi) e più di 1 miliardo di persone fa affidamento sulle foreste per il proprio sostentamento. Ma la natura è in crisi. Fino a un milione di specie sono minacciate di estinzione, molte entro pochi decenni. Ecosistemi insostituibili come parti della foresta pluviale amazzonica si stanno trasformando da pozzi di carbonio a fonti di carbonio a causa della deforestazione. E l’85 percento delle zone umide, come le saline e le mangrovie che assorbono grandi quantità di carbonio, sono scomparse. Anche le barriere coralline soffrono: l’84% dei coralli mondiali è colpito da sbiancamento. Biodiversità e cambiamenti climatici: aumento della temperatura e scomparsa delle barriere coralline (fonte: IPCC) Perché la biodiversità è essenziale per limitare il cambiamento climatico? Quando le attività umane producono gas serra, circa la metà delle emissioni rimane nell’atmosfera, mentre l’altra metà viene assorbita dalla terra e dall’oceano. Questi ecosistemi, e la biodiversità che contengono, sono pozzi di carbonio naturali, che forniscono le cosiddette soluzioni basate sulla natura al cambiamento climatico. Le torbiere, ovvero le zone umide come paludi e acquitrini, coprono solo il 3 percento delle terre emerse del mondo, ma immagazzinano il doppio del carbonio di tutte le foreste. Gli habitat oceanici come le praterie di fanerogame marine e le mangrovie possono anche sequestrare l’anidride carbonica dall’atmosfera a tassi fino a quattro volte superiori rispetto alle foreste terrestri. Riduzione delle riserve idriche Il cambiamento climatico, unito all’aumento del consumo d’acqua globale, influenza la riduzione delle riserve idriche sempre più scarsa in numerose aree geografiche soprattutto in quelle regioni già afflitte da stress idrico e con un ecosistema molto vulnerabile. La siccità può anche causare devastanti tempeste di sabbia capaci di spostare miliardi di tonnellate di polveri da un continente all’altro. Alle conseguenze legate al settore agricolo si affiancano così anche quelle legate all’avanzamento della desertificazione. Evoluzione del lago di Ciad in Africa (fonte: CNR) La ridotta disponibilità delle risorse idriche può impattare negativamente sulle attività legate all’agricoltura, al pascolo e alla zootecnia, mettendo a rischio la sicurezza alimentare globale. Connessi ai problemi climatici veri e propri (aumento delle temperature e riduzione delle piogge), ci sono quelli legati a inefficienze e malagestione delle infrastrutture idriche connesse alla dispersione e (in Italia il 42% dell’acqua potabile viene dispersa prima di arrivare a destinazione a causa di tubature vecchie e rotture). Sicurezza alimentare I cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti sono tra le cause dell’aumento della fame e della malnutrizione nel mondo. La pesca, la produzione agricola e l’allevamento del bestiame potrebbero sparire o divenire meno produttivi. A causa della acidificazione delle acque oceaniche le risorse ittiche sono a rischio. La raccolta di alimenti proveniente dalla pastorizia, la caccia e la pesca è diminuita grazie alla riduzione della calotta polare delle regioni artiche e antartiche. Secondo un rapporto della FAO (The Impact of Disasters on Agriculture and Food Security), negli ultimi 30 anni la produzione agricola e zootecnica ha subito perdite per un valore stimato di 3.800 miliardi di dollari a causa di eventi calamitosi, pari a una perdita media di 123 miliardi di dollari all’anno o al 5% del prodotto interno lordo (PIL) agricolo mondiale. “L’agricoltura è uno dei settori maggiormente esposti e vulnerabili al rischio di disastri, data la sua profonda dipendenza dalle risorse naturali e dalle condizioni climatiche: i disastri ricorrenti possono incidere negativamente sulla sicurezza alimentare e minare la sostenibilità dei sistemi agroalimentari”, afferma il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, nella prefazione del rapporto. Il rapporto indica inoltre che le perdite relative ai principali prodotti agricoli mostrano un trend all’aumento, infatti negli ultimi trent’anni le perdite di cereali hanno registrato una media di 69 milioni di tonnellate all’anno – pari all’intera produzione cerealicola della Francia nel 2021 – seguite da frutta, ortaggi e zucchero, con perdite medie intorno ai 40 milioni di tonnellate all’anno. Per i prodotti ortofrutticoli, le perdite corrispondono all’intera produzione 2021 del Giappone e del Vietnam. I settori della carne, dei prodotti lattiero-caseari e delle uova hanno registrato perdite medie di 16 milioni di tonnellate all’anno, pari all’intera produzione 2021 di carne, prodotti lattiero-caseari e uova del Messico e dell’India. Gli impatti maggiori si sono verificati nei paesi a reddito medio-basso, fino al 15% del loro PIL agricolo totale. Eventi estremi, inondazioni e siccità Eventi meteorologici estremi, ad alto impatto ambientale e socioeconomico, accadono sempre più spesso, con maggior frequenza e intensità. Il 2024 è stato un altro anno dei record, in aumento a livello globale tutte le calamità naturali: cicloni tropicali, siccità e incendi, bombe d’acqua e alluvioni, ondate di calore. In Italia il 2024 ha visto aumentare tutti i danni dovuti a eventi meteo estremi: siccità prolungata (+54,5% rispetto al 2023), esondazioni fluviali (+24%) e allagamenti (+12%). Oltre alla distruzione di abitazioni, infrastrutture critiche, foreste, terreni agricoli e biodiversità, minano la resilienza e rappresentano rischi significativi per le persone. Con conseguenze critiche per la salute delle persone (feriti e vittime) e per la sicurezza alimentare (resa minore in agricoltura e aumento dei prezzi) che generano sfollamenti e migrazioni. Per resistere agli eventi estremi dei cambiamenti climatici è utile attuare quelle azioni di resilienza climatica che vanno sotto il nome di NBS (Nature-Based Solution), le soluzioni ispirate dalla natura. Migranti climatici, povertà e conflitti Il cambiamento climatico aggrava i fattori che determinano lo stato di povertà. Le inondazioni possono spazzare via interi quartieri delle città, distruggendo case e beni. Il calore può rendere difficile il lavoro all’aperto e la scarsità d’acqua può colpire pascoli e colture. Questo origina il fenomeno dei migranti climatici che, assieme ai migranti di guerra e sfollati, genera milioni di persone costrette, ogni anno, ad abbandonare il proprio Paese alla ricerca di condizioni migliori per vivere. Solo nell’ultimo decennio (2010-2019), si stima che gli eventi legati al clima abbiano causato la migrazione di circa 23,1 milioni di persone in media ogni anno, lasciandone molte altre in condizioni di povertà. La maggior parte dei rifugiati proviene da Paesi più vulnerabili e meno preparati ad adattarsi all’impatto che il cambiamento climatico viene progressivamente determinando. Secondo il rapporto “Groundswell” della Banca Mondiale, si prevede che entro il 2050 circa 216 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare a causa dei cambiamenti climatici. Le cause dei cambiamenti climatici Esiste un consenso scientifico, pressoché unanime, sulle cause antropiche della crisi climatica. Gli indicatori climatici chiave o Key Climate Indicators forniscono un’ampia visione del cambiamento climatico su larga scala, che comprende la composizione dell’atmosfera, i cambiamenti energetici e le risposte della terra, dell’oceano e del ghiaccio. Osservando la variazione dei sette indicatori climatici nel tempo, appare evidente il contributo dell’uomo al cambiamento climatico, dovuto principalmente all’uso dei combustibili fossili. Oltre alle emissioni di gas serra dovute all’uso dei combustibili fossili, esistono altre attività impattanti che concorrono al riscaldamento globale. Il sovrasfruttamento delle risorse naturali e delle materie prime critiche, l’inquinamento di acque, terre ed aria, l’accumulo e smaltimento dei rifiuti negli habitat naturali (plastica, microplastiche e nanoplastiche, RAEE, rifiuti tessili), deforestazioni e incendi, consumo di suolo e cementificazione e l’impatto ambientale delle guerre. Gas Effetto serra e combustibili fossili La causa principale dei cambiamenti climatici è l’amplificarsi dell’effetto serra. Alcuni gas presenti nell’atmosfera terrestre agiscono un po’ come il vetro di una serra: catturano il calore del sole, sia quello riflesso che la parte assorbita dal terreno eppoi rilasciata, impedendogli di ritornare nello spazio. Mentre il calore risale, infatti, alcuni gas presenti nell’atmosfera (in particolare il vapore acqueo, l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto) lo intrappolano, comportandosi come il vetro di una serra. Questo «effetto serra» è ciò che normalmente permette di mantenere il nostro pianeta a una temperatura confortevole. Fin qui tutto normale, il problema è l’eccesso di questi gas effetto serra nell’atmosfera che, intrappolando troppo calore, provocano il surriscaldamento globale. La CO2 a confronto con gli altri gas a effetto serra rilasciati nell’atmosfera (Commissione Europea) L’uso dei combustibili fossili è una delle principali fonti di emissione di questi gas, che si accumulano nell’atmosfera e amplificano l’effetto serra. I principali gas a effetto serra sono: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e gas fluorurati. Ognuno ha caratteristiche di vita nell’atmosfera e contributo al riscaldamento globale differente (vedi tabella). Il metano è un gas con un effetto serra più potente della CO2, ma ha una vita atmosferica più breve. L’ossido di azoto, come la CO2, è un gas a effetto serra longevo che si accumula nell’atmosfera per decenni. Nel 2023, l’ultimo anno per cui sono disponibili dati globali, sono stati raggiunti valori record: Anidride carbonica: 420,0 ppm = +151% dei livelli preindustriali. Metano: 1923 ppb = +266% dei livelli preindustriali. Protossido di azoto: 335,8 ppb = +124% dei livelli preindustriali. Concentrazioni di Gas Effetto Serra 1983-2023 L’anidride carbonica (CO2) è il gas serra più importante e si misura in parti per milione (ppm). Anche il metano (CH4) e il protossido di azoto (N 2 O) sono straordinariamente importanti per il clima globale e si misurano in parti per miliardo (ppb). Sul fronte della riduzione dei gas effetto serra sono stati fatti grandi progressi. Dal primo accordo internazionale del Protocollo di Kyoto alle recenti politiche green dell’Unione Europea (da ultima la Direttiva Case Green): decarbonizzazione al 2050 e riduzione al -55% delle emissioni di CO2 al 2030. Ma la strada è ancora lunga. Sovrasfruttamento delle risorse naturali Stiamo usurpando il nostro Pianeta, consumando molte più risorse di quanto egli sia in grado di rigenerare. L’anno scorso il 1 agosto è stato l’Earth Overshoot Day 2024, la data in cui il pianeta ha utilizzato tutte le risorse rinnovabili generate durante l’intero anno e inizia il debito ecologico. Questa data è calcolata dal Global Footprint Network, l’organizzazione internazionale per la sostenibilità che ha inventato l’Impronta Ecologica. In un anno la popolazione mondiale consuma le risorse di quasi due pianeti (1,75), una tendenza che è andata peggiorando dagli anni 70 e non accenna a diminuire. Earth Overshoot Day (1971-2024) Per l’Italia questo giorno è avvenuto molto prima, il 19 maggio. Già da quella data, abbiamo cominciato a consumare le risorse previste per il 2025. Per soddisfare il bisogno degli italiani, in un anno ci vorrebbero 3 Italie. Questo sovrasfruttamento delle risorse naturali ha un impatto devastante sulla vita, causa una profonda alterazione sull’equilibro naturale (acqua, terra, aria ed essere viventi) ed è tra le principali cause della perdita di biodiversità Rifiuti e inquinamento Oltre alle emissioni dirette di gas effetto serra, esistono altre forme di inquinamento che minacciano la salute umana e del Pianeta incoraggiando l’incremento dei cambiamenti climatici, come lo sversamento di inquinanti e rifiuti nell’ambiente. Ogni anno si producono 353 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, di cui 11 milioni entrano nell’oceano mettendo in pericolo la vita degli animali. L’inquinamento da plastica è ormai onnipresente: nei nostri oceani, nel suolo, nell’acqua potabile, nel corpo umano e degli animali e persino nell’aria. Poi ci sono i rifiuti del settore tessile (alimentati dal fenomeno della fast fashion), quelli elettrici ed elettronici, e le sostanze chimiche usate per la loro produzione (tra cui spiccano i PFAS o inquinanti eterni). Deforestazioni e incendi Gli incendi sono correlati alle deforestazioni che spesso producono e sono sia causa che effetto dei cambiamenti climatici. Effetto perché, come abbiamo visto, l’aumento delle temperature insieme alle ondate di calore e siccità, generano le condizioni ideali perché si verifichino. Causa perché gli incendi spesso provocano la devastazione di intere foreste e aree naturali, distruggendone la biodiversità e l’ecosistema. Incendi e deforestazione che, come accade per la Foresta Amazzonica (il più grande polmone verde del Pianeta) nascondono interessi economici come lo sfruttamento dei terreni per coltivazioni e allevamenti di bestiame o la costruzione di dighe) e attività illegali come il commercio del legname (per questo è importante acquistare legno proveniente da foreste a gestione sostenibile certificate FSC o PEFC). Le foreste hanno un ruolo cruciale nell’equilibrio naturale del Pianeta: oltre a svolgere la funzione di regolazione termoigrometrica, sono un polmone naturale di cattura della CO2. La loro cura e preservazione è perciò di importanza vitale per la lotta ai cambiamenti climatici. Cementificazione e consumo di suolo L’urbanizzazione, consumo di suolo e cementificazione, sottrae territori naturali e parti di paesaggio al Pianeta, elementi preziosi nel contrastare i cambiamenti climatici. Contribuisce inoltre alla perdita della biodiversità, alla deforestazione, e favorisce il verificarsi di eventi estremi come alluvioni e allagamenti a causa dell’impermeabilizzazione delle superfici che provoca lo scorrimento superficiale delle acque (o run-off) impedendogli la penetrazione in profondità per ricongiungersi alle falde acquifere. L’impermeabilizzazione dei suoli, oltre ad impedire alle piogge di penetrare nel terreno per rifornire le falde sotterranee, priva il suolo dell’effetto ombreggiatura degli alberi, che è anche causa dell’aumento delle temperature, quel fenomeno noto sotto il nome di “isola di calore”. Guerre e conflitti globali Che siano scatenate da motivi religiosi, di razza o etnici, da conquiste territoriali o da un atto narcisistico di vanità del potere, che siano guerre per accaparrarsi l’acqua, risorse preziose come fonti energetiche e minerali preziosi o materie prime critiche, le guerre accelerano i cambiamenti climatici, generando enormi quantità di gas effetto serra o climalteranti e inquinando profondamente l’ambiente. Oltre ad essere un cattivo affare per l’economia (la spesa militare globale ha raggiunto un nuovo record nel 2023, superando i 2,2 trilioni di dollari), anche l’impatto ambientale di guerre e conflitti globali merita di non essere trascurato. Può essere un impatto ambientale diretto, causato dall’uso delle armi e bombardamenti che rilasciano nell’ambiente una moltitudine di inquinanti tossici, come TNT, RDX o ciclonite, tetyrl e i Pfas. O, viceversa, un impatto ambientale indiretto: le mine antiuomo e altri residuati bellici esplosivi (ERW) possono rimanere nel terreno per decenni dopo la fine dei conflitti, provocando la contaminazione di vasti territori (nel 2023, l’Ucraina ha stimato che circa 174.000 kmq del suo territorio dovevano essere esaminati per la contaminazione). In Palestina, la distruzione di edifici e strade ha generato un’enorme quantità di detriti: si stima che la rimozione e lo smaltimento di tutti i rifiuti edili, alcuni contaminati da ordigni inesplosi, amianto e altre sostanze pericolose, potrebbe richiedere fino a 15 anni. Ingiustizia climatica Le emissioni all’origine dei cambiamenti climatici sono generate in ogni parte del mondo e interessano tutti, ma in alcuni Paesi la produzione di gas serra è decisamente maggiore che in altri. I 100 paesi che producono meno emissioni generano il 3% delle emissioni totali. Il contributo dei 10 paesi maggiormente responsabili delle emissioni è pari al 68%. Tutti devono adottare misure per il clima, ma la responsabilità di agire per primi ricade soprattutto sulle persone e sui paesi che contribuiscono maggiormente al problema. Emissioni di gas serra dei principali Paesi al mondo, anno 2023 (fonte: JRC 2024). Questa è l’ingiustizia climatica che emerge dai dati del World Research Institute (WRI). Il Sesto rapporto IPCC evidenzia che le perdite e i danni che stiamo già subendo e che continueranno in futuro, colpiscono duramente soprattutto le persone e gli ecosistemi più vulnerabili. Intraprendere l’azione giusta ora potrebbe portare al cambiamento trasformativo essenziale per un mondo sostenibile ed equo. “La giustizia climatica è fondamentale perché coloro che hanno contribuito meno al cambiamento climatico sono colpiti in modo sproporzionato“, ha affermato Aditi Mukherji, uno dei 93 autori del rapporto IPCC. Ed ha aggiunto che “Quasi metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili al cambiamento climatico. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte più alti nelle regioni altamente vulnerabili”. Soluzioni ai cambiamenti climatici Già nel 2018, l’IPCC aveva evidenziato la portata senza precedenti della sfida richiesta per mantenere il riscaldamento a 1,5 °C. Cinque anni dopo, quella sfida è diventata ancora più grande a causa di un continuo aumento delle emissioni di gas serra. Il ritmo e la portata di ciò che è stato fatto finora, e i piani attuali, sono insufficienti per affrontare il cambiamento climatico. L’Organizzazione Metereologica Mondiale, tuttavia, è ottimista: nonostante il preoccupante quadro attuale, l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, è ancora raggiungibile. Per contrastare i cambiamenti climatici e scongiurare future catastrofi, occorre agire ponendo in atto due strategie, anche dette misure di Mitigazione e misure di Adattamento. Anzitutto occorre limitare il consumo di combustibili fossili in tutti i settori economici. Nel settore dei trasporti, investire nella mobilità sostenibile, portare avanti le ricerche nel campo dell’auto elettrica e delle batterie ricaricabili sostenibili per la transizione energetica, delle energie rinnovabili e idrogeno verde. Nel settore edilizio, investire nella riqualificazione energetica o retrofit del patrimonio immobiliare, con sistemi di prefabbricazione e Off-Site Construction, isolando l’involucro edilizio per ridurne le dispersioni termiche, insieme a impianti di climatizzazione ad alta efficienza, pompe di calore, pannelli radianti per riscaldare e raffrescare, infissi e serramenti dalle elevate prestazioni abbinati a schermature solari ed energie rinnovabili per ridurre i consumi energetici e le emissioni. E i bonus edilizi saranno fondamentali. Nel settore agricolo e della zootecnia, razionalizzare l’uso dell’acqua, puntare su prodotti biologici e fertilizzanti naturali al posto dei diserbanti tossici e gestire la sovrapproduzione evitando gli sprechi alimentari (secondo la FAO, ogni anno circa un terzo di tutti gli alimenti prodotti nel mondo va perso o sprecato; ogni cittadino europeo ne spreca 132 kg a testa). Sprechi che, se ridotti, permetterebbero di abbattere il consumo delle risorse e delle emissioni necessarie per la loro produzione. Nell’industria, abbandonare definitivamente i combustibili fossili a favore delle rinnovabili, investire in processi industriali sostenibili e ad alta efficienza, rivalutando scarti e rifiuti dove possibile attraverso un reinserimento nel processo produttivo o, altrimenti, con smaltimenti e depurazioni che ne eliminino l’inquinante residuo. Ma il vero cambiamento deve avvenire nella società, in quella cultura del consumo, dell’ossessiva ricerca del nuovo e dello spreco, che preferisce l’usa e getta al riuso e riparazione e, il rifiuto al riciclo, il rischio è che siano misure poco efficaci nella loro globalità. Ognuno può fare la sua parte per non sprecare, non inquinare, per risparmiare e tutelare l’ambiente. Un uso consapevole delle risorse del pianeta, in primis l’acqua (preferendo ove possibile, l’acqua potabile del rubinetto a quella in bottiglia che rilascia plastica e microplastiche nell’ambiente), riducendo gli sprechi, migliorando la raccolta differenziata, il riuso dei prodotti e il riciclo delle materie prime dei rifiuti elettronici (RAEE), rispetto allo smaltimento in discariche o incenerimento dei rifiuti e scegliendo le alternative ecologiche ai PFAS, resistendo alla tentazione dell’abbigliamento a basso costo o fast fashion, un futuro sostenibile è ancora possibile. Occorre un cambiamento culturale diffuso e radicale, che venga sposato dai principali influencer e mass media: usato è bello, nuovo è superfluo. Almeno, talvolta. Per approfondire: Blunden et al., State of the Climate in 2023, BAMS, agosto 2024 CMC, La crisi climatica e come comunicarla, 2023 CNR, Cambiamento climatico 2021: Sintesi per tutti Dorigo et al., Closing the Water Cycle from Observations across Scales, 2021 EEA, Imagining a sustainable Europe in 2050, 2025 EEA, Trends and projections in Europe 2024 EEA, European Climate Risk Assessment, 2024 FAO, The Impact of Disasters on Agriculture and Food Security, 2023 Farinotti et al., Accelerated global glacier mass loss in the early twenty-first century, 2021 Fawzy et al., Strategies for mitigation of climate change: a review, 2020 IEA, Net Zero by 2050, 2021 IEA, Net Zero Roadmap. A Global Pathway to Keep the 1.5 °C Goal in Reach, 2023 INGV, Aumento del livello del mare. Cosa è importante sapere per affrontare i prossimi cambiamenti, 2022 IPCC, AR6 Synthesis Report: Climate Change 2023 IPCC, Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change IPCC, Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability IPCC, Climate Change and Land, 2019 IPCC, Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, 2019 IPCC, Global Warming of 1.5 °C, 2018 JRC, GHG emissions of all world Countries, 2024 Latini G et al., Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico, 2020. Legambiente, Rapporto Città Clima, 2024 Legambiente, Carovana dei Ghiacciai, 2024 Legambiente, Biodiversità a rischio, 2024 OECD, A place-based approach to climate action and resilience, 2025 OECD, Strengthening adaptation-mitigation linkages for a low-carbon, climate-resilient future, 2021 Pasini A., La sfida climatica. Dalla scienza alla politica: ragioni per il cambiamento, 2025 Testa et al., Assessing Climate Change Mitigation & Adaptation Efforts in the Italian Industry, 2017 Trewin et al., Headline Indicators for Global Climate Monitoring, 2021 UNEP, Nature for Climate Action, 2021 WMO, State of the Global Climate 2024, marzo 2025 WMO, European State of the Climate 2024, aprile 2025 WRI, Climate Watch NDC Tracker, 2025 Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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